Cari tutti compagni di Eurostop,
Nel momento in cui stiamo tentando di “fare il salto”, ovvero sostenere il passaggio da coordinamento a soggetto politico unificato, ritengo sia ineludibile sciogliere un nodo che è preliminare a tutto quanto il resto.

Lo faccio, data la posta in palio, senza troppi giri di parole.
Questo “nodo preliminare” si chiama SOVRANITÀ NAZIONALE.

Che questo concetto sia divisivo tra noi, è cosa nota.
Ogni volta che abbiamo sollecitato una riflessione sulla questione della SOVRANITÀ NAZIONALE, abbiamo infatti registrato forti resistenze.

Molti tra noi ritengono che impugnare da sinistra l’idea della difesa della SOVRANITÀ NAZIONALE (contro non solo la gabbia della Ue ma come via per lo sganciamento dalla grande globalizzazione imperialista) sia un cedimento al nazionalismo, da cui deriverebbe un inevitabile connubio strategico con le destre xenofobe e sicuritarie — alla Le Pen per intenderci.
Non è così.

Abbiamo spiegato, ogni volta che ci è stato possibile, che dovremmo fare nostra la tradizione del patriottismo democratico, costituzionale e quindi antifascista. Tradizione che viene da molto lontano e che fu il suggello identitario e unitario della Resistenza.

Un discorso simbolico che ci consentirebbe (nel contesto storico in cui siamo, segnato dalla tendenza mondialista a fare strame delle sovranità statuali — gli Stati restano ovviamente, ma solo come guardiani notturni e sbirreschi degli interessi delle multinazionali e della grande finanza predatoria) sia di opporci alla visione del mondo cosmopolitico-imperialistica*; che di contrastare l’avanzata nel campo proletario e popolare delle destre nazionaliste e sicuritarie.

Di più, ci consentirebbe di fare spazio al nostro soggetto politico entrando in quella “connessione emotiva e sentimentale con il popolo”, riuscendo a parlare alla pancia e al cuore di chi sta in basso, liberandoci dalla sindrome dell’intellettualismo e del programmismo che paralizza i marxisti. Per fare così del soggetto politico il perno di un ampio blocco sociale, antioligarchico e antiliberista. Di qui la nostra insistenza nel fare nostro ciò che ci serve della modalità populistica. Modalità che dato il tramonto delle élite dominanti e del “politicamente corretto” lib-lab è diventata oramai il modus operandi di ogni campo politico — di qui la tesi che è necessariamente nel “campo populista” che si gioca la partita dell’egemonia.

Dalla Francia, questo è il punto compagni, ci viene una conferma empirica, non temo di esagerare, strepitosa, di quanto stiamo dicendo.

Il fatto davvero enorme della contesa delle presidenziali è infatti la potente avanza della France Insoumise di J.L. Mélenchon.

Diverse sono le cause del suo sfondamento, ma la principale è proprio aver fatto suo il discorso patriottico, senza per questo fare alcuna concessione al nazionalismo revanchista, xenofobo e islamofobo — discorso patriottico che del resto ha dovuto, pur a chiacchiere, utilizzare lo stesso Macron.

Ci sono due immagini icastiche che danno l’idea del passaggio avvenuto con France Insoumise rispetto al Front de Gauche (presidenziali del 2012) e che spiegano il raddopio dei voti. Mi permetto di segnalarvele qui sotto. Parlano da sole.

Nella foto a sinistra il comizio di chiusura di Mèlenchon nelle presidenziali del 2012. In quella di destra la chiusura della campagna per le recenti presidenziali 2017. Il tricolore francese ha rimpiazzato la bandiera rossa, senza per questo abdicare né agli ideali del socialismo, né venir meno alla difesa degli interessi di classe del proletariato.

E’ quella la strada, la sola strada che ci resta, se davvero vogliamo dare vita ad un soggetto unificato che esca dal recinto dell’estrema sinistra e punti all’egemonia nel campo antioligarchico e antiliberista, alternativo dunque ai cinque stelle, per non parlare della Lega salviniana.

E’ questa la strada che come P101, assieme ai compagni di Risorgimento Socialista, Noi Mediterranei e Indipendenza e Costituzione, abbiamo intrapreso dando vita alla Confederazione per la Liberazione Nazionale, che potrebbe raggiungere Eurostop ove noi, come ci auguriamo, ci decideremo ad imboccare la strada indicata dalla sinistra popolare francese.

Possiamo discettare ancora mesi su piattaforme programmatiche e “carte dei valori”, perderemo solo tempo se non scioglieremo il nodo gordiano della SOVRANITÀ NAZIONALE.
Ce la farà Eurostop?
Ce lo auguriamo, prevale tuttavia in noi, un ragionevole pessimismo.

Moreno Pasquinelli
12 maggio 2017

Cosmpolitismo borghese che partendo da Kant e passando per Kelsen, su su, arriva fino a Habermas ed a Norberto Bobbio e Luigi Ferrajoli. Ciò per dire che il liberismo sfrenato, la destra economica, ha conquistato sin dagli anno ‘80 l’egemonia ideologica, solo grazie alla copertura strumentale di un certo pensiero di sinistra. Pensiero borghese, certamente, che ha tuttavia contaminato in maniera devastante lo sterile gauchisme europeo (il negrismo su tutti), il cui internazionalismo funge da foglia di fico del cosmpolitismo imperialista. Un cosmopolitismo, ce lo ricordava Gramsci nei Quaderni quando scriveva sugli intellettuali e il risorgimento, che in Italia veniva rafforzato dall’antinazionale universalismo cattolico. E quanto ciò sia vero lo si vede nel pietismo moralistico e anti-politico sulla vicenda dell’immigrazione e quanto a fondo esso abbia contaminato di sé la sinistra.