150 morti ad Hoedidah. Ue parla di pace ma finanzia la guerra

Dal 1 novembre 600 persone sono state uccise nei combattimenti avvenuti in città tra la coalizione saudita e i ribelli houthi. L’Onu ribadisce la necessità di riaprire i negoziati di pace, ma uno studio rivela che solo tra il 2015 e il 2016 l’Europa ha venduto ad Arabia Saudita ed Emirati 86,7 miliardi di dollari in armi, 55 volte di più delle donazioni al piano di aiuti umanitari dell’Onu

Nel silenzio della comunità internazionale continua il massacro yemenita. Almeno 150 persone state uccise in 24 ore di scontri ad Hodeidah. A rivelarlo sono fonti mediche e militari locali. I medici degli ospedali cittadini hanno detto all’agenzia Afp che ad essere stati uccisi domenica sono stati 111 ribelli sciiti houthi e 32 combattenti governativi. All’ospedale militare di al-Alfi fanno sapere che sono arrivati due sere fa diversi corpi carbonizzati: gli houthi infatti, come conferma lo stesso esercito yemenita, sono stati oggetto di ripetuti raid aerei da parte della coalizione saudita. Con le ultime vittime sale il bilancio di morte a Hodeidah: dal primo novembre sono state uccise in città quasi 600 persone.

L’obiettivo del governo yemenita sostenuto soprattutto da Riyadh e Abu Dhabi è cacciare dalla città gli houthi (appoggiati dall’Iran). Poco importa che i combattimenti che vanno avanti da giugni stiano di fatto bloccando Hodedidah. E paralizzarla vuol dire nei fatti fermare l’intero Paese: è qui, infatti, che nel periodo pre-guerra (2015) giungeva circa il 70% delle importazioni di cibo, aiuti e carburante. Non sorprende dunque che le violenze nell’area stiano aggravando terribilmente le condizioni di vita dell’intero Yemen. Un dato lo dimostra chiaramente: l’assistenza umanitaria proveniente dai paesi donatori raggiungeva a settembre 8 milioni di persone e non basterebbe a soddisfare i 14 milioni previsti da Mark Lowcock, il sottosegretario delle Nazioni Unite per gli affari umanitari. Per l’Onu tre sono le condizioni per dichiarare uno stato di carestia: almeno una famiglia su 5 vive una carenza estrema di cibo; più del 30% dei bambini sotto i 5 anni soffre di malnutrizione; almeno 2 persone su 10.000 muoiono di fame ogni giorno. Lo Yemen rientra a pieno in questi parametri.

“Se il porto di Hodeidah verrà distrutto, questo creerà sicuramente una situazione catastrofica” ha ammonito ieri ancora una volta il Segretario dell’Onu Antonio Guterres.“I combattimenti – ha poi aggiunto – devono finire, deve iniziare un dibattito politico e dobbiamo prepararci ad una risposta umanitaria massiccia per evitare che il prossimo anno sia peggiore [di quello attuale]”.

Ma le parole allarmanti di Guterres resteranno inascoltate. Dopo 11 giorni di combattimenti, le forze governative yemenite, sostenute dalle truppe di terra emiratine, sono avanzate domenica nei quartieri residenziali della città. Il pericolo ora è che le violenze di una guerra combattuta strada per strada possano aumentare i pericoli per i tanti civili rimasti intrappolati ad Hodeidah. Intervistati dal portale Middle East Eye, i residenti hanno detto che sono di fatto bloccati nelle loro case a causa degli scontri e che vivono nella paura. “E’ meglio restare in casa aspettando la morte piuttosto che partire durante i combattimenti [tra le due parti]” ha sintetizzato con amarezza Mohammad Hadi del quartiere di Ghulail. Secondo alcuni testimoni, i cecchini houthi sarebbero stazionati sui tetti delle case nella parte orientale della città a pochi chilometri dal porto e provano a rallentare l’avanzata delle forze della coalizione.

Il bagno di sangue ad Hodeidah ha spinto domenica il segretario di Stato Usa Mike Pompeo a chiedere al principe ereditario saudita Mohammed bin Salman di dare inizio alle trattative di pace. Dello stesso avviso, almeno teoricamente, è il ministro degli esteri britannico Jeremy Hunt che ieri ha incontrato sia bin Salman che suo padre, il re Salman, esortandoli a porre fine al conflitto in Yemen. “Il costo umano della guerra in Yemen è incalcolabile – ha detto Hunt prima di partire per la sua missione diplomatica – L’unica soluzione è ora quella politica: mettere da parte le armi e perseguire la pace”.

Ma l’atteggiamento occidentale è quanto mai ipocrita: secondo uno studio effettuato dal portale statunitense Middle East Eye (Mee), tra il 2015 e il 2016 i paesi europei hanno venduto ad Arabia saudita ed Emirati arabi, in prima linea nel conflitto yemenita, 86,7 miliardi di dollari in armi, 55 volte di più delle donazioni al piano di aiuti umanitari dell’Onu. Secondo Mee, nel 2015 21 paesi europei hanno approvato licenze di vendita per 36,7 miliardi di dollari; nel 2016 17 paesi hanno dato l’ok alla vendita di 50 miliardi in armi. Nello stesso periodo alla campagna Onu Yemen Humanitarian Response Plan, Ue e Stati membri hanno donato 1,56 miliardi di dollari, l’1,8% del valore delle armi vendute. Dal 2016 a oggi sono stati donati 507,2 milioni, lo 0,58%. Non sono disponibili i dati per gli anni successivi.

Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, sono 10.000 le vittime del conflitto in Yemen iniziato nel marzo del 2015. Un dato, però, che non convince i gruppi umanitari che parlano di un bilancio di morte cinque volte più grave. Un rapporto rilasciato a ottobre dal gruppo di ricerca indipendente “Armed Conflict Location and Event Data Project” ritiene che almeno 56.000 persone siano state uccise da gennaio del 2016 (quindi 10 mesi dopo l’inizio della guerra saudita). Il numero non comprende quelli che sono morti di fame e di malattia.

da Nena news