
Il Consiglio dei ministri ha licenziato la Nota di aggiornamento al Def. Non è certo una rivoluzione ma, nonostante le ingiunzioni di Bruxelles (e di Francoforte), sostenute da un’aggressiva e asfissiante campagna intimidatoria dei media, viene confermata l’inversione di tendenza rispetto alle politiche austeritarie e antipopolari seguite negli ultimi anni. Un palese atto sovrano di disobbedienza all’Unione europea che porta con se la sconfitta, per certi versi umiliante, di Tria e della Quinta Colonna quirinalizia e confindustriale in seno al governo.
Tuttavia se la contentezza è comprensibile, l’euforia non è giustificata. E’ stata vinta una prima battaglia, non la guerra.
Se quanto dicono questa mattina i giornali di Sua Maestà fosse vero, Bruxelles respingerà la Legge di bilancio (la cui geometria è scolpita nel Def) e avvierà la cosiddetta “procedura d’infrazione”, di conseguenza, la pistola puntata fino a ieri alla tempia del governo, verrà ora rivolta contro il Parlamento, che la Legge dovrà rendere esecutiva — e noi speriamo radicalizzare.
Come i nostri lettori sanno noi abbiamo sostenuto che la Legge di bilancio sarebbe stato un primo e decisivo banco di prova per il governo giallo-verde. Di contro a chi riteneva che i “populisti” Di Maio e Salvini avrebbero piegato la testa (modalità Tsipras o giù di lì), che l’alleanza tra M5S e Lega sarebbe presto andata in pezzi, noi avevamo previsto, al contrario, che l’assalto del partito eurista (o meglio, tedesco) sarebbe fallito, che l’asse Di Maio-Salvini non solo avrebbe retto l’urto ma si sarebbe consolidato.
Ora è chiaro chi avesse avuto ragione nel dire che con la rivolta elettorale del 4 marzo si era aperta una fase nuova, inedita; che l’Italia era diventato il principale laboratorio politico dove si decidono le sorti non solo del nostro Paese ma dell’Unione europea.
L’euforia, lo ripetiamo, non è giustificata. Vero che le misure previste nel Def mettono la parola fine all’austerità, ma esse non faranno uscire l’Italia dal marasma, né debelleranno d’un tratto la povertà. Una spesa pubblica in deficit è una misura necessaria ma non sufficiente.
Torneremo sulle radicali misure che occorrono affinché l’inversione di tendenza diventi una vera e proprio Nuova Politica Economica.
Ma affinché questa Nuova Politica Economica possa essere perseguita occorre prepararsi e attrezzarsi a vincere la prossima battaglia ove l’Unione europea, ovvero la sua cupola oligarchica di Bruxelles, decida davvero di andare allo scontro scatenando le sue potenti armate.
Se vincono loro altro che Nuova Politica Economica! L’Italia finirà nell’abisso come semicolonia.
Diverse sono le cose che a noi non piacciono di questo governo; chiari ci sono le sue storture, anche molto gravi, ed i suoi punti deboli. Ma ciò non può essere un alibi per una posizione indifferentista o attendista.
Noi confermiamo quale sarà il lato della barricata che la sinistra patriottica dovrà necessariamente presidiare se non vorrà essere espulsa dalla storia. Confermiamo che il nostro campo è quello del “populismo sovranista”, dove ci collochiamo non in modo codista ma nella prospettiva della sfida per l’egemonia.
Di questo, anzitutto, discuteremo il 13 ottobre a Roma.
Lì ci vediamo.