Elezioni in Olanda: propaganda e realtà

I media europei(sti) cantano vittoria per un successo che non c’è

Questa volta i media europei(sti) hanno fatto tutti da soli. Prima si sono inventati di sana pianta la possibilità di una vittoria del Partito per la Libertà (PVV) di Wilders, a cui era stato assegnato il ruolo del “populista” da sconfiggere. Poi, dato il modesto avanzamento di quest’ultimo, hanno dato fiato alle trombe del “pericolo scampato”, visto che “l’Europa è forte” e in grado di fermare la “marea populista”. In realtà le cose stanno molto, ma molto diversamente. Vediamo.

In Olanda la “marea” di cui sopra proprio non aveva possibilità di successo. Questo è stato chiaro durante tutta la campagna elettorale. Si sapeva che il PVV non sarebbe arrivato primo, ma anche quando qualche sondaggio ha avanzato questa ipotesi la sua percentuale non è mai stata superiore al 20%. E siccome tutte le altre forze hanno sempre escluso un’alleanza con Wilders, dove mai era la possibilità di un governo anti-UE? Alla fine il PVV si è fermato al 13,1%, guadagnando il 3,0% e 5 seggi in più.

Se Wilders non ha vinto, di certo le forze di governo (VVD e PvdA) hanno straperso. Qui i numeri sono impietosi. I liberalconservatori (VVD) del premier Mark Rutte sono sì arrivati primi, ma passando dal 26,6% al 21,3% (8 seggi in meno). I socialdemocratici del PvdA sono addirittura tracollati dal 24,8% al 5,7% (-19,1%), perdendo quattro elettori su cinque e ben 27 seggi. Nel complesso la coalizione governativa è passata dal 51,4% al 27%, perdendo circa la metà degli elettori. Per essere un successo, niente male.

Adesso nascerà un nuovo governo di coalizione, che di sicuro imbarcherà i democristiani (CDA) ed i liberaldemocratici di D66, due formazioni che hanno recuperato una parte dei voti persi dai partiti di governo. Qualcuno ipotizza addirittura un ingresso nell’esecutivo dei Verdi di Sinistra (GL), la formazione che ha registrato la maggior crescita di consensi, passando dal 2,3% all’8,9%. Un’ipotesi tutta da verificare, per una forza sì pro-UE ma con un programma sociale ben poco compatibile con quello degli altri.   

Su un punto Wilders può effettivamente cantare vittoria. Nell’aver imposto la sua agenda politica, mettendo al centro della campagna elettorale i temi dell’immigrazione, dell’Islam, della sicurezza. Ed è proprio andando su questo terreno che il “vincente” Rutte ha recuperato consensi. Il caso del divieto d’atterraggio arrogantemente opposto al ministro degli esteri turco è stata la manifestazione più palese di questa rincorsa a destra. Al tempo stesso il modestissimo 13% del PVV dimostra i limiti pressoché insuperabili di un populismo liberista e di destra come quello di Wilders.

In conclusione, anche l’Olanda ci parla di una grande instabilità politica, comune un po’ a tutti i paesi dell’Unione. Allo scopo di approfondire la conoscenza della situazione olandese, pubblichiamo di seguito un articolo di Marc Botenga del Partito del Lavoro del Belgio (PTB). Articolo senza dubbio utile, ma che ci sembra contenga un grave errore che non possiamo non segnalare.

Parlando delle difficoltà della sinistra, l’autore fa intendere che queste potrebbero essere superate con la costruzione di un’alternativa netta ai socialdemocratici. Discorso giusto, ma davvero sufficiente? E’ vero che ogni paese ha le sue peculiarità, e la situazione economica e sociale dell’Olanda non è quella dell’Italia o della Grecia, ma sarà ben difficile ricostruire dal basso il movimento di sinistra auspicato da Botenga senza fare i conti con la questione europea, lasciata oggi in mano ad un personaggio disgustoso come Geert Wilders.

la Redazione

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Le elezioni in Olanda
di Marc Botenga

“Rutte vince, Wilders è bloccato”. È così che cominciano praticamente tutti i commenti riguardo le elezioni legislative in Olanda. Il vero messaggio dell’elettore è invece diverso: i partiti di governo sono sanzionati per le loro politiche liberali di austerità e il tradimento dei socialdemocratici del PvdA si traduce in una caduta spettacolare.

Avevano promesso una politica sociale agli olandesi. Invece hanno applicato una politica di austerità molto a destra. Pagano oggi il prezzo di questo tradimento. I liberali del VVD festeggiano perché hanno perso meno. Invece dovrebbero vergognarsi. Mark Rutte, Primo Ministro e capo dei liberali, ripeteva le proposte del nazionalista islamofobo Geert Wilders (PVV). I problemi sociali erano assenti dai dibattiti.

I socialdemocratici collassano

La coalizione di governo VVD-PvdA perde dei seggi. Sono soprattutto i socialdemocratici che cadono di più. Durante la campagna elettorale del 2012 avevano promesso una politica sociale agli olandesi. Ma si sono affrettati ad entrare in una coalizione con i liberali di Rutte, che si preparava a prendere misure di austerità contro le cure della sanità e le pensioni.

Oggi, i socialdemocratici non raccolgono nemmeno il 6% dei voti: una caduta storica. Perdono così quattro elettori su cinque. Il Ministro delle Finanze Jeroen Dijsselbloem perderà quindi il suo posto ministeriale. Fino a nuovo ordine, presiede sempre l’Eurogruppo (che riunisce i paesi della zona Euro) ed è tristemente celebre per il suo atteggiamento molto muscolare sulla questione greca.

Dopo le elezioni, il VDD non ha avuto altro che elogi per il “senso di responsabilità” dei socialdemocratici. Il fallimento di questi ha indebolito tutto il campo progressista. Gli elettori che sono andati a votare sono stati nettamente meno numerosi a sinistra del centro. A beneficio della destra.

I liberali sulle tracce di Wilders

Allo stesso modo il primo partito del governo, i liberali del VVD, perde 8 seggi. Meno di quello che temeva Mark Rutte e di quello che prevedevano i sondaggi. L’operazione “salvataggio” di Rutte comportava due parti.

Primo, Rutte riprendeva le proposte divisive e di odio di Geert Wilders. Tutti dovevano “agire normalmente”. La gente doveva canalizzare il proprio scontento verso quelli che “non agivano normalmente”, cioè verso le minoranze, i musulmani, i rifugiati, la Turchia… non bisognava soprattutto parlare dei problemi sociali, né della speculazione immobiliare o delle assicurazioni sanitarie private. Il governo Rutte ha fatto dei Paesi Bassi un paradiso fiscale, dove delle imprese del mondo intero si procurano un indirizzo “buchetta delle lettere” al fine di sfuggire  alle imposte altrove. Le multinazionali hanno così le mani libere e gli azionisti possono arricchirsi fino alla nausea. Wilders è completamente favorevole a tutto ciò. Ha votato a più riprese contro le proposte del SP (Partito Socialista, sinistra) che miravano ad agire contro la franchigia dell’assicurazione malattia, il montante da pagare da parte del paziente prima che intervenga l’assicurazione. Quanto alla protezione dei  locatari contro l’aumento degli affitti, Wilders e il VVD hanno detto “no” in coro.

La ricerca di un’alternativa sociale

Il secondo aspetto del discorso di Rutte era la vecchia cantilena che dice che la crescita economica sarebbe andata a beneficio di tutti i cittadini. Ma, dopo anni di politica neoliberale, questi osservano l’inverso. Sono sempre più numerosi gli olandesi che rimandano le cure sanitarie a causa dell’aumento delle tariffe (il loro numero è più che raddoppiato dal 2010). L’età della pensione avanza. Il mercato degli alloggi è in crisi, con affitti molto cari. Gli studenti devono contrarre dei prestiti per i loro studi e sono pesantemente indebitati quando cominciano in seguito la propria carriera. Sul mercato del lavoro, si trovano oggi circa un milione di lavoratori “indipendenti senza dipendenti” (le nostre partite Iva NdT): dei lavori per i quali esisteva un contratto di lavoro ma che sono ormai occupati da dei finti lavoratori indipendenti molto mal pagati e che non beneficiano neanche più di una protezione sociale degna di questo nome.

Tutto questo deve cambiare, pensa l’elettore. Più o meno tutti i partiti di opposizione avanzano. Alcuni, che stanno nella tranquillità del centro, come il CDA (i democristiani), i D66 (liberali di sinistra) e GroenLinks (la sinistra verde), che sale con un’immagine molto giovane e dinamica. Altri si differenziano attorno a un tema o a un gruppo di popolazione particolare (Per gli Animali, 50 e più, DENK). Il SP (Partito Socialista) è il partito che conta oggi più voti a sinistra. Quale che sia il governo che uscirà dalle elezioni, la pressione dal basso sarà essenziale per arrivare a un vero cambiamento.

Esistono chiaramente delle grandi opportunità per un tale movimento di sinistra, che sostituisca al tradimento dei socialdemocratici un’alternativa sociale unificatrice.

da Marx21
Fonte: “Solidaire”, rivista del Partito del Lavoro del Belgio (PTB)
Traduzione di Lorenzo Battisti