Alcune ipotesi prima della sentenza della Corte Costituzionale sull’Italicum
Il 24 gennaio è alle porte. Quel giorno si terrà l’attesa udienza della Consulta per esaminare 14 profili di incostituzionalità dell’Italicum. Non è detto però che la sentenza arrivi subito. La Corte potrebbe infatti prendere un altro po’ di tempo prima della decisione. Siamo comunque ormai prossimi ad uno snodo che potrebbe risultare decisivo per arrivare alla nuova legge elettorale.
In ballo i quattro pilastri della legge renziana: il premio di maggioranza, il ballottaggio, i capilista bloccati e la pluralità delle candidature. Lasciamo qui perdere questi ultimi due aspetti, che pure stanno tanto a cuore sia a Renzi che a Berlusconi per avere praticamente in pugno la nomina dei rispettivi parlamentari. Concentriamo invece sul cuore della questione, che è poi il grado di maggioritario – o,se preferite, di disproporzionalità – che la Consulta vorrà ammettere.
Questione assolutamente decisiva, perché sono questi i meccanismi che disegneranno il sistema politico prossimo venturo. Che poi si arrivi ad un sistema “stabile”, come vorrebbero le oligarchie, è cosa in ogni caso assai dubbia, perché questo obiettivo è reso comunque più arduo dalla crisi, dall’attuale fragilità delle forze politiche, dalla difficoltà ad immaginare un quadro di solide alleanze.
Resta tuttavia il disegno di lorsignori, basato sul desiderio di scenari stabili, atti a non disturbare i loro insindacabili affari. Torniamo dunque alla legge elettorale. Qui le decisioni cruciali della Consulta saranno due: ammissibilità o bocciatura del ballottaggio, ammissibilità o bocciatura del premio di maggioranza.
Le possibilità teoriche sono dunque quattro: 1. la bocciatura di entrambi questi due meccanismi maggioritari, 2. la loro approvazione (magari con una sentenza che respinga in blocco i ricorsi presentati, in quanto la legge non è stata ancora applicata), 3. la bocciatura del ballottaggio ma non del premio di maggioranza, 4. la cancellazione del premio ma non del ballottaggio.
Tralasciamo qui le eventuali motivazioni di ognuna di queste possibili decisioni e concentriamoci invece sulle conseguenze di queste quattro ipotesi:
Ipotesi 1 – La Corte cancella premio e ballottaggio
In questo caso – per noi certamente il migliore – resterebbe una legge proporzionale con sbarramento al 3%. Si tratterebbe di un potente stop ai nuovi tentativi di arrivare a qualche altra forma di maggioritario, onde favorire il blocco sistemico. Con questo non dico che sarebbe chiusa la porta a qualche nuovo trucco (lo vedremo più avanti), ma certo l’impresa diventerebbe assai più difficile. Con una sentenza di questo tipo resterebbe semmai da “omogeneizzare” le soglie di sbarramento di Camera e Senato, visto che per quest’ultimo sono ancora in vigore due soglie differenziate per gli apparentati (3%) e per i non apparentati (8%).
Ipotesi 2 – L’Italicum rimane così com’è
E’ difficile credere a questa possibilità dopo il terremoto politico del 60% di NO. Tuttavia alcuni giuristi (causa la motivazione cui abbiamo già accennato) non escludono affatto questa eventualità. A quel punto la palla passerebbe al parlamento, e sarebbe un assist formidabile a chi vuol portare a termine la legislatura a tutti i costi. Dato che avremmo una marchiana disomogeneità tra Camera e Senato – attuale chiodo fisso del Quirinale – forti sarebbero le spinte per arrivare ad una nuova legge. Quale non sappiamo, ma qualche ipotesi la faremo più avanti.
Ipotesi 3 – Resta il “premio” ma non il ballottaggio
Anche in questo caso avremmo la questione della disomogeneità tra Camera e Senato. Ma qui, come del resto nel caso precedente, si aprirebbe pure la questione di come eventualmente applicare il premio al Senato, visto che l’articolo 57 della Costituzione ne prevede l’elezione su base regionale. E’ un quadro che potrebbe portare di fatto ad una riedizione del Porcellum, con premi di maggioranza regione per regione. Operazione che potrebbe completarsi con il ripristino del sistema delle coalizioni. A cosa servirebbe, infatti, un meccanismo che prevede il premio al 40%, se nessuna lista è ragionevolmente in grado di arrivarci? Conclusione: lo sviluppo più logico dell’ipotesi 3 è quello di un neo-Porcellum. E pensare che tutto è iniziato proprio con la bocciatura della legge calderoliana da parte della Corte Costituzionale nel dicembre 2013. Vorrà la Corte smentire se stessa fino a questo punto? Chissà, nel frattempo la sua composizione è cambiata… e la scusa potrebbe essere che questa volta (a differenza del Porcellum) una soglia minima per conquistare il premio è prevista.
Ipotesi 4 – Via il premio e (a sorpresa) mantenimento del ballottaggio
Questa ipotesi si baserebbe da un lato sulla conferma del giudizio di incostituzionalità sul premio della Legge Calderoli, che dunque verrebbe cancellato; dall’altro sul concetto (tanto caro allo “zio dell’Italicum” Roberto D’Alimonte) del ballottaggio come elezione a se stante. Un modo per cercare di nascondere l’effetto disproporzionale del ballottaggio. Un trucco al quale però non pare abbiano creduto gli elettori del referendum costituzionale. Ma poi, come omogeneizzare in questo caso – ecco che il tema torna fuori di continuo – i sistemi delle due camere? Un doppio ballottaggio non esiste in alcuna parte del mondo, e questo dovrebbe essere sufficiente a chiudere ogni discorso. Ma addirittura un ballottaggio diversificato – su base nazionale alla Camera e su base regionale al Senato – sarebbe cosa da far ridere i polli. Eppure, nel cosiddetto “dibattito politico”, ancora si parla del ballottaggio come di un’opzione possibile.
Fin qui le ipotesi sul pronunciamento della Corte Costituzionale. Sul dopo restano in ogni caso parecchie incertezze. La sentenza dovrà – dovrà, non potrà – essere comunque auto-applicativa. Dunque i discorsi sulla necessità di un passaggio parlamentare non si reggono in piedi. Certo, un intervento per omogeneizzare le soglie di sbarramento al 3%, qualora ve ne fosse la volontà politica, potrebbe risolversi in un paio di giorni. Idem per la questione delle preferenze.
Di sicuro la Corte si troverà di fronte ad un dilemma squisitamente politico: emettere una sentenza che consegni un sistema sostanzialmente omogeneo (ipotesi 1) od uno invece assai disomogeneo (ipotesi 2-3-4)?
Il dilemma è tutto politico, perché nel primo caso la legge elettorale ne uscirebbe scritta nella sostanza, ed il ruolo del parlamento diverrebbe assai marginale; nel secondo, invece, la legge sarebbe sì applicabile, ma gli spazi per l’intervento parlamentare sarebbero assai ampi.
Non si pensi, però, che questo dilemma riguardi più di tanto il rispetto dei diversi ruoli del Parlamento e della Corte Costituzionale. Dietro vi è invece un interrogativo assai più pesante: è in grado questo parlamento di arrivare ad una nuova legge elettorale sufficientemente condivisa, che non sia cioè (come è stato per l’Italicum) semplicemente il frutto dell’arroganza di una maggioranza risicata, che nel Paese maggioranza non è?
Siccome chi scrive non pensa proprio che la sentenza avrà prevalentemente una natura giuridica, bensì politica (come del resto avvenuto nella recente decisione sul jobs act), la questione avrà di sicuro un peso non indifferente.
E qui veniamo alle difficoltà in cui si dibattono i palazzi del potere politico nel tentativo di assicurare a tutti i costi una maggioranza alle forze sistemiche. Operazione che significa – vista la manifesta improponibilità dello schema renziano di un partito solo al comando – il tornare a ragionare su un’alleanza tra tutte queste forze, mettendo dunque in piedi una coalizione Pd-Forza-Italia-centristi.
Difficilmente una coalizione di questo tipo potrebbe costituirsi formalmente prima del voto. Troppe le controindicazioni, dato che sia il Pd che Forza Italia finirebbero per perdere una quota del loro elettorato tradizionale. Ma se così stanno le cose risultano inutilizzabili sia il Mattarellum, sia un qualsivoglia neo-Porcellum come quello di cui abbiamo parlato a proposito della “ipotesi 3”. Che fare dunque? L’ex Cavaliere lo dice apertamente: se l’obiettivo è quello della “larga” (“grande” non direi proprio) coalizione, non resta che il sistema proporzionale… Ovviamente con qualche correzione.
Lorsignori hanno infatti un altro problema. Siccome sono da tempo finiti i fasti del bipolarismo, siccome il Berluska ha sì e no la metà dei voti di un tempo, siccome anche i consensi del Pd si vanno assottigliando, mentre quelli delle frattaglie centriste all’uopo riunite arrivano forse al 3%, si fa presto a dire “larga coalizione”, salvo poi accorgersi che tanto larga nell’elettorato non è!
Ecco allora i “correttivi” immaginati dai probabili contraenti (Renzi, Berlusconi ed Alfano) del prossimo accordo. Di Berlusconi si sa. Se proporzionale dev’essere si adotti il sistema tedesco, che per questi furfanti ha il discreto vantaggio di prevedere uno sbarramento al 5%. Questa soglia è un problema per gli appetiti del dentuto Alfano? Si potrà forse rimediare con un nuovo contenitore della cosiddetta destra “moderata”, cioè quella pronta a far blocco con il Pd contro il “populismo”. Un contenitore che raccoglierebbe il grosso di Forza Italia, una parte di dissidenti della Lega ed appunto i preoccupati centristi.
Ma anche questo escamotage non darebbe la sicurezza della maggioranza. Ecco allora un’altra carta da giocare: il modello greco. Questo modello – che tanto piace ai cosiddetti “giovani turchi” del Pd – entrerà di sicuro in gioco qualunque sia la decisione della Consulta. E’ questo un sistema che prevede un premio di “governabilità”, che non è necessariamente un premio di maggioranza. Questo significa che chi se lo aggiudica, arrivando primo, ottiene un tot di seggi in più, che può farlo arrivare al 50%+1 dei seggi come no.
Proprio per questa sua caratteristica, questo sistema è stato pensato dai suoi proponenti come l’ennesima furbata in grado di aggirare anche un’eventuale bocciatura del premio di maggioranza da parte della Consulta. Tuttavia, nell’idea di questi galantuomini dall’imbroglio pronto, il premio dovrebbe avere comunque una consistenza tale (almeno il 10% dei seggi) da assicurare la maggioranza per governare all’allegra combriccola che si va organizzando.
Oltre alla solita questione del Senato, c’è però un problema: come essere sicuri che quel premio non venga conquistato invece da M5S? E’ chiaro che, per quanti imbrogli possano fare, una certezza assoluta non potranno mai averla. La soluzione, per loro, potrebbe essere quella di consentire l’attribuzione del premio ad una coalizione anziché ad una singola lista, ma abbiamo già visto quali sono gli inconvenienti di un matrimonio tra Arcore e Pontassieve prima del voto.
Dunque, niente è facile per i lestofanti che conducono le danze. E quanto più grande sarà il prossimo imbroglio, tanto più forte sarà lo sdegno che provocherà. Son finiti i tempi in cui le leggi elettorali si potevano aggiustare senza pagarne il conto in termini di consenso. L’operazione non sarà facile anche perché il voto del 4 dicembre è ancora caldo e tutti hanno capito come le oligarchie vogliano invece andare avanti come nulla fosse successo.
Non gli sarà facile, ma possiamo essere certi che ci proveranno. E volendo avanzare una previsione, teniamo soprattutto sott’occhio la variante greca. Forse è proprio lì che andranno a parare per mettere a segno il prossimo imbroglio.
Su questo tema – denunciare per tempo, per stopparlo, il nuovo tentativo di raggiro della volontà popolare – ci sarebbe stato bisogno di una vera mobilitazione prima della sentenza della Consulta. Invece, mentre il Comitato nazionale per il NO ha deciso di nicchiare, della grande manifestazione annunciata dai Cinque Stelle (andati in palla per le vicende romane ed europee) non sì è saputo più nulla.
Domani e dopodomani si terranno a Roma due importanti incontri: dei comitati per il NO sabato, per l’attuazione della Costituzione domenica. Speriamo che non sia troppo tardi per organizzare una risposta all’altezza della posta in palio.