Piddini e piddioti, bisogna pur distinguere. Fino a qualche settimana fa i primi abitavano giulivi Piddinia city, la cittadella del potere dove mal che ti vada una poltrona ce l’hai. Adesso continuano a dimorarvi, ma assai meno spensierati che pria. I secondi vengon tutti da lì, ma dovendo far posto a dei nuovi arrivati ingombranti assai, han dovuto inventarsi (temporaneamente, s’intende) chi un nuovo mestiere, chi un nuovo abito politico. Tutto ciò in attesa di tornare laddove son partiti, ci mancherebbe!

Ora i piddini fanno quasi tenerezza. Ormai la loro unica speranza sta nella magica riemersione di una sorta di “maggioranza silenziosa” in versione 2018. Più che altro una voluta illusione in mancanza di meglio. Di forze conservatrici, centriste e governiste a prescindere già ce ne sono troppe in giro. E questo è un problema. Ma quel che è peggio per costoro è che gli italiani, dopo dieci anni di crisi, tutta questa voglia di conservare mica ce l’hanno.

Un dettaglio, quest’ultimo, che tende a sfuggire però anche ai piddioti. All’arroganza senza pari di Renzi, re dei piddini, essi contrappongono l’acuta melensaggine di Gentiloni, icona vivente (fin nelle ascendenze nobiliari) dell’immobilità del potere.

Ecco allora il “partito di Gentiloni”, che se da un lato è l’estremo tentativo delle èlite di salvare il Pd mollando Renzi, dall’altro è il comico approdo di personaggi la cui ambizione è inversamente proporzionale al seguito che hanno. Napolitano il golpista, Prodi il mortadella, Calenda il simpaticone e infine Letta il pisano: nomi da far scatenare la “ola” sulle gradinate, non c’è dubbio. Infine, giusto per regalarci l’ultima risata, ecco il formidabile piano per il dopo 4 marzo: nientemeno che il “ritorno di Walter“, il grande condottiero che doveva andare in Africa ma non ha ancora trovato il biglietto giusto per farlo.

Nel cacciarsi nei guai Renzi ha mostrato davvero una certa maestria. E qualcuno l’aveva scritto che tutta quella arroganza non gli avrebbe portato bene. Il fatto è che Renzi è tuttora il Pd. Dunque la sua disfatta, se davvero ci sarà come sembra lecito pensare (e sperare), sarà anche la disfatta dell’intero partito. Ma siccome la coalizione che l’accompagna il 4 marzo è solo una bizzarra Armata Brancaleone di notabili tenuti insieme solo dal desiderio di tornare in parlamento, come pensano i piddioti di salvare capra (il governo) e cavoli (cacciare il fiorentino) per quella via?

Misteri insondabili dei disegni di Palazzo, sui quali possiamo dire solo una cosa: o chi scrive è davvero un incurabile ingenuo, il che è ovviamente possibile; o chi li accarezza (quei disegni) si merita appieno il titolo di piddiota che abbiamo comunque deciso di conferirgli in questo articolo.

Perfino una come Lucia Annunziata – che tanto estranea alle èlite certo non è – si è mostrata assai schifata dall’attuale manfrina: «Quando la campagna “Gentiloni dopo Gentiloni” è diventata infine “virale” fra le èlite politiche – Napolitano, Prodi, Bonino – è diventata anche, apertamente, un “Io non sto con Renzi”». Una notazione banale quanto decisiva.

Il più esilarante della compagnia è stato stavolta l’uomo della campanella, quell’Enrico Letta di cui tutti al bar dicono sospirando «eh, magari tornasse lui!». Questo il suo spassoso tweet: «Il voto del #4marzo? Se penso a #Italia e #Europa voglio augurarmi che @PaoloGentiloni ne esca rafforzato con la coalizione che lo sostiene».

La coalizione di Gentiloni? Bene, bene, andiamo a vedere i numeri. Il discendente dei conti Gentiloni Silveri, nobili di Filottrano, Cingoli e Macerata è lì solo grazie al Pd, ma per reggersi in piedi – e per confezionare le peggiori porcherie, vedi ad esempio il Rosatellum – la sua maggioranza si è retta su una forza che non c’è più (Ap, alias Ncd+Udc), essendosi divisa proprio in vista del 4 marzo (con la parte più consistente che è andata a destra convolando a nuove nozze di rito arcoriano) e su un’altra (Verdini) che ha riscoperto l’edera repubblicana, ma che in parlamento non tornerà.

Di che parla allora il Letta? Qual è la coalizione da rafforzare? Ammettiamo pure che sia la sbrindellata accozzaglia che gli italiani troveranno sulla scheda a fianco del Pd; ma li legge i sondaggi il nipote del Richelieu di Berlusconi? Noi li leggiamo, e spesso li mettiamo in discussione, ma certo pensare di vincere con un ipotetico 27% è roba da prepotenti che si pensano insostituibili.

Ah!, dimenticavo – sapete com’è, li dimenticano un po’ tutti: tra i portatori d’acqua al mulino gentiloniano non sono certo mancati quelli di LeU. Costoro, non ancora contenti dei voti che (non) prenderanno devono aver pensato di ridursi di un altro mezzo punto la percentuale di domenica. E così l’astuto Grasso ha confessato apertamente la disponibilità all’ammucchiata sistemica con Pd e Forza Italia: «Noi siamo una forza di sinistra responsabile di governo, se ci dovesse essere questo scopo e il presidente Mattarella ce lo chiedesse noi saremmo disponibili». Eh, sai, se ce lo chiede Mattarella… Roba da Tso.

Che sia quello di Grasso il vero disegno della variegata congregazione dei piddioti è pressoché certo. Ma qui si pongono due problemi. Il primo è che lo scopo di questo “governo del presidente” sarebbe nientemeno che… una nuova legge elettorale. Cioè, questi cialtroni vorrebbero far partire la diciottesima legislatura esattamente laddove era iniziata quella precedente. Che dire? Se a Rosato il premio Nobel per la legge elettorale più autolesionista non lo leva ormai nessuno, quello per la faccia più tosta del pianeta ha dei seri pretendenti. Come scelta per continuare a perdere consensi, davvero niente male.

Ma c’è un secondo e più decisivo problema. Ed è che Berlusconi è sì un pugile suonato, ma non più di certi strateghi di cui ci siamo occupati in questo articolo. Ne consegue che l’ex cavaliere sarebbe sì ben felice di essere della partita mollando l’imbarazzante Salvini, ma non potrà farlo (almeno in un primo momento) se la coalizione di destra avrà la maggioranza dei seggi. Ora, avendo fatto una campagna elettorale insulsa, appiattita sulla difesa dell’esistente, tutta contro M5S, priva di proposte e di argomenti credibili, come pensano i piddioti (uniti in questo coi piddini) di poter scongiurare questo scenario?

Misteri del Palazzo, l’abbiamo già detto. Ma forse lo sforzo congiunto di piddini e piddioti un esito l’avrà: quello di buttar giù le mura dell’intera Piddinia City, mettendo allo scoperto i suoi attuali abitanti (a partire da quello più noto), ma rendendola inabitabile almeno per un po’ anche a chi vorrebbe rioccuparla per linee trasversali. Uno spettacolo che sarebbe del tutto meritato.

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