Chi ha orecchie per intendere, intenda

Intervenendo ieri l’altro mattina al “Business Summit B-7” (il vertice delle Confederazioni Industriali di Italia, Germania, Francia, Gran Bretagna, Giappone, Canada e Stati Uniti, in vista del G-7 di Taormina in maggio) presso la sede di Confindustria a Roma, il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha svolto un discorso programmatico che disvela, come meglio non si potrebbe, la visione sociale e politica dello strato superiore del grande capitalismo italiano, e di cui egli si fa paladino.

Un discorso quindi molto importante, dati questi tempi inquieti che precedono la tempesta. Un discorso strategico, a cui fa da velo lo stile pretesco tipico del Presidente del Consiglio. Chi se lo voglia ascoltare tutto, può andare al sito del governo. Noi ne abbiamo estrapolato i passi più significativi. Sentiamo:

«La risposta alle ansie del presente non sta certo nel ritorno al passato. Agli inizi dell’Ottocento i luddisti distruggevano le nuove macchine della rivoluzione industriale. Potremmo ritrovarci a fronteggiare dei nuovi luddisti, che chiedono di distruggere l’innovazione tecnologica con un tratto di penna, per decreto. Noi invece dobbiamo credere nelle possibilità che arrivano dall’innovazione, dobbiamo avere fiducia e soprattutto dobbiamo rafforzare il consenso all’interno delle nostre società su alcuni punti fermi fondamentali, anzitutto ribadire la centralità della libertà economica, senza libertà economica non c’è alcuna possibilità di crescita e di sviluppo. Scommettere ancora sul libero mercato, il più grande motore di prosperità della storia. Libero mercato e libertà di commercio. (…) I nostri accordi devono muovere non solo dalla voglia di aprire sempre di più le nostre economie ma anche dall’intenzione di mettere al centro i nostri valori, quelli sui quali si sono basati decenni di crescita e di benessere, i valori della società aperta, della democrazia e dei diritti umani… (…) Il libero scambio non è un gioco a somma zero, ma deve avere un effetto win-win, per i consumatori ed i lavoratori. (…)

Signore e Signori, andando verso il G7 di Taormina dobbiamo porci l’obbiettivo di rendere sempre più strutturati i momenti di governance globale, partendo proprio dai formati G7 e G20. (…) Negli ultimi tempi si sente parlare del rischio di una “era del G0”, un’era in cui le nazioni sono concentrate sul loro interesse esclusivo, senza cercare invece soluzioni comuni che possano portare beneficio a tutti. La verità è che invece gli sforzi comuni di governance convengono a tutti, e non solo sul lungo periodo, convengono a tutti ora. La verità è che l’alleanza tra Stati Uniti, Canada, Giappone, Francia, Regno Unito, Germania e Italia, tra le maggiori economie del mondo libero sarà decisiva davanti alle nuove sfide globali. Io sono certo che affronteremo questi impegni con la consapevolezza che fiducia e libertà economica sono due temi profondamente collegati. Senza un clima di fiducia e di coesione sociale all’interno delle nostre società il meccanismo del libero mercato nel mondo di oggi potrebbe incepparsi. Ma proprio dall’economia e dalla società aperte nasce quella fiducia di cui abbiamo bisogno ora. Grazie e buon lavoro».

Abbiamo usato il grassetto per segnalare quelli che a noi paiono i passaggi più significativi.

1) Gentiloni è quindi letteralmente incapsulato dentro la superstizione neoliberista per cui la crisi non è sistemica, non dipende da contraddizioni strutturali inerenti alla macchina economica capitalistica, bensì è causata…dall’assenza di fiducia dei mercati. Primum, dunque, ripristinare la fiducia, col che vuole dirci che funzione della “politica”, ovvero dei servi politici della grande plutocrazia finanziaria, è governare decisionisticamente per assecondare i desiderata di quest’ultima — governance.

(2) Questi servi di Satana, fino a che non riusciranno a sbarazzarsi della forma democratica, possono sperare di ottenere la fiducia dei mercati solo se saranno capaci a loro volta di ottenere la fiducia delle prede dei mercati stessi, ovvero di abbindolare le larghe masse. Questa è la loro missione peculiare, primaria. Per farlo debbono, come il lupo che si spaccia per agnello, vestire i panni della santità. Così le vittime della loro macelleria sociale sono dipinti come populisti, luddisti, feccia reazionaria che vuole far girare all’indietro il motore del (loro) “progresso”. Ecco dunque che Satana si presenta come redentore, come apostolo dei “valori sui quali si sono basati decenni di crescita e di benessere, i valori della società aperta, della democrazia e dei diritti umani“. E che a milioni siano in verità condannati ai lavori forzati, ed altri siano scarti sociali, è tabù. E comunque si tratta di un increscioso effetto collaterale, tuttavia necessario al buon funzionamento della macchina turbo-capitalista, strumentale alla “fiducia dei mercati”.

(3) L’appello neoliberista di Gentiloni è addirittura sfrontato. Viva “la centralità della libertà economica” poiché “senza libertà economica non c’è alcuna possibilità di crescita e di sviluppo. Scommettere ancora sul libero mercato, il più grande motore di prosperità della storia. Libero mercato e libertà di commercio”. Mai un Presidente del Consiglio italiano, nemmeno Monti, Letta o Berlusconi, aveva svolto un’apologia così audace e integralistica del neoliberismo e del liberoscambismo. Se ne ricorderanno un giorno, ne siamo certi, le sterminate vittime italiane del “libero mercato”, i disgraziati che tirano a campare per assicurare la prosperità ed i fasti di un’infima minoranza. Non ce lo scorderemo signor Gentiloni…

(4) Alla fine il Nostro ammette che la macchina della globalizzazione si è inceppata, che i popoli sono stufi di vivere in balia del “libero mercato” e chiedono sicurezza, che visti certi enormi deficit/surplus commerciali tira aria di nuovi protezionismi statali, che dopo la sbornia globalista e decenni di assolutismo oligarchico le nazioni tendono inesorabilmente a riguadagnare fette di sovranità. La Brexit, l’arrivo di Trump alla Casa Bianca…. Si tratta di terremoti che stanno seminando il panico tra i cocainomani della globalizzazione, che avranno effetti di lunga durata. Ecco dunque il nostro Gentiloni cimentarsi nell’esorcismo: “La verità è che l’alleanza tra Stati Uniti, Canada, Giappone, Francia, Regno Unito, Germania e Italia, tra le maggiori economie del mondo libero sarà decisiva davanti alle nuove sfide globali”. E’ l’invocazione spudorata quanto velleitaria, perché destinata a cadere nel vuoto, a ricostruire il vecchio e tradizionale sodalizio imperialista a dominare, more uxorio, il mondo.

Emblematico tuttavia questo piagnisteo, questo nostalgico amarcòrd,  per almeno due ragioni. A nome dei settori superiori della borghesia italiana — strati dominanti ma anti-nazionali quanti altri mai visto che hanno contribuito a depredare e spolpare il Paese —, Gentiloni esprime la illusoria speranza che questi gaulaiter italioti siano premiati, passata sperabilmente la bufera, per questo loro ruolo servile, al limite del pornografico, di rigattieri e curatori fallimentari dell’Italia.

Infine è degno di nota che il Nostro non abbia fatto cenno mai, nel suo discorso, all’Unione europea. Quando ha descritto l’alleanza imperiale ha elencato infatti i singoli paesi del vecchio G7 dei tempi andati della guerra fredda. Non è una banale amnesia, che di questi tempi non sono concesse — poi certi discorsi solenni sono sempre accuratamente preparati. E’ il segno che in camera caritatis danno per certa la dissoluzione dell’Unione europea (che l’affondo protezionistico di Trump accelera). Una “quisquilia” che dice molte cose, tanto più perché viene da un primo ministro che governa dalla parti di Roma, una capitale sempre molto sensibile alle sirene d’oltre Atlantico.