«La moneta unica è irrevocabile. La questione dell’uscita non è contemplata dal Trattato»

Il 24 gennaio scorso davamo conto della notizia lanciata da Reuter, ovvero di questa affermazione di Mario Draghi: «Se un paese dovesse lasciare l’Eurosistema, i crediti o le passività della sua banca centrale nazionale verso la BCE dovrebbero essere risolti in toto». Notizia rilevantissima poiché, pur minacciando rappresaglia e sfracelli, [1] Draghi, per la prima volta, si lasciò scappare il concetto che dall’eurozona, com’è ovvio, si possa uscire.

“Altolà! Ho detto una cazzata!”.
Questo il senso della rettifica compiuta da Draghi il 5 febbraio davanti al comitato Affari economici e monetari del Parlamento europeo. Ecco le parole testuali: “La mia risposta era una risposta a una domanda tecnica basata su assunzioni non previste dal trattato. L’euro è irrevocabile”. Rimosso il lapsus Draghi ha quindi ribadito ciò che affermò il 7 maggio 2015: «L’Euro è irreversibile. L’uscita non è prevista dai trattati».

Mi pare evidente che Draghi, con una fava, abbia inteso prendere due piccioni, abbia cioè risposto sia al consigliere per il commercio di Donald Trump —“L’euro è un marco travestito con cui sfrutta Usa e Ue” —, sia all’ellittico discorso della Merkel  al vertice di Malta del 3 febbraio, nel quale, apertis verbis, la cancelliera ha aperto all’ipotesi dell’Unione a due velocità — Draghi: “è un concetto ancora da sviluppare, una visione appena abbozzata su cui non sono in grado di esprimere alcun commento, almeno al momento”.

Vale invece soffermarsi sul concetto secondo cui l’euro sarebbe “irrevocabile”, un aggettivo categorico che fa il paio con quello di “irreversibile” usato nel 2015.

Vi sono qui due piani del discorso, il primo, di carattere giuridico, il secondo, di carattere filosofico.

Fumus boni iuris

Per quanto afferisce al piano giuridico il concetto di “irrevocabilità” della moneta unica è non solo arbitrario ma del tutto infondato. L’euro è infatti entrato in vigore con un Trattato internazionale, quello di Maastricht del 7 febbraio 1992. Cos’è un Trattato? In generale esso consiste “nell’incontro delle volontà di due o più Stati sovrani diretti a disciplinare rapporti intercorrenti tra essi”. In particolare quello di Maastricht contemplava profonde cessioni di sovranità degli stati aderenti ad organismi sovranazionali, nel caso dell’euro, tra l’altro, consegnando ad una banca centrale indipendente la potestà dell’emissione monetaria.

Alla domanda: può uno Stato sottrarsi agli obblighi previsti da un trattato precedentemente sottoscritto? Certo che sì. Uno Stato può recedere da qualsivoglia trattato multilaterale dichiarandone unilateralmente la nullità. Lo diciamo noi? No, lo dice la Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del maggio 1969, sottoscritta da tutti i paesi del mondo — dall’Italia ratificata il 25 luglio 1974 ed entrata in vigore il 27 gennaio 1980. [2]

Non occorre dunque ricorrere a Carl Schmitt ed al suo postulato sullo “Stato d’eccezione” per destituire di ogni fondamento razionale il principio della cosiddetta “irreversibilità” di un trattato e per affermare il principio giuridico, universalmente riconosciuto (e valido erga omnes almeno fino a quando esisteranno stati nazionali) che uno Stato sovrano può recedere da un trattato internazionale.

Draghi afferma quindi che “La questione dell’uscita non è contemplata dal Trattato”. Un giurista risponderebbe che si tratta del più classico caso di fumus boni iuris, di un principio che di buon diritto ha solo la parvenza. Vale la pena ricordare al Draghi  lo stesso Art. 50 del Trattato di Lisbona che,  per quanto farraginoso, contempla il “recesso”dall’Unione europea — vedi la Brexit.

Teologia dell’euro

Il secondo piano del discorso è squisitamente filosofico, anzi teologico.

A chi, infatti l’uomo ha consegnato la facoltà di decisioni irrevocabili e irreversibili? Risposta: a Dio, e solo a Lui in quanto solo Essere onnipotente e onnisciente, quindi davvero sovrano. Per le religioni monoteiste solo Dio infatti, nella sua onniscienza, non può sbagliare alcuna mossa, che se la sbagliasse non sarebbe onnisciente.

In questo consegnare a Dio il potere dell’infallibilità, c’è l’idea opposta, che le decisioni umane siano fallibili, in quanto tali revocabili e reversibili ove si dimostrassero sbagliate.

E’ di tutta evidenza il carattere teologico del discorso del banchiere Mario Draghi, il Dio essendo il denaro-euro, la sua banca centrale essendo la nuova Chiesa, e lui medesimo Papa, in quanto tale detenendo la qualità dell’infallibilità — conferitagli in questo caso, non dall’essere successore di Pietro, ma dalla casta ierocratica dei banchieri che l’ha elevato a quella sua funzione.

E dato che abbiamo sollevato l’analogia, come non notare che il Papa Draghi, mentre fa il cattolico, sembra adottare la teologia luterana del Dio orologiaio per cui, messo in moto il meccanismo, questo è destinato a procedere in modo automatico ed invariante. Di qui l’irreversibilità di un meccanismo che per sua natura non può mai girare all’indietro.

Come si sa cattolici e protestanti, fatte salve le differenze, accettano il medesimo credo Niceno e si riconoscono negli stessi dogmi religiosi, tra cui quello fondamentale dell’incarnazione del Figlio di Dio, di qui il suo culto in quanto mediatore tra il padre e gli uomini.

Ecco, nel mondo capitalistico, tanto più in quello iper-finanziarizzato dell’oggi, non Gesù di Nazareth viene considerato il mediatore col divino, il signore del mondo, bensì, appunto, il denaro, la cui qualità metafisica trascende quella di mera moneta.

Marx aveva intuito quale profonda trasformazione avesse subito il denaro nella società capitalistica:
«Il denaro, in quanto possiede la proprietà di comprar tutto, di appropriarsi di tutti gli oggetti, è dunque l’ oggetto in senso eminente. L’universalità della sua proprietà costituisce l’onnipotenza del suo essere, esso è considerato, quindi come ente onnipotente…Il denaro, questa astrazione vuota ed estraniata della proprietà, è stato fatto signore del mondo». [3]

Ecco quindi la funzione teurgica di banchieri come Draghi. Essi, essendo i creatori del denaro dal nulla, non solo presiedono in quanto sacerdoti alla liturgia della transustanziazione, attestando quindi la presenza del divino nel magico pezzo di carta; essi soltanto hanno la capacità di interpretare i simboli misterici del Dio denaro, rendendoli propizi e benefici.

Fossimo credenti dovremmo dire che in verità qui siamo in presenza di Satana, o meglio dell’anticristo il quale, sotto le spoglie del divino, è invece, per antonomasia, il nemico più crudele dell’umanità. Fatto sta che i popoli europei, a cominciare — forse non a caso — da quello greco, ne stanno facendo le spese. Il Dio-euro si sta rivelando il Molok, e Francoforte la sua Geenna. [4]

NOTE

[1] Il numero uno dell’Eurotower rispondendo agli europarlamentari M5S Marco Valli e Marco Zanni, aveva spiegato che, in caso di uscita della Penisola dall’euro, la Banca d’Italia, in base al sistema Target 2, dovrebbe rimborsare crediti e passività nei confronti dell’eurosistema per un totale di circa 357 miliardi.

[2] In particolare la Parte IV, sezione 1: “Nullità, estinzione e sospensione dell’applicazione dei trattati. Disposizioni generali”.  La Sezione 2 “Nullità dei trattati”. La Sezione 3 “Estinzione dei trattati e sospensione della loro applicazione”

[3]  K. Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844

[4] Molok era ritenuto dai cananei un dio, la sua sede del culto era Geenna. Gli venivano tributati sacrifici umani di bambini, che, dopo essere stati sgozzati, erano bruciati in olocausto in un fuoco tenuto costantemente acceso in suo onore. Col tempo Molok divenne il nome del rituale durante il quale venivano bruciati bambini (forse i figli primogeniti), probabilmente con la convinzione di trasformarli in una specie di divinità protettrice della famiglia cui appartenevano.