A dispetto della crisi della natalità, “la madre dei cretini è sempre incinta“. Non so a voi, ma a me la lettura di Left fa venire in mente questa pillola di saggezza popolare. E la cosa è inquietante, perché quella pubblicazione si presenta come “l’unico giornale di sinistra”. Una roba che quando a destra l’han saputo sono subito cominciati i festeggiamenti.

A dispetto di Keynes, e delle sue tante varianti, stavolta Left si premura di farci sapere che la spesa in deficit è di destra. Badate, non quella spesa in particolare, non in qualche particolare momento, ma sempre e per sempre. Quantomeno nell’Unione Europea, che per Left è l’alfa e l’omega dell’agire politico, del bene contro il male, in una parola della “sinistra” come questi furfanti la intendono, presumendo tra l’altro di averne il monopolio.

Per sostenere una tesi così ardita Left ha dato la parola al prof. Ernesto Longobardi, il quale non si è fatto pregare. Siccome «c’è sconcerto a sinistra», perché «sul piano della politica economica, questo governo fa quanto da parte nostra si è sempre auspicato», bisogna rassicurare la truppa, concludendo rapidamente che: «Compagni, possiamo stare tranquilli, questo governo è tutto di destra, anche nella politica economica».  

E tutto questo perché? Forse perché il governo non riesce a venir fuori da un orizzonte liberista? Forse perché c’è troppa timidezza nel superare i vincoli europei? Perché le risorse per le misure sociali sono scarse, così come quelle per gli investimenti? No, no, assolutamente no! Di queste critiche, che sarebbero tutte sensate e tutte di sinistra, non solo non c’è traccia nello scritto del Longobardi, c’è invece l’esatto opposto.

Tra la premessa sullo “sconcerto a sinistra” (ma guarda un po’!), e la conclusione che nella manovra è tutta roba di destra, c’è un unico ritornello: che la spesa in deficit è di destra, e lo è perché oggettivamente sovranista ed antieuropea.

E qui il prof. confessa la realtà delle cose, il che non è mai male. Per quelli come lui, quindi per un giornale come Left, oggi il primo elemento dell’identità di sinistra non è il riferimento alle classi popolari, alla lotta per l’uguaglianza e contro lo sfruttamento, dunque intanto per una politica economica anti-austeritaria. No, il primo, e forse unico, elemento d’identità è l’europeismo. Ma non un europeismo sui generis, bensì un’organica adesione di fatto alle ferree regole del sistema dell’euro a dominanza tedesca. Certo, un sistema che vorrebbero “riformare” (come no!), ma che comunque intendono difendere con le unghie e coi denti.

Ad un certo punto il Longobardi, che insegna Scienza delle finanze all’università di Bari, vuota decisamente il sacco:
«Va bene, si dirà, ma perché politiche di spesa finanziate ricorrendo al debito avrebbero necessariamente questo segno antieuropeo? La spiegazione è semplice. Creando in Europa una moneta unica, gestita a livello sovranazionale, ma lasciando al contempo agli Stati nazionali la politica fiscale, si è, di fatto, sottratta loro la possibilità di ricorrere al debito. In uno Stato nazionale pienamente sovrano il debito e la moneta sono un tutt’uno, e lo sapevano bene i governi dell’Italia democristiana che sapientemente usavano la moneta per rendere sostenibile il debito. Ora non si può più fare».

Ecco, in quel soddisfatto “Ora non si può più fare“, c’è il pieno tradimento di quel popolo che la sinistra un tempo voleva come minimo rappresentare. C’è il tradimento dello spirito e della lettera della Costituzione repubblicana, fondata sul principio della sovranità popolare. C’è il girarsi dall’altra parte rispetto alle sofferenze di chi paga le politiche europee, ma c’è anche la ragione di una sconfitta della quale quelli come Longobardi non riusciranno mai a capacitarsi.

Egli così continua imperterrito:
«È come se ogni Stato dell’Unione emettesse debito in una valuta straniera, perché si tratta di una valuta di cui non ha il controllo. L’unica via di uscita politicamente percorribile “da sinistra” è quella della creazione di un’unione fiscale europea… È una prospettiva che implicherebbe condivisione dei rischi, accettazione della redistribuzione di risorse tra gli Stati, solidarietà sovranazionale: tutto quanto, oggi, i trattati europei rigorosamente escludono. Vorrebbe, dire, di fatto, unione politica. Si dirà che tutto questo è ben di là da venire. D’accordo, ma non ci sono scorciatoie. Una strategia politica di sinistra, oggi, può solo avere una dimensione sovranazionale: europea e mondiale».

L’articolista di Left è dunque ben consapevole di come quella dell’euro sia una gabbia, ben informato dell’impossibilità di una riforma di quel sistema, ma ciò nonostante ci rifila il suo dogma, quello secondo cui “una strategia politica di sinistra, oggi, può solo avere una dimensione sovranazionale: europea e mondiale“. All’interplanetario non siamo ancora giunti, ma di certo ci stanno lavorando. Sarà per questo che certi ragionamenti sembrano arrivare direttamente da Marte.

Ora, se così fosse, che prospettiva di avanzamento potrebbero mai avere (giusto per fare degli esempi alla rinfusa) le forze di sinistra in Brasile, in Argentina, nelle Filippine, in India od in Egitto? Ovviamente nessuna, perché magari il grosso di queste forze ha una visione giustamente internazionalista ma – volenti o nolenti – esse non possono realmente agire in una dimensione sovranazionale. Quella che invece noi “fortunati” europei avremmo a disposizione, quella che piace tanto a Longobardi, quella che la cupola oligarchica si tiene ovviamente ben stretta.

Ed è qui il segreto oramai rivelato di questa “sinistra per i sacrifici”: che essa sta sempre più apertamente dalla parte del padrone. Anche per questo siamo certi che una nuova sinistra, patriottica e socialista, dovrà nascere al più presto.