Dice la Treccani:
«xenofobìa – Sentimento di avversione generica e indiscriminata per gli stranieri e per ciò che è straniero, che si manifesta in atteggiamenti e azioni di insofferenza e ostilità verso le usanze, la cultura e gli abitanti stessi di altri paesi, senza peraltro comportare una valutazione positiva della propria cultura, come è invece proprio dell’etnocentrismo; si accompagna tuttavia spesso a un atteggiamento di tipo nazionalistico, con la funzione di rafforzare il consenso verso i modelli sociali, politici e culturali del proprio paese attraverso il disprezzo per quelli dei paesi nemici».
Com’è noto nessuno si considera xenofobo, né razzista.
Uno tuttavia di sicuro esiste. Abita a Breno di Borgonovo Valtidone, comune del piacentino. Quello che davanti alla struttura che deve ospitare quindici profughi minorenni, ha scritto sul muro di cinta “Breno dice no ai neri all’invasione e alle coop”.
Ce n’è uno solo tra noi? Parafrasando una frase attribuita a Togliatti: “Uno xenofobo è una spia, dieci sono provocatori, mille sono un problema politico”.
Non nascondiamocelo, la xenofobia è un problema politico, anzi, date le dimensioni, un enorme problema politico. Se in una piccola comunità c’è chi rifiuta di ospitare una quindicina di minorenni, beh, siamo alla frutta!
Supponiamo che chi ha fatto quella scritta indecente non sia un figlio di papà. Di sicuro è un giovane proletario, magari senza lavoro o precario. E concediamo anche che egli sia pieno di rabbia e rancore sociale contro un sistema che lo esclude e lo fa sentire uno “scarto sociale”. Vale forse questo a giustificare il suo razzismo? Il suo odio per i..”neri”? No, mille volte no. Va detto chiaro e tondo che il rifiuto dell’anarco-immigrazione e dell’accoglientismo a prescindere non può giustificare prendersela con gli immigrati, tanto più se i più deboli, quelli che uno Stato degno di questo nome ha il dovere imprescindibile di proteggere. Se non c’è questo non c’è civiltà.
Il rifiuto dell’anarco-immigrazione e dell’accoglientismo non può diventare un alibi per giustificare la guerra tra poveri la quale, oggi come sempre, va a solo vantaggio di chi sta sopra e che ha tutto l’interesse affinché la santa indignazione sociale sia deviata dal bersaglio grosso su qualche spaventapasseri.
E qui veniamo ai fattacci di Roma. Tutti li conoscete. La polizia ha caricato l’assembramento di un centinaio di immigrati (non clandestini badate, tutti in possesso di regolare permesso di soggiorno come rifugiati), precedentemente sgomberati da un palazzo occupato. Le forze di polizia sono andate giù dure: primo, ripulire Piazza Indipendenza dal bivacco. Vale ricordare che molte di queste famiglie sloggiate hanno figli regolarmente iscritti nelle scuole delle vicinanze e se erano in quella piazza era per protestare perché non sanno dove andare, sotto quale tetto vivere.
Ma prima di sgomberare con la forza per riconsegnare lo stabile ai pescecani che se lo erano comprato all’asta, le autorità preposte non avrebbero dovuto trovare una soluzione? Scopriamo che tutte queste autorità, comune di Roma a 5 Stelle compreso, se ne sono lavati le mani. Ce lo dice lo stesso capo della Polizia Gabrielli.
Eccoci dunque al capolinea, al teatrino della politica.
A sinistra è tutto un lagnarsi per l’albero che cade ma non per la foresta che brucia — la foresta di centinaia di migliaia di immigrati che vivono ai margini della società come paria. Una sinistra che insiste che dovremmo accogliere tutti ma non ci dice, nel marasma che vive il Paese, come dare alla moltitudine di stranieri già arrivati o in arrivo un lavoro, una casa, i diritti sociali e civili sanciti dalla Costituzione. Un accoglientismo a prescindere che mentre allontana la sinistra dagli strati più disagiati del nostro popolo si risolve nel fare gli interessi di un capitalismo sempre più selvaggio che chiede forza lavoro a basso costo per “competere sui mercati globali”.
E a destra? Si sono scatenati nella gara a coccolare i sentimenti più retrivi che covano tra tanti cittadini stremati dalla drammatica situazione economica. Peggio: gettano benzina sul fuoco della xenofobia e del razzismo, nonché invocando la linea del pugno di ferro poliziesco.
Matteo Salvini su Facebook ha scritto: «Sono col poliziotto, senza se e senza ma!» — anche con quello che invocava di spezzare le gambe. Gli ha fatto subito eco Barbara Saltamartini, vice capogruppo alla Camera della Lega: «Mi aspetto da parte delle altre forze politiche un’immediata condanna a questi intollerabili episodi di violenza e che il Ministro degli interni proceda subito con le espulsioni». Secondo Roberto Calderoli, vice presidente del Senato, bisogna continuare con gli sgomberi e aggiunge un ringraziamento «a tutti quegli agenti che hanno riportato la legalità e l’ordine a Roma». La Giorgia Meloni non è stata da meno: «Chi commette reati non è un rifugiato ma un banale criminale, non ha nessun diritto ad essere accolto a spese degli italiani e deve essere espulso immediatamente dall’Italia». Maurizio Gasparri a ruota dichiara solidarietà «alle forze di polizia intervenute in piazza Indipendenza. A chi, da sinistra, chiede garanzie per chi aveva occupato lo stabile, bisogna rispondere che l’unica garanzia è quella di essere riportati al rispetto delle leggi».
Quanto cinismo, quanta viltà farisaica in questi atteggiamenti! Ma tutto fa brodo, anche l’indecenza se serve a strappare voti e la vanagloria di andare al governo.
da sollevAzione