Molti miei amici che “stanno” su Facebook mi chiedono perché mai non faccia altrettanto. Secondo loro, sulla falsariga di Noam Chomsky, se uno non si fa vedere sui “social” semplicemente non esiste. Non so, rispondo, ci debbo pensar su. In effetti ci penso da qualche anno, ma siccome ci penso, per dirla con Cartesio, evidentemente sono, malgrado non stia sui “social”. Stare, infatti, ci dice poco del pensiero di chi sta, meno ancora ci indica davvero quale sia il suo proprio essere. (Nella foto Marco Mori)

Facebook, Twitter, Instagram, ecc., sono potenziatori letali di quell’individualismo narcisista frutto dell’atomizzazione sociale, il precipitato del liberismo anti-sociale. Luoghi di maschere. Io poi, mi rifiuto di diventare particella tecno-funzionale alla grande macchina del Grande Fratello; mi rifiuto di contribuire all’efficienza sbirresca di algoritmi preposti al dominio, ideati quindi non solo per spiare, ma per imprigionarci  Mai il platonico Mito della caverna fu più adeguato per descrivere lo stato di cattività a cui siamo giunti.

Tutto questo pistolotto per dire che mi hanno inoltrato esterrefatti quanto scritto oggi dall’amico Marco Mori sulla sua pagina Facebook. Leggiamo:
«Alla fine il prossimo anno solo Casa Pound avrà un programma decente. Un programma così con un partito di estrema destra purtroppo è l’ennesima vittoria del regime. Faranno un buon risultato nel 2018 e cresceranno in futuro ma non potranno vincere. Forse li voterò. Chiunque purché fuori da euro ed UE e la destra sociale merita certamente più rispetto di quella liberale rappresentata dall’accozzaglia Lega, FdI, FI.Ma ovviamente quello che serviva era un nuovo partito che mettesse al centro la Costituzione del 48 in cui tutti i no euro dovevano confluire. Invece si sono venduti quasi tutti ai partiti storici che mai nulla cambieranno… La storia si sta ripetendo?»

Io sono meno sorpreso dell’amico che mi ha fatto notare questo messaggio.
So bene che Marco non è un fascista, ed anche per questo, abbiamo condotto assieme tante battaglie in nome del sovranismo costituzionale. Lo so, e per questo la sua dichiarazione di voto è grave, inaccettabile, addirittura illogica — Mori ammette che un’avanzata di Casa Pound sarebbe una “vittoria del regime” ma nonostante ciò gli darà il suo voto.
Sorvoliamo sulla logica. Qui abbiamo una dichiarazione di impotenza e di resa.
Il suo sconforto è metafora del fallimento del cosiddetto “sovranismo”.
Di più, è spia che un ciclo si è definitivamente chiuso.

Per sette otto anni singoli intellettuali, gruppi politici, associazioni si sono dedicate a spiegare che con l’Unione europea e l’euro l’Italia era oramai un Paese vassallo, privato, anche grazie alle élite italiote d’ogni colore, della sua sovranità politica e statuale. Certo, c’era di tutto dentro questo “campo sovranista”, un frullato di ideologie e concezioni del mondo. Gente di sinistra e di destra, radicali e moderati, intellettuali di grande valore e tuttologi improvvisati, nostalgici della Prima Repubblica, se non addirittura di Craxi e Andreotti.

Ma questo passava il convento. Piccole minoranze sotto assedio che invece di trovare il modo di fare fronte, sono state spappolate dal divisionismo, dai narcisismi, dal settarismo.

Nonostante questo bordello c’è stato un momento nel quale il “campo sovranista” poteva lasciare un segno duraturo. Parlo dell’anno politico che ci lasciamo alle spalle, subito dopo la grande vittoria al referendum costituzionale del 4 dicembre. Le urne indicavano che c’è uno spazio grande, nel nostro Paese, per un soggetto sovranista democratico. C’è una domanda diffusa di rappresentanza, si doveva liberarla dando l’offerta. Tanto più perché le opposizioni di Sua maestà — M5S, Lega e FdI —, dopo il fracasso del Front National in Francia, hanno abbandonato per convenienza la loro maschera no-euro e sovranista.

Occorreva unire le forze in vista delle elezioni politiche che si sapeva bene si sarebbero svolte nel 2018. Cos’è accaduto? Ha prevalso il settarismo, lo spirito di parrocchia, l’insipienza politica. In questo panorama desolante, solo la Confederazione per la Liberazione Nazionale seppe suonare la campana, facendo appello a prepararsi alle prova elettorale. Appello caduto nel vuoto.

Mori scrive: “… ovviamente quello che serviva era un nuovo partito che mettesse al centro la Costituzione del 48 in cui tutti i no euro dovevano confluire”. Serviva meno che il “partito”, serviva una solida alleanza elettorale in vista delle elezioni. E se l’appello della C.L.N. è caduto nel vuoto è anche per responsabilità di Marco Mori.

E non è un alibi aver fatto spallucce col miraggio del grande “partito” costituzionale. Chi non è in grado di fare fronte in un momento d’emergenza figurarsi se può ambire a fondare un “partito”. E’ sfracellata, è sfracellata l’idea — figlia della narrazione mainstream della fine delle ideologie — che sarebbe bastata la Costituzione del 1948 come base politica di un “partito”. La Carta del 1948 non è bastata nemmeno per unire le forze in vista della sfida elettorale. Voglio essere brutale e parafrasare quanto scrisse nel 1774 Samuel Johnson: con la patria anche la Costituzione è diventata l’estremo rifugio delle canaglie. Canaglie sono quelli che dicono di amare la Costituzione ma rifiutano la sua anima antifascista; canaglie gli europeisti che si spacciano come paladini della Carta; canaglie certi leghisti coi loro cespugli che in cuor loro sognano di smembrare la Nazione.

Dopo il 4 dicembre occorreva scendere in campo, unire le forze, fare fronte, quindi proporre un’alternativa di società.

Aver fallito la prova elettorale ci dice che un ciclo si è chiuso, che il “campo sovranista” chiuderà i battenti. Staremo a vedere cosa esso avrà davvero concimato.