Questa non è un’altra tegola sulla testa di Virginia Raggi, qui sta venendo giù il tetto, e il sindaco rischia di lasciarci le penne, causando un danno enorme al Movimento 5 Stelle tutto.

Raffaele Marra, capo del personale del comune di Roma e braccio destro della Raggi, è stato arrestato per corruzione (per fatti risalenti ad anni addietro). L’arresto viene dopo l’avviso di garanzia per la Muraro, un’altra dirigente che, al pari di Marra, è stata difesa dal sindaco.

C’è un “complotto” giudiziario per azzoppare i Cinque Stelle?
Forse sì, o forse per niente.

Quando parliamo di personaggi come Marra e la Muraro (e Frongia?), parliamo di persone che hanno svolto incarichi apicali nelle giunte precedenti, tra cui quella di Alemanno, una vera e propria fabbrica del malaffare.

Vale la presunzione d’innocenza, ma vale anche la logica: è molto difficile pensare che questi dirigenti non abbiamo avuto le mani in pasta.

Come si dice, la Giustizia farà il suo corso, staremo a vedere.
Sul piano politico c’è poco da vedere: la Raggi, già consigliere comunale dei Cinque Stelle, diventata sindaco, ha voluto questi ceffi accanto a sé. Non solo, li ha strenuamente difesi, li ha anzi promossi con stipendi stellari a ruoli più importanti, e li ha protetti anche contro chi, nello stesso Movimento 5 Stelle (Beppe Grillo in testa) chiedeva alla Raggi di sbarazzarsene.

Non vogliamo nemmeno pensare che la Raggi sia collusa nel malaffare.
E allora come si spiega tutto questo casino?

Insipienza? Dabbenaggine? Improvvisazione? Tutte queste cose messe assieme?
Certo, non si tratta di reati penali, sul piano politico errori pacchiani, clamorosi. Che la Raggi ne sia consapevole o meno, sembra il Cavallo di Troia perfetto dei nemici del M5S.
Nell’estate scorsa la Raggi, avvalendosi del grande potere che il sistema consegna ai sindaci (vedete dove porta il meccanismo presidenzialistico!?) rispose con indisponente arroganza alle pressioni di Grillo e di chi gli suggeriva si fare il necessario repulisti nella cabina di regia del comune.

I fatti dimostrano che ebbe torto, in poche parole che ella non possiede né la stoffa né la capacità di fare il sindaco di una città tremenda come quella di Roma.

Resterà abbarbicata alla sua funzione? Speriamo di no.
Il Movimento 5 Stelle, prima ne prenderà apertamente le distanze, meglio sarà. Ne va della prospettiva di liberare presto il Paese dalla presa dei poteri oligarchici e dei loro lacchè.
Vi sono poi questioni delicatissime che chiamano in causa tutto il Movimento: il meccanismo con cui scelgono i loro candidati, le modalità con cui formano dirigenti politici, la sciocca pretesa di considerarsi autosufficienti.

Morale della favola: se non sei in grado di governare Roma come puoi sperare di governare l’Italia?

Ps
Gli amici cinque stelle obietteranno che l’onestà della Raggi non è in discussione, che quindi va difesa comunque. E siamo ad un punto decisivo, al vero e proprio dilemma pentastellato: Roma dimostra che l’onestà è una condizione necessaria ma del tutto insufficiente per prendere le redini del Paese. Non basta essere onesti, occorre avere idee chiare, soluzioni radicali a problemi radicali, acume nella scelta della squadra di governo, liberarsi dal narcisismo autoreferenziale.