Bertinotti, Fassina e Formenti a Foligno

Si è svolto giovedì 20 aprile a Foligno, come previsto, l’incontro «ROSSO DI SERA: un futuro di sinistra o una sinistra senza futuro?»

Dopo i saluti del vice-sindaco di Foligno Rita Barbetti, e il discorso di apertura dei lavori da parte di Claudia Castangia (P101), sono intervenuti: Fausto Bertinotti, Stefano Fassina e Carlo Formenti.
Ha moderato Giacomo Zuccarini (P101)

Qui la registrazione videofilmata dell’incontro.

Questo il testo dell’intervento di Claudia Castangia

SERVIREBBE UNA SINISTRA POPULISTA
di Claudia Castangia

Buonasera a tutti e grazie per essere venuti,
Stasera, insieme ai nostri ospiti, cercheremo di dare risposta alla domanda se c’è un futuro per la sinistra in Italia.

Bertinotti e Formenti nel libro-intervista “rosso di sera” ci dicono che la sinistra è morta, e citando Luciano Gallino, che il conflitto di classe non è più tra destra e sinistra, ma tra l’alto ed il basso della società.

I partiti che erano di sinistra hanno fatto propri i valori e gli interessi delle classi dominanti, della finanza e di istituzioni sovrannazionali non democratiche.

Noi di P101 condividiamo questa analisi ed infatti pensiamo che la sinistra è morta.

E’ morta quando ha rinunciato alla difesa degli interessi popolari, quando ha abbracciato le idee cosmopolitiche delle élite dominanti, quando ha accettato il mito dell’europeismo e del politicamente corretto, quando ha fatto suoi la concezione neoliberista ed il dogma della modernizzazione ad ogni costo. La sinistra è morta quando ha accettato di lanciare l’anatema contro il populismo, lasciando quindi campo libero alle destre.

Non si può aprioristicamente classificare il populismo secondo le vecchie categorie politiche; occorre prendere atto che esso incarna anche l’opposizione di chi sta in basso contro chi sta in alto.

Le diverse esperienze latino americane ed anche europee ci dimostrano che è possibile innestare sul corpo di un movimento di protesta sociale, una testa politica di sinistra, che tuttavia non esibisce con superbia questa sua identità.

Un altro esempio emblematico di grande attualità, visto che domenica si vota in Francia per le elezioni presidenziali, è la “Francia ribelle” di Melechon. Nei sondaggi è dato quasi al 20% ed alcuni opinionisti sostengono che potrebbe andare al ballottaggio con la Le Pen.

Com’è stato possibile?

Possiamo capirlo focalizzandoci su alcuni punti del suo programma economico, sociale e politico, a causa dei quali è considerato antisistemico ed antieuro.

Melenchon non si limita, come fanno tutte le sinistre cosiddette radicali, a farsi paladino degli interessi, dei bisogni e dei diritti del popolo lavoratore. Egli spiega in concreto come è possibile difenderli ed è netto nel dire che essi sono incompatibili con l’Unione Europea.

Vediamo in pratica le misure che prenderebbe Melenchon se fosse eletto presidente:
anzitutto porrebbe fine al sistema presidenzialistico, in favore di un sistema parlamentare effettivamente democratico.

Per quanto riguarda le misure economico sociali, egli chiede contestualmente alla modifica dei trattati europei, di: cessare i contributi della Francia al budget dell’Unione Europea; di nazionalizzare la banca centrale; di riprendere il controllo pubblico della politica del credito e delle banche; di ristabilire il controllo delle frontiere e quello sul movimento dei capitali e delle merci.

Qualora i tentativi di riforme interne si rivelassero vani, Melenchon propone di attuare il cosiddetto Plan B, cioè concordare insieme agli altri paesi europei lo smantellamento dell’eurozona; nel caso questo accordo non fosse possibile, non esita a dire che la Francia ha pieno diritto a riprendersi la sua sovranità, nazionale politica e monetaria.

Come si può ben vedere non lascia alla Le Pen la difesa della sovranità del popolo francese.

Ha scritto Pablo Iglesias, cito testualmente: “Già dal 2012 Melechon ruppe con i tabu della sinistra, parlando di patria, mostrando pubblicamente ammirazione per i processi di recupero di sovranità in America Latina ed assumendo una postura politicamente scorretta.”

“Francia ribelle” e Podemos in Spagna dimostrano che la sinistra avanza e contrasta i populismi di destra se adotta una posizione non solo democratica, ma patriottica.

Tornando al nostro paese.

E’ chiaro a tutti che esso vive una crisi drammatica e che questo dipende anche dal fatto che le classi dominanti hanno ceduto all’eurogermania pezzi decisivi di sovranità.

Se la sinistra agonizza, è perché è responsabile di aver fatto diventare il nostro paese un protettorato. Anche per questo serpeggia in seno al popolo italiano un senso di impotenza e rassegnazione. Il malcontento è generale ma per ora solo passivo.

Questo spiega anche il successo di un movimento come quello di Beppe Grillo che, con evidenti limiti, raccoglie la volontà di cambiamento di tanti italiani, che si augurano che un governo a 5 stelle cambi radicalmente lo stato di cose presenti.

Ma un vero cambiamento non si realizza soltanto mettendo al governo un partito piuttosto che un altro, richiede il risveglio e la partecipazione diretta del popolo, unico titolare, come afferma la nostra Costituzione, della sovranità politica.

Mi sia permesso di citare il qui presente onorevole Bertinotti: “Penso che questo sistema dall’interno sia irriformabile, se ne esce solo con una rivolta popolare”.

Servirebbe una sinistra populista

1.che sappia entrare in connessione sentimentale con il popolo,
2. che cessi di essere intellettualistica ed elitaria
3. che tagli il cordone ombelicale che la lega alla casta neoliberista
4. che rompa con dogmi e sogni che non hanno aderenza alla realtà.

Potremo cambiare davvero il nostro paese solo se avremo una sinistra che diventi il lievito di un blocco sociale e politico patriottico che faccia della Costituzione la sua base ideale e programmatica.

Buon lavoro a tutti.