Smettere di sorvolare sull’assedio e chiamarlo col suo nome: genocidio

«Il discorso palestinese è assediato come le persone a Gaza»

Abituati come me all’aggressività dei media tradizionali nel coprire la sofferenza della Palestina, di tanto in tanto ci si deve fermare e avere una reazione a scoppio ritardato.

Uno di questi momenti c’è stato in seguito alla lettura di un articolo di Haaretz dello scorso fine-settimana dal titolo “Senz’acqua, senza elettricità, e i bambini muoiono inutilmente”.

Quando è necessario che i bambini muoiano? Questo mi chiedo, e  non ho potuto fare a meno di essere inorridita su come le persone possono essere sacrificabili prima che qualcuno elabori un titolo altezzoso sulla necessità, o meno, che i suoi bambini muoiano.

Ma l’articolo stesso, un’intervista di Ayelet Shani con Salah Haj Yahya, un medico palestinese che guida mensilmente una delegazione per i diritti umani, la Physicians for Human Rights, da Israele alla Striscia di Gaza, è stato problematico in altri modi.

Il giornalista ha continuato a chiedere di Hamas, sostenendo che il partito politico fosse da incolpare per la povertà di Gaza, piuttosto che nominare Israele e l’Egitto come poteri responsabili del rafforzamento dell’assedio che, a causa delle loro scelte politiche, penalizza prevalentemente le popolazioni rifugiate.

Quello che manca, in quello che è stato presentato come giornalismo “interessato” è un esame dei valori.

Non possiamo incolpare Hamas

Shani in particolare fa sembrare del tutto normale l’assedio illegale di Israele, che non è presentato come la causa principale della situazione critica nella Striscia di Gaza. Si focalizza invece sulle infrastrutture fatiscenti, la mancanza di attrezzature, mentre punta sempre il dito contro Hamas.

Haj Yahya reindirizza la sua attenzione alla responsabilità di Israele, ma insiste nel criticare la violenza inflitta da Hamas alla popolazione di Gaza.

Ad esempio, in risposta a Yahya che dice che non si coordina con Hamas, Shani chiede: “Non hai contatti con Hamas, nemmeno qualcuno informale? Non hai bisogno del consenso di Hamas? Non supervisiona il tuo lavoro?”

Hai Yahya: “Non c’è alcun contatto. Noi coordiniamo il nostro lavoro con la parte israeliana, non lavoriamo con Hamas o con i suoi rappresentanti. Lavoriamo solo con i direttori degli ospedali e il ministero della Sanità palestinese, con il ministro della Salute a Ramallah  e il suo vice a Gaza. Loro sono gli unici ai quali ci avviciniamo”.

Possiamo ricordarci solo che è Israele che invece controlla i confini, o dovrei dire, che mantiene l’assedio?

Eppure, l’attenzione su Hamas suggerisce che è Hamas ad avere il peso maggiore. O peggio, che possa negare alla delegazione dei medici palestinesi l’autorizzazione a curare i pazienti a Gaza.

Inoltre, Haj Yahya afferma: “L’acqua non è potabile, è inadatta a qualsiasi uso. Non c’è quasi elettricità. Gaza è sull’orlo del disastro umanitario. Non c’è quasi nessun aiuto internazionale e gli stati arabi non riescono a fornire alcun tipo di assistenza”.

Gli stati arabi? Perché dovrebbe essere responsabilità degli stati arabi assicurarsi che Gaza abbia elettricità e acqua pulita?

Perché Shani (se fosse una giornalista responsabile) non poteva mettere in chiaro che è Israele che controlla le infrastrutture di Gaza? Che la sua elettricità e le attrezzature necessarie per il trattamento dell’acqua non sono degli stati arabi?

Forse ancora più grave è la parte in cui Haj Yahya porta in primo piano una questione importante che lui ed altri hanno già documentato, ovvero che i pazienti che hanno bisogno di trattamenti salvavita sono minacciati dalla collaborazione con l’intelligence per ottenere il permesso di entrare in Israele, per i trattamenti che non sono disponibili nella Striscia:
Hai Yahya: C’è anche la questione del ricatto.
Shani: Cosa significa?

Haj Yahya: Il loro permesso di viaggio è concesso solo a condizione che collaborino – informazioni in cambio di permesso d’accesso.

Shani: Stai dicendo che lo Shin Bet ricatta questi pazienti? Puoi dimostrarlo?
Haj Yahya: Abbiamo documentazioni filmate di pazienti che sono minacciati o ricattati in cambio di un permesso. Abbiamo scritto un report su questo. Gli interrogatori spesso si trasformano in situazioni spiacevoli e umilianti. Spesso si ricorre alla violenza.

E Shani continua, incolpando Hamas di esortare i palestinesi a non collaborare con l’intelligence israeliana, mentre Haj Yahya continua a spiegare che non è Hamas che sta negando ai suoi pazienti il permesso di uscita.

Il discorso palestinese è assediato come le persone a Gaza.

Il crimine dei crimini

Ma voglio tornare al titolo di questo articolo, ai bambini che muoiono “inutilmente”.  All’inizio del 2010, Nadia Hijab, un’analista politica palestinese e autrice che ora è a capo di Al-Shabaka, la rete politica palestinese, chiese: “Quando diventa genocidio?”

“Israele non avrebbe ucciso direttamente decine di migliaia di palestinesi”, scrive, “ma avrebbe creato le condizioni per le decine di migliaia di morti. Qualsiasi epidemia potrebbe finire il lavoro”.

Quattro anni più tardi, in un articolo pubblicato in seguito all’assalto di Israele del 2014 a Gaza, Richard Falk domandò: “Israele è colpevole di genocidio?”

Falk, un professore emerito di diritto internazionale ed ex relatore speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani palestinesi, è estremamente cauto con la terminologia, specie su ciò che è considerato il “crimine dei crimini”, e scrive con cautela su un contesto “genocida”.

“C’era un’atmosfera di genocidio in Israele, in cui gli ufficiali di alto livello hanno fatto affermazioni che supportano la distruzione o l’eliminazione degli abitanti di Gaza come popolo. Inoltre, il prolungato bombardamento di Gaza, in circostanze in cui la popolazione non aveva opportunità di lasciare o cercare rifugio all’interno della Striscia di Gaza, ha fornito ulteriore credibilità all’attacco”.

“Il fatto che questa ‘Operation Protective Edge’, la terza su ampia scala, ha sostenuto l’attacco militare su questa popolazione  bloccata illegalmente, impoverita e a rischio, ha formato parte del contesto genocida più ampio”.

Le circostanze che hanno costituito un “contesto genocida” nel 2014 non sono migliorate, ed ora è una conoscenza comune che se l’assedio non è liberato, Gaza non sarà più vivibile entro il 2020. Finalmente, la scorsa settimana, Mondoweiss ha postato coraggiosamente un’opinione intitolata “Mainstreaming Genocide”.

Segnalando una pena leggera data ad un soldato israeliano che ha sparato ad un giovane palestinese che giaceva ferito sulla strada, lo scrittore e dottore in psicologia e scienze del comportamento Yoav Litvin ha scritto: “I politici israeliani hanno dichiarato una stagione di caccia aperta ai palestinesi. Il precedente stabilito da questo caso consoliderà ulteriormente la disumanizzazione completa dei palestinesi e spianerà la strada per un’ulteriore pulizia etnica e genocidio nei territori palestinesi occupati”.

La posta in gioco è alta. In Cisgiordania è stato condannato un assassino a sangue freddo, mentre nella Striscia di Gaza, la situazione è, letteralmente, una questione di vita e di morte per due milioni di persone.

Questa crisi non è una catastrofe naturale, ma creata politicamente, mentre Israele ed Egitto impongono un “contesto genocida” che sta per entrare nel suo decimo anno.

I razzisti di tutto il mondo sono incoraggiati, portando con orgoglio le bandiere che proclamano “Uccideteli tutti”.

Anche noi dobbiamo essere coraggiosi. Di recente abbiamo visto che la parola tabù “apartheid” circola ampiamente, e il cambiamento nel discorso ha invece mutato la prospettiva di molti milioni di persone sulla questione palestinese.

Possiamo citare anche le morti “inutili” di bambini per ciò che essi costituiscono, vale a dire, intento genocida senza restrizioni, autorizzato dallo stato?
E no, non importa quanto i sionisti tentino di manipolare le nostre storie, noi non dobbiamo, non possiamo far incolpare Hamas per questo.

* Nada Elia è una scrittrice e commentatrice politica della diaspora palestinese. Il suo articolo è stato pubblicato nel website Middle East Eye.

da InfoPal
Traduzione di Ilaria Ziccardi