Quando pensammo, nell’estate scorsa, all’incontro che si svolgerà a Roma il 13 ottobre — ne approfittiamo per salutare Francesca Donato, di Eurexit, che si aggiunge agli altri ospiti: Luciano Barra Caracciolo, Sergio Cesaratto, Alfredo D’Attorre, Stefano Fassina, Massimo Garavaglia, Antonio Maria Rinaldi e Marco Zanni — sapevamo che sarebbe “caduto a fagiolo”.

Avevamo infatti messo nel conto che la Legge di bilancio avrebbe costituito il passaggio decisivo che avrebbe condizionato, se non proprio determinato, l’evoluzione del quadro politico e quindi la sorte del governo e del Paese. Erano, al tempo, numerosi coloro che ci davano addosso dicendoci che avevamo le traveggole. Mo si vede chi avesse ragione…

Ma andiamo avanti. Dicevamo che c’erano tre e solo tre possibilità: (1)  cedimento di M5S e Lega con tanto di capitolazione ai diktat eurocratici; (2) accordo di compromesso tra governo giallo-verde e Ue, una tregua insomma, che avrebbe spostato in avanti lo scontro; (3) il governo avrebbe tenuto la schiena diritta, quindi andando in rotta di collisione con i tecnocrati europei.

Il giudizio durissimo di Bruxelles sul Def smentisce (meglio così) i timori che esprimevo il 26 settembre, quando pareva che sarebbe passata la linea della Quinta Colonna capeggiata da Tria.
«Dobbiamo evitare che l’Italia reclami trattamenti speciali che se concessi a tutti porterebbero alla fine dell’euro. L’esecutivo di Roma si sta allontanando dalle regole di bilancio che abbiamo concordato tutti insieme, non vorrei che dopo la crisi greca dovessimo trovarci ad affrontare una crisi italiana».

Parole pesanti, quelle di Junker, come pietre. La pistola alla tempia del governo giallo-verde è puntata. Che sia una pistola carica è evidente dalle reazioni della finanza speculativa — vendite di titoli bancari italiani e quindi aumento dello spread. Che a Bruxelles siano disposti a premere il grilletto vedremo nelle prossime settimane.

Riprecisiamo la linea di P101: non siamo entusiasti per quanto annuncia la Nota di aggiornamento al Def, ma certo c’è, come col Decreto Dignità, un cambio di rotta rispetto alle politiche ordoliberiste d’austerità sin qui seguite su dettato Ue. Giusta quindi la difesa del governo, nella prospettiva che nella Legge di bilancio gli annunci e certe linee guida vengano messe nero su bianco e che il Parlamento le difenda, anzi, le renda stringenti e più profonde.

Le prime risposte di esponenti del governo indicano che la rotta di collisione con la Ue, a questo punto, sembra difficilmente evitabile. Mentre Claudio Borghi va diretto al punto affermando che sarebbe meglio uscire dall’euro, Salvini ha risposto per le rime a Junker, e Di Maio non è stato meno determinato ed ha alluso alla possibilità di mobilitare i cittadini.

Mobilitare il popolo, lo andiamo dicendo da tempo. Questa è la vera arma per non soccombere, per resistere e vincere.