Contro il “decreto Dignità”, siccome pone dei limiti alla precarizzazione del lavoro che viene avanti da decenni, la borghesia tuona e minaccia sfracelli.

Lorsignori (Confidustria, Pd, Forza Italia…) dopo aver sostenuto politiche austeritarie che hanno causato milioni di disoccupati, strillano che detto decreto… causerebbe la perdita di 80 mila posti di lavoro in dieci anni.

Verrebbe da ridere se non ci fosse da piangere.
E su cosa si baserebbe questa fosca previsisone? Sulla relazione “tecnica” diffusa dall’INPS e condivisa (guarda caso) anche dal Ministro Tria.

Ma è attendibile questa previsione? Boeri scrive: che: “In presenza di un inasprimento del costo del lavoro complessivo, l’evidenza empirica e la teoria economica prevedono unanimemente un impatto negativo sulla domanda di lavoro“.

Per quanto non condivida (e si sbaglia!) la tesi che lo sgambetto di Boeri sia un atto deliberato di sabotaggio — il tassello di un più insidioso complotto per rendere la vita impossibile al governo giallo-verde —; per quanto ritenga che questo mettere i bastoni fra le ruote al governo sia “legittimo” (sic!), Stefano Fassina la dice giusta. I numeri lanciati da Boeri:
«Non hanno nulla di oggettivo, nonostante la conciliante accusa di “negazionismo economico” da parte del Presidente dell’Inps a chi osa criticare. Sono frutto di un paradigma economico, l’impianto neo-liberista, assolutizzato da decenni e sbandierato come “tecnico”. In realtà, uno dei paradigmi possibili. Uno, soltanto uno. La teoria economica, come riconosciuto dagli economisti “classici”, è politica: dipende dalle visioni del mondo, dall’ideologia, presente anche quando negata in nome di neutre valutazioni empiriche».

Quindi Fassina conclude:
«La risposta è semplice: l’Inps, legittimamente, continua a applicare il paradigma neo-liberista che, come associa un’espansione dell’occupazione e del Pil a misure di “flessibilizzazione” delle regole del mercato del lavoro, “prevede” minore occupazione e minore espansione dell’economia reale a fronte di modesti interventi di riduzione della precarietà».

Il 16 maggio scorso, mentre si profilava l’accordo tra M5s e Lega per dar vita al governo, scrivevo che ove questo avrebbe davvero anche solo iniziato a porre fine all’austerità, le élite avrebbero SCATENATO L’INFERNO. L’imboscata di Tito Boeri, fatta per nome e per conto degli oligarchi globalisti ed euristi, è infatti solo un assaggio di quel che saranno in grado di fare in vista del Def e della legge di Bilancio, o di “stabilità”.

Il fatto è che queste élite hanno sì perso la postazione di palazzo Chigi, ma conservano il controllo di tutte le altre: Bankitalia, il Ministero dell’economia, enti potenti come appunto l’INPS, ecc. Si tratta, come si dice in gergo burocratico, di enti strumentali del governo, organismi non godono quindi, come la magistratura, di alcuna indipendenza. In poche parole non possono mettersi di traverso o addirittura boicottare le sue decisioni (tanto più per nome e per conto di una borghesia “prenditrice” che tanto ha avuto in questi decenni).

Per questo Salvini ha ragione da vendere, Boeri si deve fare da parte e, se non lo fa di sua sponte, proceda il Consiglio dei ministri. Lo impone non solo la volontà popolare manifestatasi il 4 marzo ma la stessa Costituzione.

Il pesce in barile che siede al Mef sarà così avvertito. Le casematte in mano all’élite oligarchica vanno espugnate, una ad una.

Ps

E che ti fa la sinistra antagonista davanti a questo scontro strategico? Parla d’altro, parla dei migranti….