Diceva Michele in Palombella Rossa: «Chi parla male, pensa male e vive male. Bisogna trovare le parole giuste: le parole sono importanti»! Prima legge della politica rivoluzionaria: individuare il nemico principale e colpirlo. Seconda legge: mai usare il suo linguaggio, i suoi concetti e le sue categorie. Terza legge: mai accettare la sua agenda e il suo ordine di priorità.

Altri, su questo blog, hanno trattato della leggenda metropolitana del “rossubrunismo” e ne hanno ricostruito la genesi.

Si disse che quella del “rossobrunismo” sarebbe «una insidiosa volgarizzazione politica… uno spauracchio costruito ad arte da ben identificati settori dell’intellighentia italiana (in combutta con l’intelligence atlantista) … allo scopo di «isolare quei movimenti rivoluzionari di sinistra che essi ritenevano pericolosi».

Epiteto, insomma, con cui si bollano frange radicali gruppuscolari.

Per primo fu Pasquinelli a segnalare l’avvenuto salto di qualità nella campagna di satanizzazione del nemico da parte dell’élite neoliberista. Solo due giorni dopo il referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 (che segnò la fine di Renzi e seminò il timor panico tra quelli che stanno sopra) Massimiliano Panarari, in bella evidenza su LA STAMPA, bollò di “rossobrunismo” niente meno che Beppe Grillo.

Su questo medesimo solco tocca ora, non a questo o quel gruppuscolo, e nemmeno a questo o quel leader politico: “rossobruno” sarebbe il governo M5s-Lega.

Era il 28 maggio, il governo Conte non si era nemmeno insediato che sul sito LINKIESTA si poteva leggere questo titolone:
«Perché la chiamate maggioranza giallo-verde, quando è chiaramente rosso-bruna? La novità di questa alleanza Lega-M5s ci spiazza».

L’anatema era lanciato
, ma non nel senso che gli antichi greci attribuivano a questo concetto — per essi si trattava di offerta votiva alla divinità, deposta nel suo tempio e perciò a lei sacra —, bensì nel significato attribuitogli dalle antiche comunità cristiane, ovvero una scomunica solennemente lanciata contro eretici e scismatici.

L’anatema poteva sembrare una boutade, buttato lì a casaccio, tanto per fare colpo sul lettore, invece…

Invece è stato raccolto, niente-popò-di-meno, da uno dei massimi sacerdoti del culto liberale, Ernesto Galli Della Loggia. In un editoriale del 18 giugno sul CORRIERE DELLA SERA, dopo un melenso panegirico sulle minacce che incombono sulle “fragili democrazie europee”, così il Nostro (Nomen Omen) conclude:
«Tornano dunque i demoni della sua antica vicenda che nel terribile primo quarantennio del Novecento già concorsero una volta a segnare il fallimento della democrazia nel continente; gli orgogli e i puntigli nazionali, le tentazioni etniciste, la facile permeabilità alla demagogia delle masse, l’antiparlamentarismo, il disdegno per la politica e per i partiti. Tornano il mito del complotto permanente dell’«alta finanza», l’attenzione esasperata per la «purezza» e la «natura» oggi riproposti in versione ecologica, e poi un certo disprezzo di principio per le istituzioni internazionali (dal Fondo Monetario all’Oms, all’Unione Europea), la confusione intellettuale dei ceti medi, infine la protesta contro le ingiustizie del mercato ma intesa perlopiù come protesta contro la globalizzazione. Come si vede, demoni declinabili sia in una direzione di destra che di sinistra (anche il governo Di Maio-Salvini è a suo modo un governo rosso-nero): non a caso proprio come avvenne un tempo, all’epoca del fallimento della democrazia nel nostro continente. Certo, ci possiamo consolare pensando che la storia non si ripete mai due volte. Ma non è scritto da nessuna parte che dopo il male non possa venire il peggio».

Ergo: l’anatema di “rossobrunismo” lanciato contro il governo, uscito dagli anfratti del web, è stato consacrato in quello che viene considerato il tempio, il santuario del liberalismo italiano.

Abbiamo la prova che l’élite liberista, contro il governo giallo-verde, va disponendo le proprie truppe in assetto di guerra. E alla guerra il governo deve prepararsi e attrezzarsi, se non vorrà essere travolto. A questo giro Lorsignori non faranno prigionieri: o i giallo-verdi capitoleranno (alla Tsipras per capirci) oppure verranno annientati. E se riusciranno ad annientarli (come venne anticipato da questo blog) la troika piomberà sull’Italia.

Sì, proprio la troika, non un governicchio di “larghe intese” (che la maggioranza l’han persa e non la riotterranno mai più).

Un pensiero corre infine alle residuali forze  “antagoniste” di sinistra. Esse, pensano di risorgere ricavandosi una nicchia nel campo liberale, rischiano di diventare truppe cammellate e ausiliarie dell’élite (ancora) dominante. Non troveranno la resurrezione ma il loro sepolcro. Fanno fuoco e fiamme contro questo governo, fanno anzi a gara con l’élite a chi ce l’ha più lungo, ovvero a chi usa le invettive più pesanti, a chi lancia maledizioni davvero definitive.

Diceva Michele in Palombella Rossa:«Chi parla male, pensa male e vive male. Bisogna trovare le parole giuste: le parole sono importanti»! Prima legge della politica rivoluzionaria: individuare il nemico principale e colpirlo. Seconda legge: mai usare il suo linguaggio, i suoi concetti e le sue categorie. Terza legge: mai accettare la sua agenda e il suo ordine di priorità.