Un’interessante confessione di Andrea Nicastro sulle falsità americane degli ultimi vent’anni, a partire da quelle servite a giustificare due guerre all’Iraq

Cosa sta diventando la guerra in Siria? Iniziata come sollevazione popolare contro il regime, trasformatasi in guerra civile dispiegata, divenuta una guerra confessionale tra sciiti e sunniti (la cosiddetta “fitna”) siamo ora entrati – dopo la sconfitta dell’Isis – in una guerra per la spartizione del bottino. Tutte le grandi potenze (Usa, Russia, ma anche Francia e Gran Bretagna) vogliono stare in partita, come pure le principali potenze regionali (Turchia, Iran, Arabia Saudita).

Noi non possiamo sapere cosa è successo a Ghouta. Se sono state usate, oppure no, armi chimiche. Di certo le minacce americane (e francesi) appaiono stavolta particolarmente pesanti. Così come grave è stato l’attacco israeliano di ieri l’altro sulla base militare di Homs, sul quale è calato immediatamente un surreale silenzio.

I prossimi giorni, ma forse le prossime ore, ci diranno se tutto si chiuderà con un’azione più che altro simbolica, come quella dell’aprile 2017, oppure se vi sarà davvero il tentativo di Trump di rovesciare il successo politico-militare ottenuto da Putin in terra siriana. Nel qual caso la situazione si farebbe davvero incandescente.

Nel frattempo è interessante notare l’incertezza che regna nel campo occidentale, perlomeno in Europa. E’ in questo senso istruttivo il corsivo apparso oggi nella pagina dei commenti del Corriere della Sera, a firma Andrea Nicastro. L’articolista, ammettendo che di quel che accade in Siria non sappiamo praticamente nulla, che le uniche fonti disponibili sono quelle della propaganda delle diverse parti in causa, invita nei fatti alla prudenza.

Nel farlo non può fare a meno di ricordare due fake news del recente passato dei guerrafondai americani: la balla dei bambini kuwaitiani buttati fuori dalle incubatrici dagli iracheni (1990) e quella sulle inesistenti “armi di distruzioni di massa” possedute da Saddam Hussein. Due falsità servite a giustificare due guerre criminali. Peccato che allora i giornaloni tipo il Corsera non ebbero alcun dubbio a rilanciare, facendole proprie, quelle evidenti menzogne. Stavolta invece è diverso: speriamo che sia per una sincera volontà di pace e non solo perché alla Casa Bianca c’è Trump.

Qui sotto l’articolo di Nicastro.

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Guerra in Medio Oriente, la necessità di avere un’informazione onesta
di Andrea Nicastro (Corriere della Sera)

Purtroppo non possiamo dire cos’è successo a Ghouta. Ma sappiamo che non dobbiamo fidarci degli «elmetti bianchi», della contro-propaganda di Russia Tv e neppure delle dichiarazioni dell’Amministrazione Usa

Attenzione a dare per certa la responsabilità degli attacchi chimici in Siria. Accusare Assad è facile. A difenderlo invece si finisce nel mucchio dei complottardi o, peggio, dei complici. Però dubitare di quel che ci viene detto (molto) e mostrato (poco) è un obbligo.

La guerra siriana, nonostante i mille canali social che la raccontano live dai telefonini, è la meno vista della storia. Il problema è che non ci sono giornalisti indipendenti a guardarla. Ce ne sono molti «social», ce ne sono alcuni di regime e anti-regime, ma sono tutti di parte. Perché? Perché andare tra i ribelli è pericoloso, tra chi piange per i gas c’è quel che resta dell’Isis.

Questo non vuol dire che i giornalisti siano sempre una garanzia. Abbondano gli errori fatti dal fior fiore della stampa libera. Uno, clamoroso, fu credere alla figlia dell’ambasciatore kuwaitiano che si spacciava per infermiera: «I soldati di Saddam Hussein rubano le incubatrici e lasciano morire i bambini». La guerra del 1991 si giustificò anche così.

Altro abbaglio fu l’antrace che lo stesso Saddam Hussein sarebbe stato pronto a scagliare sull’Europa nel 2003. I geniacci della comunicazione decisero che «antrace» (un’arma batteriologica, guarda caso) fosse una parola poco efficace e la sostituirono con «pistola fumante». Funzionò, andammo in Iraq convinti, peccato che di antrace non c’era traccia.

Un conto è la scelta politica pro o contro una guerra che spetta legittimamente ai governi. Un altro è l’informazione che gli elettori devono poter ricevere. Purtroppo non possiamo dire cos’è successo a Ghouta. Ma sappiamo che non dobbiamo fidarci degli «elmetti bianchi», della contro-propaganda di Russia Tv e neppure delle dichiarazioni dell’Amministrazione Usa.

Nel 2003 mentì il segretario di Stato Colin Powell all’Onu, oggi potrebbe farlo Donald Trump via Twitter. Abbiamo bisogno di prove, di informazione onesta e di prima mano, non di abboccare a chi è più convincente.