Persecuzione politica, terrore, carcere preventivo e proibizione di uscita dal Paese per tutti gli ex-funzionari del Governo Correa
(nella foto, da sinistra: Rafael Correa, Lenín Moreno e Jorge Glas)
Da capire non è difficile, quanto non sia invece difficile scriverlo. L’America Latina è tornata agli anni settanta e l’Ecuador, la deriva antidemocratica, stavolta l’ha portata agli estremi, proprio come nel 2000 portò all’estrema conseguenza la ricetta neoliberista rinunciando alla moneta nazionale ed assumendo il dollaro statunitense.
Rafael Correa è vittima di più di 15 procedimenti giudiziari, che oltre a non avere nessuna base giuridica, non hanno neppure nessuna logica. È accusato, per esempio, di aver sovra-indebitato il paese. Ma fu proprio con Correa che il debito venne rinegoziato, dunque sostanzialmente diminuito. Nei confronti dell’ex-presidente, che si è trasferito in Belgio con la moglie belga come annunciato fin dal 2011, è stato ora richiesto un mandato di cattura internazionale nei suoi confronti.
Lenin Moreno ed il branco di politiqueros impreparati a cui ha ridato potere sembrano usciti dalla congrega dei festini che negli anni Novanta e nei primi anni del Duemila animavano il Palazzo Presidenziale, insieme a prostitute, diplomatici e spie statunitensi che governavano il paese. Moreno e i suoi servi-padroni hanno riportato l’Ecuador alla mediocrità del sottosviluppo, e lo stanno riconsegnando a quei poteri economici ed internazionali che ne hanno sempre fatto il buono e cattivo tempo, per spartirsi la piccola ma succulenta torta delle esportazioni del petrolio, delle banane, dei gamberetti, dei minerali, dei fiori, e poco altro.
La prima vittima sacrificale è il vicepresidente Jorge Glas, attuale vicepresidente di Lenin Moreno ed ex vicepresidente di Correa. La sua vita è davvero in pericolo. Glas, è oltre i 30 giorni di sciopero della fame. A seguito di un arresto illegale è stato irregolarmente spodestato dalla carica elettiva di vicepresidente, grazie ad un’alleanza tra destra e parte della sinistra (quella che ha accoltellato alle spalle Correa e sta con Lenin Moreno). Per rappresaglia, Glas è stato portato in un carcere di massima sicurezza, noto per l’incapacità di controllare i reclusi, senza acqua corrente, né servizi igienici, né riscaldamento, ma soprattutto con criminali comuni e senza scorta, né protezione. Un ex Vicepresidente, con segreti di Stato, con informazioni di interesse strategico della nazione, e chissà del continente, non può stare in un carcere comune senza protezione.
Ma la persecuzione continua: Ricardo Patiño (il ministro della rinegoziazione del debito, dell’espulsione dell’Ambasciatrice statunitense, dell’asilo politico ad Assange, etc.) è ora accusato di terrorismo per aver animato una manifestazione davanti al carcere dove è detenuto Glas. Fernando Alvarado, ex ministro della comunicazione, esiliato (costretto a fuggire) in un altro paese perché accusato di aver realizzato alcuni contratti o spese non necessarie mentre era ministro. Solo che l’accusa è arrivata solo dopo che Alvarado si è rifiutato di continuare a lavorare per il Governo di Moreno e si era schierato nettamente dalla parte di Correa, ancora una volta.
Così potremmo andare avanti, fino alla dichiarazione del Ministro Michelena: “Tutti gli ex funzionari, sia di rango medio che di rango alto, del precedente Governo di Correa non potranno lasciare il paese e si ricorrerà all’utilizzo straordinario della prigione preventiva”. Senza parlare delle percosse alle manifestazioni pubbliche e delle minacce ricevute dai militanti, da parte di esercito e polizia. Anche nei confronti di parlamentari.
Sono settimane che mi chiedono questo pezzo, e non riuscivo a scriverlo, perché è troppo doloroso imprimerlo su un foglio. La Revolucion Ciudadana, l’ho vissuta dall’inizio e ne conosco grandezze e debolezze. Le grandezze sono quelle che dovrebbero fare la storia della sinistra mondiale. Invece quest’ultima, almeno in Italia, ancora ostenta la sua puzza sotto al naso che la seppellirà per l’eternità.
Il governo di Rafael Correa ha dimostrato che lo Stato può essere efficiente, che le politiche economiche (redistributive ed espansive) possono dare la priorità ai poveri, allo sviluppo umano ed avere comunque (o meglio, grazie a queste!) ottimi risultati dal punto di vista dei fondamentali macroeconomici. Il governo di quel piccolo paese ha dimostrato al mondo che si può dire no al debito immorale, che si può limitare lo strapotere delle banche che hanno rubato i risparmi della classe media durante le operazioni di dollarizzazione e che volevano acquistare i debiti degli immigrati sfrattati in Spagna, per poi perseguitarli in patria (ma il Presidente Correa lo proibì).
L’Ecuador, che alcuni accusavano di non essere abbastanza rivoluzionario come desideravano loro, che la rivoluzione l’hanno vista solo in cartolina, ha dimostrato che si può reagire di fronte alle grandi multinazionali che deturpano il territorio e che umiliano un popolo. Ha anche dimostrato che il neoimperialismo si può limitare: ha salvato la vita di Juliane Assange e di Edward Snowden. Nell’interesse del mondo, quello veramente libero. Libero di pensare. È lo schiaffo all’imperialismo ed al neoliberismo che non si perdona a Correa ed alla sua squadra. Se la sinistra mondiale ha ancora un minimo di identità e dignità dovrebbe fare sua la bandiera della liberazione di Jorge Glas e del ritorno alla democrazia in Ecuador. Prima che sia troppo tardi.
Clicca qui per vedere il video dell’intervento di Rafael Correa, tenuto a Roma il 17 maggio scorso per denunciare l’attuale situazione in Ecuador