Un governo fedele alla Repubblica italiana od alle oligarchie euro-tedesche?
Il silenzio, o peggio, la connivenza di tanti costituzionalisti: il caso di Gustavo Zagrebelsky

La democrazia parlamentare è sotto attacco. Così pure il principio della sovranità popolare, cardine della stessa Costituzione. L’attacco non viene dall’esterno, bensì dall’interno delle istituzioni, addirittura da quella che dovrebbe fungere da garante dei principi della Carta del 1948.

Scriviamo mentre il braccio di ferro sul Ministero dell’Economia è ancora in corso. La pretesa quirinalizia di porre il veto su Paolo Savona è di una gravità inaudita. Non meno grave è la campagna mediatica che la sostiene. E penoso è l’atteggiamento di tanti costituzionalisti che nulla hanno da obiettare su quel che sta accadendo.

Abbiamo già parlato del ruolo dei media nazionali, che adesso giocano di sponda con i loro omologhi tedeschi, quelli dediti a descrivere l’Italia come un paese di scrocconi (QUI la carrellata di idiozie anti-italiane che la Repubblica è ben lieta di sfornarci stamattina).

«Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della Nazione». Questa è la formula del giuramento del presidente del Consiglio e di tutti i ministri. E nella forma sarà così anche per i membri del futuro governo. Ma nella sostanza? Nella sostanza Mattarella pretende un giuramento preventivo sui dogmi dell’UE e dell’euro. Più che la fedeltà alla Repubblica italiana siamo ormai alla richiesta di una dichiarazione certificata di servilismo all’euro-germania.

Tralasciamo qui l’ignobile campagna che vorrebbe descriverci l’attuale attivismo del Mattarella come normale. Ma quale normalità? Quando mai il presidente della repubblica si è messo di traverso alla nascita di un governo? Quando mai ha posto pregiudiziali squisitamente politiche su un ministro? Quando mai i nomi dei ministri non sono stati espressione della maggioranza parlamentare? Ma non scherziamo, la verità è che siamo di fronte ad un totale stravolgimento delle normali procedure istituzionali che presiedono alla nascita di un governo. Ed è uno stravolgimento non certo casuale. E’ che le èlite, battute nelle urne, vogliono impedire il governo che gli elettori hanno scelto il 4 marzo.

In quanto al personaggio Mattarella lasciamo perdere. Ma non è lo stesso signore che non ha battuto ciglio su una riforma costituzionale imposta a colpi di maggioranza? Lo stesso che nulla ha avuto da obiettare su una legge elettorale truffaldina, con il cambiamento delle regole del gioco all’ultimo minuto per consentire ai soliti noti di restare di sella? D’accordo, quel trucco non ha raggiunto il suo scopo – fortunatamente non sempre le ciambelle riescono col buco – ma Mattarella dov’era? Era dalla parte degli imbroglioni.

Grave che un simile personaggio abbia l’avallo di certi costituzionalisti. Eppure le mosse di Mattarella disegnano uno scardinamento della Costituzione ben più grave di quello contenuto nella stessa controriforma renziana. Ed è incredibile che chi a quella controriforma si oppose faccia oggi comunella col Quirinale.

Prendiamo il caso di Gustavo Zagrebelsky. In un’intervista a la Repubblica di qualche giorno fa Zagrebelsky sostiene che se Mattarella «accettasse a scatola chiusa ciò che gli viene messo davanti, si creerebbe un precedente verso il potere diretto e immediato dei partiti, un’umiliazione di Parlamento e presidente della Repubblica, una partitocrazia finora mai vista».

Avete letto bene: «Una partitocrazia finora mai vista». Parole sinceramente incommentabili, che suscitano solo e soltanto una domanda: ma lo Zagrebelsky dov’è vissuto finora?

Ma andiamo oltre. Dice giustamente l’ex presidente della Consulta che:
«Ci sono cose costituzionalmente “non negoziabili”. Innanzitutto, per ciò che riguarda le persone chiamate al governo che devono portare la loro carica con “dignità e onore”. Nelle scelte politiche, invece, il presidente della Repubblica non può intervenire se non per rammentare che ve ne sono, accanto alle libere, altre che libere non sono. La Costituzione è un repertorio di scelte non “negoziabili”».

Bene. «Dignità e onore», giustissimo, ma dov’erano gli occhiuti presidenti della repubblica quando, ad esempio, firmavano senza batter ciglio la nomina di tanti ministri e ministre della corte berlusconiana? Sul punto Zagrebelsky tace, del resto il Berluska è oggi dalla stessa parte…

Egli riconosce ovviamente – e vorremmo vedere! – che il presidente della repubblica non può intervenire nelle scelte politiche. Bene, e che cos’è il veto su Savona se non un’evidente interferenza nelle scelte politiche? Vedremo se su questo Zagrebelsky avrà qualcosa da dire. Finora non ha fiatato, e certo non fa sperar bene il proseguo del suo ragionamento nell’intervista citata.

Dato che l’intervistato parla di «scelte non negoziabili», l’intervistatore gli chiede di fare degli esempi. Qui Zagrebelsky avrebbe avuto tante possibilità. Per esempio avrebbe potuto far notare – pensando alla flat tax – l’art.53, quello che dice che: «Il sistema tributario è informato a principi di progressività». E invece no, dato che l’obiettivo è ben altro che quello della tutela dei principi costituzionali. Qual è infatti il primo esempio che viene in mente a Zagrebelsky? Ma ovvio, l’articolo 81, con la sua riscrittura impostaci dall’oligarchia euro-tedesca nel 2012.

Leggiamo:
«Innanzitutto, i vincoli generali di bilancio. Mi pare che, sulle proposte che implicano spese o riduzioni di entrate, si discuta come se non ci fosse l’articolo 81 della Costituzione che impone il principio di equilibrio nei conti dello Stato e limiti rigorosi all’indebitamento. Ciò non deriva (soltanto) dai vincoli europei esterni, ma prima di tutto da un vincolo costituzionale interno che non riguarda singoli provvedimenti controllabili uno per uno, ma politiche complessive».

Insomma, non facciamo gli ingenui, l’intervista è del 21 maggio, ma Zagrebelsky sapeva già dove il Quirinale sarebbe andato a parare. Ed ha deciso perciò scientemente di coprire il tentativo mattarelliano, quello di imporre una sorta di sistema presidenziale a guardia degli interessi delle èlite nazionali e sovranazionali che non vogliono cedere un centimetro del loro potere.

Cari lettori, scandalizzatevi pure, ma ha ragione Matteo Salvini. Il suo no ad un Ministro dell’Economia nominato (via Mattarella) da Berlino è sacrosanto. Qui è in gioco non solo l’indipendenza nazionale. Con essa è minacciata la sovranità popolare. Vogliamo svegliarci, oppure no?