Il 1° luglio scorso si è svolta la Terza Assemblea nazionale di Programma 101. Come mai un’assemblea a distanza di soli tre mesi dalla precedente (10-11 marzo)? La Seconda, preso atto del terremoto elettorale del 4 marzo, stabilito che il Paese era entrato in una nuova fase politica, approvava due documenti importanti: «SOVRANITÀ E SOVRANISMI: SI CHIUDE UN CICLO» e le «TESI PER UNA SINISTRA PATRIOTTICA».

La nascita, il 1° giugno, del governo giallo-verde, le sue prime mosse, mentre confermavano la diagnosi ci obbligavano non solo a precisare l’analisi ma a dare un giudizio del nuovo governo, indicando quindi quali siano i nostri compiti. Il tutto è ben indicato in questa Risoluzione, approvata all’unanimità dopo approfondita e partecipata discussione.

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RISOLUZIONE SULLA FASE E I COMPITI DI PROGRAMMA 101

(1) NUOVO PERIODO

La vittoria del NO al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 dev’essere considerata una data spartiacque: con la crisi dell’egemonia dell’élite neoliberista è stata affondata la “seconda repubblica”, nata all’insegna della sudditanza ai poteri oligarchici euro-tedeschi. L’Italia, colpita pesantemente dalla grande crisi economica, entrava in un periodo ad alta instabilità politica, istituzionale e sociale.

(2) I TRE MOTIVI DI UNA VITTORIA

Il terremoto elettorale del 4 marzo 2018, segnato dalla pesante sconfitta del blocco dominante e dalla affermazione dei “populisti” del Movimento 5 Stelle e della Lega di Salvini confermava la correttezza di questa diagnosi. Molteplici, addirittura contraddittori, i motivi che hanno contribuito alla vittoria di queste due forze. Tre essenzialmente: da una parte la richiesta di porre fine alle crudeli politiche austeritarie; dall’altra che lo Stato si prenda carico della richiesta di sicurezza e protezione contro il crescente degrado del tessuto sociale; quindi il desiderio di porre fine allo stato di umiliante soggezione della nazione.

(3) IL DILEMMA DEL GOVERNO

Il governo M5S-Lega, sorto malgrado i disperati tentativi dell’élite di impedirlo, non può non tenere conto della spinta popolare che sola lo sorregge. Il nuovo governo è ben consapevole che questa spinta conduce gioco-forza in rotta di collisione con i poteri oligarchici europei e la grande borghesia italiana. Esso non avrà vita facile, è anzi costretto a navigare nelle acque agitate tra Scilla e Cariddi ed è già posto davanti al dilemma se andare incontro alle istanze popolari o essere travolto dalla rivincita del blocco eurista il quale, pur avendo perso la postazione del governo, tiene ben salde tutte le altre.

(4) DA CHE PARTE STARE

Abbiamo detto, e confermiamo, che l’eventuale venire meno del governo al mandato affidatogli dagli elettori, il suo naufragio sarebbe un disastro per il popolo lavoratore, non solo quello italiano. I poteri forti lavorano infatti alacremente per rovesciare il “governo populista” così da confermare il dogma T.I.N.A., che non ci sarebbe alcuna alternativa possibile al loro predominio. In queste condizioni non solo non è auspicabile la caduta di questo governo, occorre stare al suo fianco ove ingaggiasse la battaglia per liberare il Paese dalla gabbia eurocratica ponendo fine alle politiche austeritarie che ne impediscono la rinascita. E’ questo il caso del “Decreto dignità”, la cui pur modestissima portata segna tuttavia una inversione di marcia rispetto alla precarizzazione selvaggia del lavoro che viene avanti dagli anni ’90.

(5) NEL CAMPO POPULISTA

In questo concreto contesto è nel “campo populista” che occorre stare. Fuori da questo campo c’è solo quello del blocco dominante. Ma c’è modo e modo di “stare”. Sarebbe un errore fatale assumere una posizione di indulgente accondiscendenza verso il governo M5s-Lega. Esso va incalzato a realizzare le cose giuste che ha promesso di fare, va contrastato ove cercasse una linea di galleggiamento e di  remissività verso le élite dominanti.

(6) IL BANCO DI PROVA

Diverse e concatenate sono le questioni sul tappeto, ma tra loro c’è una gerarchia, un evidente ordine di priorità. Le élite globaliste, in un gioco di specchi con Matteo Salvini, tentano di fare della questione migratoria il terreno fondamentale di scontro. E’ un trucco che non può reggere a lungo. In verità la natura e le sorti del governo si decideranno invece sul tema delle misure economiche e sociali. A settembre il governo dovrà presentare il DEF, che descrive le politiche macroeconomiche, e quindi, entro metà ottobre, sottoporre al Parlamento la Legge di Bilancio.

(7) TRE STRADE

Tre sono in questo concreto contesto le strade possibili. La prima, la meno auspicabile, è che il governo decida di rispettare le politiche di bilancio che chiede l’Unione europea sin qui accettate dai precedenti governi. In questo caso la sinistra patriottica e popolare, pur respingendo ogni collateralismo con le élite e le sue su appendici, non potrà che posizionarsi all’opposizione del governo M5S-Lega. Se invece il governo, come auspichiamo e come è nell’interesse del popolo lavoratore, sfidasse la Ue e gli disubbidisse ciò sarebbe il segno di un’inversione di rotta, della battaglia con i poteri forti, una battaglia il cui esito dipenderà a quel punto dalla fermezza del governo, dalla sua capacità di resistere alla sicura controffensiva del nemico. E per resistere dovrà necessariamente fare appello alla mobilitazione popolare. C’è infine una terza possibilità, quella che la Ue conceda anche al “governo populista” ristretti margini di flessibilità nelle politiche di bilancio, ciò che significherebbe un temporaneo cessate il fuoco, un prendere tempo. Non durerà a lungo. Il momento della verità sarebbe solo rimandato.

(8) TURBOLENZE IN VISTA

Comunque sia la fine del lungo ciclo della globalizzazione neoliberista, attestato anche dalla cosiddetta “guerra dei dazi”, non sarà indolore. Avremo spasmi sociali, enormi turbolenze, nuovi terremoti politici e istituzionali, fratturazioni dei blocchi. E’ in questo crogiuolo, non in un rilassato trapasso, che potrà farsi largo la sinistra patriottica e popolare o, per dirla diversamente, il “populismo rivoluzionario”.

(9) SINISTRA PATRIOTTICA E C.L.N.

Nostro dovere, ove la situazione precipitasse a causa dello scontro con l’oligarchia euro-tedesca (ciò che porrebbe all’ordine del giorno l’uscita dalla Ue gettando il Paese e l’intera Unione in una situazione esplosiva) sarà quello di contribuire alla formazione di una sinistra patriottica e popolare che si ponga come terza gamba del “campo populista”. Vanno quindi sin d’ora identificate e incontrate le forze politiche e sociali, i gruppi, i singoli intellettuali che sono in sostanziale sintonia col nostro discorso, che accettano di gettarsi nella mischia e di fare fronte per vincere la battaglia democratica e nazionale della sovranità. Una battaglia che potrà essere vinta solo a condizione che M5s e Lega accettino, visto che non avrebbero  scampo chiudendosi nel palazzo, di mobilitare massicciamente i cittadini. In questo contesto potrebbe quindi essere posta concretamente all’ordine del giorno la costituzione di un nuovo Comitato di Liberazione Nazionale. E’ nel fuoco della battaglia, dentro questo campo, che la sinistra patriottica può e deve lanciare la sfida a M5s e Lega per l’egemonia, opponendo loro una visione ed un progetto di Paese che essi non hanno affatto.

(10) I PROSSIMI MESI

Fatte queste considerazioni, quali sono i compiti immediati nei prossimi mesi? Dobbiamo innanzitutto incalzare il governo a realizzare alcune decisive misure immediate a favore del popolo lavoratore. Diverse di esse sono già nel “contratto di governo”: difesa dell’ambiente, modifica giusta della Fornero, aumento delle pensioni minime, reddito di cittadinanza, salario minimo legale, piano di investimenti pubblici ed una banca nazionale che li sostenga, lotta contro la disoccupazione di massa, contrasto alla precarizzazione del lavoro, revisione della “buona scuola”. Andranno invece respinte misure di natura liberista come la flat tax (ferma restando la necessità di una equa riforma fiscale) nonché eventuali leggi sicuritarie (ferma restando l’esigenza dei cittadini di sentirsi protetti dalla criminalità grande e piccola). Altre misure, come quella per il diritto alla casa, non sono nel contratto e andranno poste sul tappeto. C’è poi in ballo il futuro di decine e decine di grandi e piccole aziende, da cui dipendono non solo tantissimi posti di lavoro ma il futuro del tessuto industriale e agricolo del Paese. Occorre sostenere quanto chiedono al governo i lavoratori di queste aziende, se necessario nazionalizzandole (è il caso  ad esempio di Alitalia, delle acciaierie di Taranto, Terni e Piombino). In vista della eventuale battaglia d’autunno andrà quindi stimolata la più ampia mobilitazione popolare, operaia e giovanile, tentando di strutturarla in comitati d’agitazione da unire in una rete popolare nazionale, aperta a  tutti gli organismi sociali, sindacali e ambientali già esistenti ma dispersi nei diversi territori.