Uno schifo di sentenza!

Quanto è costituzionale la Corte Costituzionale? Ecco una bella domanda alla quale dovrebbero applicarsi tutti. La sentenza di ieri ci offre materiale sufficiente per la risposta. E siccome detestiamo il politicamente corretto che recita che “le sentenze non si commentano”, lo diciamo subito con chiarezza: il verdetto di ieri sull’Italicum fa semplicemente schifo! E le sentenze si commentano eccome!

Fa schifo perché mantiene un premio di maggioranza simile a quello del Porcellum, bocciato dalla stessa Consulta 3 anni fa. Fa schifo perché conserva l’aberrazione dei capilista bloccati, dopo che in quella sentenza ci si era espressi per il ripristino delle preferenze. Fa schifo perché, pur di far felici Renzi e Berlusconi, preserva pure le candidature multiple.

Fa schifo, ancor di più, per aver agito con motivazioni squisitamente politiche, nel senso di partitiche, e più precisamente di “sistemiche”. Motivazioni che nulla hanno da spartire con il diritto, del quale la Corte dovrebbe essere in teoria il custode.  

Entriamo brevemente nel dettaglio.

Il premio di maggioranza al 40% non è qualitativamente diverso dal meccanismo premiale del Porcellum. Come ho già scritto la scorsa settimana, la scusa per essersi rimangiati la famosa sentenza 1/2014 sarà certamente l’esistenza di una soglia (il 40%), che nel Porcellum non c’era. Ma il premio di un 14% in più di seggi (pari a 88 deputati) come si concilia con i principi di rappresentanza ed uguaglianza del voto richiamati dalla Consulta 3 anni fa? Lasciamo perdere… Anzi non lasciamo perdere affatto, perché legittimare costituzionalmente un premio del genere è un vero e proprio stupro costituzionale. Magari nelle prossime elezioni nessuno raggiungerà il 40%, ma premio e sentenza di legittimità resteranno.

Sui capilista bloccati c’è poco da dire. Si tratta di un’autentica presa in giro. Da un lato, alla Camera, si avrà il teorico diritto al voto di preferenza, nella pratica più di 400 deputati su 630 (questo ci dicono le simulazioni) saranno eletti senza bisogno di preferenze, in quanto nominati direttamente dalle segreterie di partito. Almeno avessero il coraggio di abolirle di nuovo, le preferenze! Invece no, si manterrà in piedi questa scandalosa finzione. Anche qui nessuna coerenza con il pronunciamento di tre anni fa. Più forte è stato il desiderio di favorire un futuro governo di “larghe intese”. Di nuovo, alla faccia del diritto!

Sulle candidature multiple siamo addirittura alla farsa. Ci vuol molto a capire che il “combinato disposto” di questo meccanismo con la regola dei capolista bloccati è il massimo di esproprio del diritto dei cittadini a scegliersi i propri rappresentanti? Evidentemente no. Ma anziché fare la cosa più lineare – l’eliminazione della norma in quanto incostituzionale – si è arrivati alla decisione del sorteggio per la scelta del collegio di elezione. Su questo ogni ulteriore commento sarebbe davvero superfluo.

A questo punto dovrebbe essere chiaro anche ai bambini – vedremo se, e fino a che punto, lo sarà anche a certi costituzionalisti di nostra conoscenza – il totale disprezzo della Consulta per i principi costituzionali che pure dovrebbe tutelare.

E’ evidente che siamo di fronte ad una sentenza politica, nel peggior senso del termine. Il che non ci sorprende, come abbiamo già avuto modo di scrivere a proposito di quella sull’articolo 18, ma ugualmente ci indigna.

E’ una sentenza dettata dalle esigenze sistemiche delle oligarchie. Vediamo il perché.

In primo luogo perché, con il premio di maggioranza alla Camera, si tenta di rilanciare il bipolarismo. Di questi tempi la cosa appare un po’ folle, dato che il bipolarismo è morto in Spagna ed in Francia e gode pessima salute pure in Germania e Gran Bretagna. Di altri paesi, dove pure albergava fino a qualche anno fa, come la Grecia, non merita neppure parlare. Riusciranno a risuscitarlo in Italia? Poco probabile, ma ci provano. Evidentemente è questo il loro piano A.

Si dirà che le cose non tornano, perché al Senato il premio non c’è. Vero, ed abbiamo spiegato tante volte come lì questo potrebbe essere riproposto solo come premio regione per regione. Ma siccome un simile meccanismo potrebbe portare i vari premi regionali ad annullarsi tra loro, ecco che si preferisce agire sulle soglie. Visto che al Senato sono altissime (8% per le singole liste e 3% per i coalizzati solo se la coalizione raggiunge il 20%), e peraltro sempre su base regionale ed in assenza di un recupero dei resti a livello nazionale, è questa la via per ottenere un forte effetto maggioritario. Anche in questo caso non è detto che il trucco funzioni, ma non per questo rinunciano a provarci.

In secondo luogo, proprio perché il piano A non ha grandi possibilità di successo, è già pronto il piano B, quello che punta alle “larghe intese”. In questo caso parliamo di A e B non in ordine di probabilità, bensì in ordine di preferenza da parte dei principali centri di potere del sistema. La soluzione A  rimane quella preferita dalle oligarchie, ma lorsignori sono pur sempre realisti e sanno che l’ipotesi di dover ricorrere al piano B è quella più probabile. Che si inventa allora la Corte Costituzionale? Si inventa l’obbrobrio, di cui abbiamo già parlato, del mantenimento dei capolista bloccati e (nella sostanza) delle stesse pluricandidature. Che sia stato questo il prezzo da pagare per aver la certezza del sostegno di Berlusconi alle larghe intese con il Pd renziano, più i vari cespuglietti centristi o sinistrati raccolti da quest’ultimo? A pensar male si fa peccato ma ci si prende, diceva un intenditore…

Ora, tutti sappiamo che il parlamento potrebbe pur sempre procedere alla scrittura di una nuova legge elettorale. Questo è il sogno di tanti peones interessati più che altro al vitalizio. Una pancia profonda delle camere che, assieme a Mattarella ed a settori significativi dell’establishment vorrebbero intanto tirare a campare fino al 2018. Un po’ perché confidano nella loro buona sorte, un po’ perché non sanno bene a quale santo votarsi. Ma un po’ anche per provare a disarcionare definitivamente Renzi, per presentare un volto in qualche modo più potabile.

Sarà forse proprio per l’assenza di questo volto – peraltro la crisi sistemica se li divora uno dietro l’altro – che questa ipotesi del rinvio (alla quale chi scrive non ha mai creduto) sta perdendo quota. Da notare il fatto che la Consulta abbia voluto sottolineare esplicitamente l’applicatività della legge residuata dalla sentenza di ieri. Sottolineatura davvero superflua, dato che non avrebbe potuto essere diversamente. Dunque un segnale, che si fa peraltro beffe dei tanti discorsi sull’omogeneità delle leggi di Camera e Senato.

Abbiamo scritto più volte che questa omogeneità non è mai esistita. Né può esistere in generale, vista la norma costituzionale sul carattere regionale dell’elezione del Senato. Tuttavia, questo dell’omogeneità è stato il refrain delle scorse settimane.  E senza dubbio i giudici della Consulta avrebbero potuto in effetti andare in quella direzione eliminando sia il premio di maggioranza che i capolista bloccati. Hanno invece fatto l’esatto contrario: un motivo ci sarà…

Adesso, con la stessa sicumera tipica degli ignoranti e dei servi, la stampa scrive che le leggi sarebbero nella sostanza omogenee.

Omogenee? Alla Camera c’è il premio di maggioranza, al Senato no. Ma qui ci sono le coalizioni, alla Camera no. Al Senato ci sono le liste bloccate, alla Camera “solo” i capilista lo sono. Non solo. Come abbiamo già visto enorme è la differenza per le soglie di accesso. Come omogeneità niente male!  

Il fatto è che, a dispetto di tanti commentatori tanto ben informati quanto poco avveduti, sta prevalendo il partito del “fare presto”. E di questo bisogna domandarsi il perché.

Per farlo bisogna capire due cose: la prima è che Renzi non è ancora in esilio a Pontassieve, ed egli ha ben presente che le sue carte o le gioca ora o mai più; la seconda è che il blocco sistemico sa che il rinvio potrebbe solo giocargli contro.

La prima cosa è chiara, Renzi ha un solo modulo di gioco e non può stare un anno in panchina. La seconda va spiegata meglio.

Il fatto è che lorsignori hanno a mente almeno tre fattori che spingono ad accelerare il voto. Un fattore politico, un fattore economico, un fattore economico-politico.

Il primo fattore è rappresentato dalla crisi dell’intero sistema politico, ma in modo particolare da quella parte schierata apertamente con le oligarchie. La rivolta contro le èlite è in corso e nulla – almeno per il momento – sembra in grado di arrestarla. Neppure le rocambolesche idiozie di una Raggi, tanto per intendersi. Che vantaggio avrebbe il blocco dominante da un rinvio? Per quel che si può dire oggi, nessun guadagno e tutto da perdere. E questo è un calcolo che sanno fare.

Ma c’è di più, ed è che (secondo fattore) la crisi bancaria potrebbe precipitare con tutte le conseguenze del caso. Ma se questa è solo una possibilità, c’è invece la certezza (terzo fattore) che per la Legge di bilancio 2018 l’Unione Europea chiederà un bagno di sangue.

Vi immaginate le elezioni politiche nel febbraio 2018 con un simile scenario? Se le immaginano anche loro, ed agiscono di conseguenza.

Questi sono i calcoli che stanno dietro non solo alla sentenza della Consulta, ma anche al modo assai strano (si pensi ai discorsi sulla finta omogeneità) con il quale è stata presentata.

Con questo non dico che i giochi per le elezioni a giugno siano già fatti con matematica certezza. Ma la strada è stata tracciata con evidente determinazione. Ora ci sarà una fase tattica che servirà anche a precisare i vari posizionamenti. Già oggi Renzi dice “o questa legge o il Mattarellum”, ben sapendo che quest’ultimo ha (e fortunatamente) possibilità di riesumazione vicine allo zero. Intanto si lavora al “listone” renziano (Pd più centristi e il maggiordomo Pisapia). Difficile dire quanto gli aggiungano e quanto gli tolgano simili alleati, ma resta anche qui l’evidente imbroglio di un sistema che non ammette coalizioni, ma che può essere ovviamente aggirato con “listoni” di vario tipo.

Al di là di tutto questo rimane in ogni caso lo schifo della sentenza di ieri. Una vergogna che resterà nella storia di una Corte che di costituzionale sembra avere ormai ben poco.