Quando dire la verità storica diventa una colpa: il clamoroso caso dell’ex sindaco di Londra sospeso dal Partito Laburista
(nella foto l’ex sindaco di Londra, Ken Livingstone)

Alla fine la decisione è stata presa. Il comitato disciplinare del Labour ha deciso di sospendere per due anni dal partito l’ex sindaco di Londra (2000-2008) Ken Livingstone, detto anche “Ken il Rosso“.

Dei due anni, uno è già stato “scontato”, dato che i fatti risalgono all’aprile 2016, quando a Livingstone venne tolta immediatamente la tessera con l’accusa di “aver gettato discredito sul partito”. Perché discredito? Per aver difeso una parlamentare laburista, Naz Shah, a sua volta accusata di antisemitismo per un vecchio post su Facebook intitolato «La soluzione per il conflitto israelo-palestinese: trasferire Israele negli Stati Uniti».

Dopo essere stata sospesa la Shah prese le distanze dalle sue affermazioni sul web, ma fu Livingstone ad assumerne le difese. Così riferiva il Post un anno fa: l’ex sindaco di Londra «ha difeso Shah, sostenendo che criticare Israele non è sinonimo di antisemitismo. Livingstone ha detto: “Quando Hitler vinse le elezioni nel 1932, la sua politica era che gli ebrei dovessero spostarsi in Israele. Era un sostenitore del sionismo prima che perdesse la testa e finisse per uccidere sei milioni di ebrei”».

Subito venne violentemente attaccato dentro e fuori il partito, ed un deputato laburista – John Mann – lo definì addirittura un “apologeta del nazismo”. Ma, a differenza della Shah, Livingstone non solo non fece marcia indietro, ma in un’altra intervista alla BBC ribadì che: «La politica di Hitler, quando andò al potere, era spostare gli ebrei della Germania in Israele».

La cosa non gli è stata perdonata dall’imperante pensiero unico filo-sionista e siamo così arrivati alla condanna di questi giorni. Ma questo ancora non basta ai suoi avversari, a partire da quelli interni al Labour, che ritengono la misura della sospensione troppo blanda e che avrebbero piuttosto voluto l’espulsione. Tra questi il vice-segretario Tom Watson, per il quale la sospensione è «una punizione inadeguata e una vergogna per tutti noi» (vedi la Repubblica del 6 aprile). Non solo, se è vero quel che riferisce il quotidiano, lo stesso Corbyn (fortemente pressato dentro e fuori il partito) sembrerebbe favorevole a misure più pesanti nei confronti di Livingstone.

Insomma, una canea bipartisan in piena regola, come ogni volta che ci si permette di criticare il sionismo e Israele.

Non so se ci si rende conto della gravità di questo episodio. Al di là dei diversi pareri storici, resta il fatto che Livingstone è stato condannato dal suo partito non per aver compiuto chissà quale nefandezza, ma solo per aver espresso una sua opinione sulla storia dei rapporti tra sionismo e nazismo. Un vero tabù.

Su un piano solo un po’ diverso, è come quando il sistema mediatico si scandalizza per il paragone tra i metodi utilizzati dalla Germania nazista e quelli adoperati oggi da Israele. Eppure – basti pensare all’enorme campo di concentramento di Gaza – il paragone dovrebbe nascere spontaneo nella testa di chiunque. Idem per la visione ideologica del sionismo, intrisa di idee che ricordano il nazismo, come quella di “purezza del sangue”, “popolo eletto”, eccetera.

Ma Livingstone non è neppure entrato in questo tipo di ragionamento, limitandosi a dire quel che tutti gli studiosi minimamente attendibili sanno, e cioè che il rapporto tra il sionismo (o quantomeno una sua parte molto rappresentativa) e il nazi-fascismo visse fasi assai contraddittorie.

E’ cosa nota, ad esempio, il rapporto in funzione anti-inglese che si sviluppò all’inizio della Seconda guerra mondiale tra alcuni gruppi combattenti sionisti, come la Banda Stern, ed il governo tedesco. E – volendo dare un’occhiata anche all’Italia – è noto come nel 1937 un gruppo di oltre 130 combattenti sionisti, al comando di Vladimir Jabotinsky, venne accolto a Nettuno per addestrarsi insieme alle camice nere.

Quel che è sicuro, più in generale, è che l’antisemitismo di Hitler, proprio perché rivolto essenzialmente contro gli ebrei assimilazionisti (quelli che volevano continuare a vivere in Germania, e che per questo erano malvisti dagli stessi sionisti), non contrastava certo l’emigrazione verso la Palestina. E’ falso dunque affermare che Hitler sia stato in quella fase un sostenitore del sionismo come ha fatto Livingstone? Assolutamente no. Falsa è l’attuale narrazione di un sistema politico e mediatico sionistizzato.

Un sistema che fa schifo anche per questo. La nostra piena solidarietà politica ed umana, dunque, a Ken Livingstone ed a tutti quelli che vengono ostracizzati solo per aver detto la verità sul mostro sionista.