«Vieni, ti farò vedere il giudizio che spetta alla grande prostituta che siede su molte acque. I re della terra hanno fornicato con lei e gli abitanti della terra si sono ubriacati con il vino della sua prostituzione». (…) Poi mi disse: «Le acque che hai viste e sulle quali siede la prostituta, sono popoli, moltitudini, nazioni e lingue».
Giovanni; Apocalisse

Una bestia ferita, com’è noto, può essere ancor più pericolosa e aggressiva. I profondi traumi che essa ha subito con la Brexit, l’elezione di Trump ed il referendum italiano spiegano la ferina reazione della setta degli euro-liberisti. Davanti alla decomposizione dell’Unione europea essi tentano di ridare slancio al disegno unionista, anche a costo — “Europa a due velocità” — di fare un radicale repulisti, cacciando quei paesi che non vogliono privarsi degli ultimi brandelli di sovranità nazionale. Riusciranno nell’impresa? E’ altamente improbabile.

Un’euro-unione statuale avente come architrave l’asse franco-tedesco, con attorno un ristretto novero di paesi sotto regime di protettorato (e date le condizioni l’Italia sarebbe tra questi) non sarebbe solo un “cambio di passo”; sarebbe un nuovo disegno strategico. Un salto nel buio che mentre conferma la fine della Ue così come l’abbiamo conosciuta, accentuerà infatti contraddizioni, contese, discordia, conflitti.

Voglio dirla tutta: l’eventuale mossa verso un’Unione eurista a ranghi ridotti, compatta dietro comando tedesco, porta dritti verso una nuova guerra europea su larga scala — questa è sempre stata la conseguenza, e sempre lo sarà, della imperialistica volontà di potenza germanica. Lorsignori lo sanno, per questo, quando parlano di accelerazione, si focalizzano anzitutto sulla politica di difesa, che altro non significa che una corsa al riarmo, accompagnata da una stretta interna autoritaria, invocata in nome delle minacce esterne.

Com’è ovvio la bestia deve camuffare la sua volontà di potenza, deve mascherarla, essa si deve anzi manifestare sotto le mentite spoglie delle più pie intenzioni. Ispirandosi al Grande Fratello di George Orwell — «La guerra è pace. La libertà è schiavitù. L’ignoranza è forza». La bestia “dalle sette teste e dalla dieci corna” sostiene infatti di volere la pace, la democrazia, il progresso, il bene dei popoli.

In vista delle celebrazioni del 60. anniversario dei Trattati di Roma essa ha scatenato una vera e propria offensiva ideologica.

In Italia suo massimo portavoce è stato il Presidente Mattarella, il quale come palcoscenico e per dare la massima solennità al suo predicozzo, ha scelto il Parlamento con le due camere riunite.

Bersaglio di Mattarella “… i sovranisti che provano nostalgia per i vecchi Stati nazione”. LA STAMPA ci informa che prima della standing ovation finale “Il discorso è stato spesso applaudito dalla sinistra dell’emiciclo, com’era logico aspettarsi, ma pure dalla trentina di grillini presenti e da Forza Italia” — va ad onore della pattuglia salviniana non aver partecipato alla commedia. Ma sentiamo qual è stato il cavallo di battaglia di Mattarella:

«Nessun Paese può garantire, da solo, la effettiva indipendenza delle proprie scelte. Nessun ritorno alle sovranità nazionali potrà assicurare ai cittadini europei pace, sicurezza e prosperità perché nessun Paese, da solo, potrà mai affacciarsi sulla scena internazionale con la pretesa di influire sugli eventi, considerate le proprie dimensioni e la scala dei problemi. (…) L’alternativa è l’irrilevanza di ciascuno e, invece un processo di unificazione basato non sull’egemonia del più potente ma su uno sviluppo pacifico per mezzo di istituzioni federali e democratica».

Della fuffa ideologica (prosperità, pace, sviluppo, democrazia, bla, bla, bla) si è detto. Che dire del postulato su cui Mattarella appoggia la storytelling eurista per cui uno Stato sovrano sarebbe condannato all’irrilevanza “considerata la scala dei problemi”? Si tratta di una solenne sciocchezza, e non ci torno su, rimandando a quel che ho avuto modo di scrivere recentemente su questo blog — UNA CRITICA AI PARTIGIANI DELL’EURO E DEL GIGANTISMO ECONOMICO.

Qui vale la pena insistere sul fatto che proprio la più alta carica dello Stato sia diventata, da alto presidio della Costituzione repubblicana, l’avamposto dei suoi scassinatori — chi dimentica che Mattarella è stato intronizzato grazie ai desiderata di chi lo ha preceduto? Abbiamo come Presidente uno che senza peli sulla lingua afferma che la sovranità nazionale va definitivamente ceduta, che ciò non solo è necessario ma indifferibile. Abbiamo per la terza volta (dopo Ciampi e Napolitano) un agente diretto e consapevole di un’élite eurista che ha come scopo smantellare la Repubblica a favore di un’Unione imperiale e imperialistica.

Già altri hanno invocato l’Art. 90 della Carta, quello per cui il Presidente dev’essere messo in stato d’accusa nei casi di  “alto tradimento o attentato alla Costituzione”. Lo facciamo anche noi, essendo quello di Mattarella un comportamento doloso, diretto a sovvertire le istituzioni repubblicane ed a violare la Costituzione, che dice parole inequivocabili su chi sia il soggetto a cui spetti la sovranità.

Sì, abbiamo un Quisling al Quirinale, espressione di una classe dominante italiota bastarda e antinazionale che, malgrado la sberla del 4 dicembre, continua a congiurare per convolare a nozze con la più potente (certo non bastarda) borghesia carolingia, ovvero franco-tedesca. Quest’élite stracciona va alle celebrazioni dei Trattati di Roma ostentando un vergognoso zelo verso i potenti d’Oltralpe. Sta col cappello in mano sperando in “un processo di unificazione basato non sull’egemonia del più potente ma su uno sviluppo pacifico per mezzo di istituzioni federali e democratica”. Uno zelo che ha del patetico, visto che questa élite anti-nazionale, dopo aver svenato il popolo per restare nell’eurozona, pensa di ottenere un posto a tavola spendendo le residue dosi del suo servilismo europeista. Sarà trattata come una classe mendicante — Dijsselbloem, ipse dixit.

Ps.
Questi abusivi, campioni dell’illegalità anticostituzionale, stanno minacciando sfracelli nel caso la manifestazione di Eurostop di domani non rispetti le ferree limitazioni del Ministro degli Interni. Verrebbe da rispedire al mittente, visto il pulpito, certe ingiunzioni. Verrebbe da rispondere che preferiremmo prendere d’assalto il luogo ove i vampiri europei, protetti da migliaia di poliziotti, stanno rintanati. Non accadrà, per la semplice ragione che non ne abbiamo la forza ovvero, la forza della manifestazione di domani, essendo la prima del genere, sarà nella sua proposta di uscita dalla Ue e dall’eurozona, quindi nella partecipazione massiccia — malgrado la campagna d’intimidazione. C’è ancora tempo per passare dalle armi della critica alla critica delle armi.