La stampa di regime italiana inneggia alla “enorme vittoria” delle liste di République en marche (Lrm), ovvero dello pseudo-partito di Macron. Questa esultanza è ingiustificata. Quella di Macron si rivelerà molto presto una vittoria di Pirro.
Scrive Le Monde di ieri:
«Con un tasso del 51,29% al primo turno, l’astensione ha stabilito, Domenica 11 giugno, un nuovo record nelle elezioni parlamentari nella storia della Quinta Repubblica. Nel 2012, l’astensione era “solo” al 42.78%. Domenica scorsa, solo 59 dipartimenti hanno registrato una partecipazione oltre il 50%».
Tanto per fare un esempio eclatante, nel popolare e popoloso dipartimento di Seine-Saint-Denis, l’enorme periferia Nord-Est di Parigi gli elettori sono stati il 39,3%.
E’ solo grazie allo schifo antidemocratico del sistema elettorale maggioritario vigente nella V. Repubblica — chi vince in un collegio conquista lo scranno —, che Macron, col 15% di consensi (un sesto degli aventi diritto!!) potrà aggiudicarsi — ammesso che vinca i ballottaggi —, una maggioranza schiacciante in Parlamento. Una situazione che se non fosse tragica è addirittura comica: il Front National, dati alla mano, potrà conquistare 5 o 6 seggi al massimo, nemmeno questa volta potendo costituire un suo gruppo parlamentare. Ci riuscirà forse France Insoumise.
Facile prevedere che ai ballottaggi di domenica 18 giugno i votanti precipiteranno molto più in basso. Risultato: la Francia avrà un’Assemblea Nazionale che rappresenterà una penosa minoranza del popolo francese.
A sentire le cassandre di regime che vorrebbero importare in Italia il sistema elettorale francese viene da mettere la mano alla pistola….
Astensione in crescita, anche in Italia…
Oltr’Alpe e da noi il distacco tra l’establishment politico e il popolo, anzitutto gli strati che più soffrono a causa delle politiche austeritarie neoliberiste, si approfondisce, inesorabilmente —istruttive la analisi dei flussi dell’Istituto Cattaneo. Le amministrative han mostrato che vittima di questo divorzio tra chi sta in basso e pena e le élite è anzitutto il Movimento 5 Stelle, poi il Pd renziano, e infine la sinistra sinistrata. M5s ha perso infatti enormi consensi, anzitutto verso l’astensione. Andrà fatta un’analisi dettagliata, ma la flessione elettorale di M5S è addirittura macroscopica.
Ad un anno dai folgoranti successi a Roma e Torino il Movimento non solo non è andato ai ballottaggi da nessuna parte, ha perso in proporzione più voti dei due blocchi sistemici di centro-sinistra e centro-destra. Non stiamo dicendo affatto che si torna ad un “equilibrio” bipolare, non ci torneremo affatto, altri occuperanno semmai l’area vasta dell’indignazione sociale, dell’Italia Ribelle, fin qui presidiata monopolisticamente dai Cinque Stelle.
Facciamo due conti, comparando i voti presi domenica da M5s rispetto a quelli che ottenne nelle elezioni del 2013. Sappiamo bene che questa comparazione è discutibile data la natura diversa della competizioni, ma guardare queste cifre fa impressione.
A Verona M5S è passato da 34mila voti a 10mila, a Genova da 112mila a 39mila, a Palermo da 105mila a 26mila, a Taranto da 28mila a 8mila voti, a Trapani da 13mila a 3mila, a Catanzaro da 12mila a 1500, a Piacenza da 11mila voti a 3500.
Una vera e propria Caporetto.
Le cause di questo tonfo sono molteplici ma se la maggior parte dei voti sono andati verso l’astensione un’idea noi ce l’abbiamo: dopo 5 anni dal loro exploit anche quello a cinque stelle è percepito come ceto politico arrogante, vieppiù incapace di rappresentare le istanze di cambiamento radicale che furono il loro carburante.
L’Italia Ribelle saprà trovare presto una strada per scendere in campo?