Mosul non diventi una seconda Aleppo!

La perdita della cittadina di Dabiq, nei pressi di Aleppo, conquistata dai militari turchi appoggiati dal braccio armato del Pentagono dell’ESL (Esercito Siriano Libero) è gravissima per l’ISIS, e non per una qualche importanza strategica del luogo, ma per la sua rilevanza simbolica, ben espressa dal teorico della precedenza della fitna sul Jihad e vero fondatore dell’ISIS, dal takfiro Abu Musab al-Zarkawi — caduto in combattimento contro gli occupanti americani dell’Iraq nel giugno 2006 : «La scintilla è partita qui, in Iraq, e il suo calore aumenterà, a Dio piacendo, fino a quando brucerà le armate crociate a Dabiq».

E’ di ieri l’annuncio che le autorità irachene hanno iniziato l’offensiva per espugnare la metropoli di Mosul, conquistata dall’ISIS nel giugno 2014. E’ l’ora della resa dei conti.

E’ infatti a Mosul non a Dabiq che si svolgerà la battaglia che deciderà le sorti dello Stato Islamico, la vera Stalingrado dei takfiri.

Gli attaccanti saranno costretti a raderla al suolo con ogni mezzo come fatto con Aleppo da russi e siriani fedeli al regime di Assad? Tenteranno di non farlo, ma potranno esservi costretti, provocando una crisi umanitaria ancora più grande di quella della martoriata Aleppo. E’ certo, infatti, che sarà una lotta in cui i prigionieri saranno pochi, i cadaveri moltissimi, da ambo le parti.

Anzitutto periranno gli inermi civili che vivono nella metropoli irachena, che non l’hanno abbandonata, e che moriranno come mosche sotto il fuoco incrociato delle artiglierie iracheno-shiite, curde, iraniane, turche, nonché sotto le devastanti bombe delle aviazioni americana, francese e inglese (coadiuvate dagli italiani).

Nessuno può escludere che i russi si uniranno alla “Santa alleanza” come stanno già facendo da mesi in Siria. E chissà se, in caso di resistenza accanita, tutti questi signori della guerra imperialisti non decideranno di intruppare anche i qaedisti di al-Nusra, oggi sdoganati come Jabhat Fateh al-Sham. In Siria l’hanno già fatto.

Cosa sarà della Mosul “Liberata”? «It’s unclear what a free Mosul will look like», segnalano ponziopilatescamente gli americani. Se la resistenza sarà tenace, come attendibili fonti del Pentagono assicurano, Mosul potrebbe essere ridotta in cenere. Il tutto nel silenzio complice delle grandi potenze e di questa potenza mancata che è l’Unione europea. Nemmeno i pacifisti e le sinistre avranno il coraggio di scendere in strada per chiedere pace, come del resto oggi non fiatano alla notizia dell’offensiva su Mosul.

Il 16 agosto scorso, nell’articolo intitolato «La fine dello Stato Islamico?» prevedevamo che l’ascesa dello Stato Islamico sarebbe finita in una sanguinosa disfatta:

«Che la “Santa alleanza” non canti dunque vittoria ove riesca (e ci riuscirà visto il fideismo cieco e i clamorosi errori politici dello Stato Islamico) a sterminare i seguaci del Califfo al-Baghdadi. Egli è succeduto ad al-Zarkawi, come questo ha raccolto il testimone di Bin Laden, come questo a sua volta seguì le orme di al-Qutb.

Essi tutti hanno a loro volta ripreso l’eredità di quelle correnti salafite intransigenti e guerriere come i kharijiti o gli azraqiti dei primi secoli dell’islam, che a più riprese si ribellarono armi in pugno in nome del “vero e puro Islam”, e per questo vennero annientati dai diversi califfi. Non tutti i musulmani sono salafiti o takfiri, la maggioranza di essi sono anzi quietisti, ma tutti i salafiti ed i takfiri sono musulmani. In essi, piaccia o non piaccia alle scuole maggioritarie, siano esse sunnite o shiite, arde la fiaccola della fierezza islamica, la sete di vendetta dopo secoli di umiliazione.

Questa fiaccola non verrà spenta, malgrado lo Stato Islamico sarà smembrato e fatto a pezzi. Per esso non solo il martirio in combattimento, dunque il sacrificio di sé, è la via della salvezza eterna. Ma non c’è solo questo militarismo fatalista. Lo Stato Islamico ha innestato nella sua narrazione, un elemento che pareva estraneo alla visione islamica, quello millenaristico ed escatologico proprio di certe sette ebraico-cristiane. Non a caso il nome dato dallo Stato Islamico al proprio organo di propaganda, è Dabiq, luogo non a caso situato nel Nord est della Siria dove un’improbabile profezia islamica vuole avverrà lo scontro apocalittico e finale tra i musulmani ed i Rum, i cristiani. L’equivalente dell’Armageddon dei cristiano-sionisti.

Escludiamo che la battaglia finale di Dabiq avvenga. Quello che invece non escludiamo, quello di cui siamo anzi certi, è che il salafismo combattente, ancorché nuovamente sconfitto, come l’araba fenice, risorgerà dalla sue ceneri. Sempre risorgerà, fino a quando l’imperialismo dominerà il mondo, fino a quando miliardi di umani saranno soggiogati e umiliati, fino a quando vivrà l’anelito, sia esso sacro o profano, alla giustizia sociale. Fino a quando l’Occidente non farà orrore a se stesso».

Post Scriptum

La campagna di satanizzazione e hitlerizzazione dello Stato Islamico è altrettanto brutale quanto la “furia del dileguare” che questo rappresenta e che lo condanna alla disfatta. Un esempio di questa campagna mediatica mondiale di satanizzazione è stata la notizia, diffusasi in un baleno, che a Mosul una Corte islamica dell’ISIS aveva emesso una fatwa con cui si ordinava di sterminare tutti i gatti della città [QUI, QUIQUIQUI ad esempio]. Si è poi rivelata una ridicola bufala, come tante altre, che non hanno guadagnato la ribalta perché non colpivano come questa l’immaginario collettivo.

In questo clima di intossicazione, è difficile lo stesso attenersi alla ragione. Noi ci proviamo, malgrado tutto.