Dal XVI al XIX secolo la tratta degli schiavi africani passava per l’Atlantico. Oggi per il Mediterraneo.
Ad organizzarla erano anzitutto spagnoli e portoghesi. Oggi sono delle ONG occidentali globali. Ad aiutare gli schiavisti erano allora regni locali che rapivano i nativi per barattarli con i negrieri europei. Oggi non è molto diverso: gli intermediari sono potenti bande autoctone (aiutate dai corrotti e regimi locali) passate dal traffico di droga al più lucroso commercio di esseri umani.
In lingua swahili la tratta degli schiavi era maafa («disastro»). Oggi, per la neolingua imperiale tutto ciò si chiama «accoglienza».
E la chiesa? I ministri di Dio parlano sempre lo stesso idioma. Se allora benediva spudoratamente i Re cattolici negrieri e giustificava la schiavizzazione dei “pagani e dei nemici della vera fede” e dei “negri privi di anima” (vedi la famigerata bolla Dum Diversas del 16 giugno 1452 che Papa Niccolò V inviò al Re del Portogallo Alfonso V), oggi consacra lo stesso commercio in nome della cristiana caritas e dell’avvento della civitas maxima.
Ma se la giustizia divina assolve, quella umana, spesso, no.
Ha fatto scalpore il sequestro ordinato dalla Procura di Trapani della Iuventa (proprietà della ONG Jugend Rettet), ex peschereccio ristrutturato (coi soldi di Soros, altro che crowdfunding di caritatevoli studenti tedeschi, ma a questo ci arriviamo poi) in mezzo di trasporto — per la neo-lingua “salvataggio” — dei nuovi schiavi.
Accurate indagini durate quasi un anno hanno mostrato che il raggio d’azione della Iuventa insistesse sempre nello stretto tratto di costa libica fra Zabrata e Zuara, che sempre Iuventa interveniva senza che esistesse alcun pericolo per gli imbarcati, che quindi c’era connivenza e complicità tra gli amorevoli studenti tedeschi e gli scafisti.
Dov’è la novità? Già nel dicembre 2016 FRONTEX aveva ufficialmente denunciato Medici senza frontiere di intelligenza e collusione con gli scafisti libici. E poi venne anche la Procura di Catania — silenziata presto dal governo, che ora invece ha trovato necessario (elezioni alle porte) dare semaforo verde a quella di Trapani.
IN QUESTO VIDEO NOTARE LE ROTTE DEI “SALVATAGGI”
Gli inquirenti sospettano infine che oltre ai contatti illeciti coi mercanti libici (di qui il reato di favorire l’immigrazione clandestina) possa esserci un ritorno economico.
Noi siamo dell’opinione che quest’ultimo sospetto sia infondato.
Questi altruisti studenti tedeschi non hanno bisogno, per svolgere la loro missione, di staccare il pizzo ai negrieri, per la semplice ragione che essi sono sul libro paga del miliardario G. Soros.
Attraverso la Open Society Foundations, la European Council on Foreign Relations (ECFR), quindi la Migrant Offshore Aid Station (quest’ultima con base a Malta) Soros e altri paperoni filantropi finanziano infatti, a suon di milioni di dollari, svariate ONG quali: Stichting Bootvluchting, Médecins sans frontières, Save the children, Proactiva Open Arms, Sea-Watch.org, Sea-Eye, Life boat.
Nella lista non poteva mancare (appunto!) l’incriminata Jugend Rettet.
Davanti all’evidenza che le ONG fanno un vero e proprio servizio taxi organizzato in combutta coi negrieri libici (che quindi queste ONG non sono meno “trafficanti” di quelli che gli consegnano la merce), è davvero stucchevole la maniera con cui la stampa di regime, che negli anni ha tessuto le lodi se non veri e propri peana verso l’attività di queste ONG sorosiane. LA STAMPA di oggi, ad esempio, con un editoraie del poveretto Francesco La Licata, prova a smontare l’iniziativa della Procura di Trapani, sostenendo che l’inchiesta non deve… «compromettere la sana gestione dell’azione umanitaria condotta da tanti volontari che rischiano la vita per salvare quei popoli in fuga». Per l’autore del paludato libello la Procura di Trapani interviene … «su comportamenti “abnormi” di qualche componente dell’equipaggio dell’imbarcazione riconducibile alla ONG Jugend Rettet».
A che punto arrivano ipocrisia e infingardaggine….
da sollevAzione