Comunicato n. 17 di Programma 101

Lo scontro decisivo è solo rimandato

1. Un compromesso compromettente
I prossimi mesi ci diranno se l’accordo tra il governo italiano e la CommissioneUe passerà alla storia come primo passo di un ripiegamento definitivo del governo gialloverde o, come riteniamo più probabile, preludio di una partita ancor più dura. Come ogni compromesso entrambi i contraenti hanno dovuto recedere dalle loro posizioni iniziali. Mentre la Commissione ha dovuto digerire una consistente redistribuzione del reddito a favore del popolo lavoratore e dei giovani (Reddito di cittadinanza, aumento delle pensioni minime e Quota 100 sulla Fornero), il governo italiano, in cambio, ha dovuto rivedere al ribasso i saldi di bilancio, tagliare gli investimenti pubblici previsti, accettare infine minacciose condizionalità (aumento dell’Iva). Dal punto di vista politico, contrariamente a quanto gridato per mesi, il governo ha permesso una nuova lesione del principio della sovranità nazionale.

2. L’Italia nel mirino di Bruxelles

La volontà punitiva nei confronti del nostro Paese è risultata chiara a tutti. Un modesto deficit del 2,4% (il quarto più basso degli ultimi quarant’anni!) è stato preso a pretesto per sviluppare una vera e propria campagna terroristica sul debito italiano. La minaccia di arrivare alle sanzioni contro l’Italia, mentre nessuno ha eccepito sul deficit francese destinato a salire oltre il 3%, ha mostrato la natura politica delle scelte di Bruxelles, la sua determinazione a umiliare il “governo populista”. Come avevamo ampiamente previsto, l’arma decisiva del blocco eurista è stato lo spread, mentre gli esecutori materiali del diktat Ue sono stati gli avvoltoi che hanno in mano i mercati finanziari internazionali.

3. Il mostro eurista, ferito ma feroce

Il punto è che il mostro eurista è sì ferito, ma ancora forte. Le difficoltà egli eurocrati sono evidenti: tracollo dei consensi per Merkel e Macron, con quest’ultimo costretto a significative concessioni al movimento dei Gilet gialli; il grande pasticcio della Brexit; la prevedibile crisi politica in Spagna; la fratturazione sempre più manifesta dell’Ue (più precisamente dell’asse Berlino-Parigi) verso nord, est e sud, e ad ovest. In mezzo a queste rovine, proprio perché ferita, alla Commissione non restava, che fare retromarcia consegnando tempo prezioso al governo giallo-verde.

4. Arretramento, non resa

La gestione della ritirata (che c’è da sperare sia solo tattica) da parte del governo è stata pasticciata e dilettantesca. E’ tuttavia sbagliato ogni paragone con la capitolazione di Tsipras nel 2015. Mentre allora la Grecia sottoscrisse un nuovo piano di austerità, consegnandosi alla Troika e massacrando il popolo ellenico, da noi, con misure parziali ma pur sempre vitali per milioni di cittadini (“Quota 100” e “Reddito di cittadinanza” entreranno comunque in vigore nel 2019), i diktat della Commissione, che ne chiedeva l’azzeramento, sono stati respinti. Non è la svolta attesa, ma potrebbe essere il punto di aggancio, nel prossimo periodo, ove i tecnocrati tornassero all’attacco, di un movimento popolare sul modello di quello francese dei Gilet gialli.

5. Non si esce dall’austerità con una moneta straniera come l’euro
La verità è che non può esserci una vera svolta, realizzare i diritti che il popolo esige, anzitutto quello al lavoro e ad un reddito dignitoso, senza riconquistare la sovranità politica e monetaria, senza rompere col “vincolo esterno” ed il blocco euro-liberista con i suoi addentellati nazionali . Le vicende di questo tormentato autunno 2018 sono lì a dimostrarcelo ancora una volta. Programma 101 non si è mai unito, né si unisce adesso, al coro dei sovranisti del “tutto e subito”, ma non si va alla guerra contro il nemico eurista senza essere pronti a tutti gli atti conseguenti che questo comporta. Dalla gabbia eurista non si uscirà né con l’attendismo né con i tatticismi esasperati, ma solo con una chiara visione strategica, con una volontà di ferro, con la capacità di spiegare al popolo i termini della questione, con la costruzione di un blocco compatto e pronto alla lotta, con uno spirito costituzionale e rifondativo tipo Cln.

6. L’inadeguatezza di Salvini e Di Maio alla prova dei fatti

Alla prova dei fatti i due vice-premier, e veri leader della maggioranza di governo, si sono dimostrati inadeguati. Dilettantismo, mancanza di coraggio, assenza di visione strategica, ricerca di un accordicchio pur di arrivare alle europee. Per sostenere lo scontro con l’Ue si sarebbe dovuto parlare il linguaggio della verità, non delle illusioni secondo cui alla fine tutto sarebbe andato bene. E su quella base si sarebbe dovuta costruire compattezza e mobilitazione. E’ evidente che l’accordo con l’Ue è stato siglato per prendere tempo, con la convinzione di ritrovarsi con un quadro più favorevole dopo il voto di maggio. E’ questa, secondo noi, una pericolosa illusione. Non sta scritto da nessuna parte che il blocco dei partiti europeisti subisca una sconfitta davvero decisiva. Certo, PPE e PSE arretreranno, ma altri raggruppamenti sistemici (i liberali, i verdi…) potrebbero compensare quel calo. Ma quel che è ancora più evidente è che la probabile affermazione delle forze “sovraniste” di destra in vari paesi, tra i quali la Germania, ben lungi dal “riformare” l’Ue, finirebbe soltanto per rendere ancora più aggressivo il nocciolo duro filo-tedesco sul quale l’Unione, sia pur malamente, si regge. E le cose per l’Italia non migliorerebbero di certo.

7. Opposizioni e sinistra sinistrata farebbero meglio a tacere

Se il giudizio sul governo ha da essere severo, durissimo dev’essere quello sulle opposizioni parlamentare e confindustriale. Forze massimamente responsabili del disastro degli ultimi 10 anni  e della sottomissione nazionale gridano alla “sovranità calpestata” e ad un parlamento svuotato delle sue funzioni. Da questo pulpito non è accettabile nessuna predica. Sono state proprio queste forze (Pd e Forza Italia in primo luogo) a condurre l’Italia laddove si trova. Loro la piena accettazione delle politiche austeritarie, la propaganda dell’Europa come il bene supremo, loro la sottoscrizione del Fiscal compact e l’approvazione del pareggio di bilancio in Costituzione.  Fortunatamente gli italiani non sono stupidi, e si ricorderanno a lungo di figuri come Renzi e Berlusconi. Ma se Pd e Forza Italia farebbero bene a tacere, tante ragioni di riflessione ci sarebbero anche per chi a sinistra continua ad immaginare la riformabilità dell’Unione europea. Se ne facciano una ragione: questo mostro non è riformabile, o se ne esce o si rimane nella gabbia disegnata dal neoliberismo subendone tutte le conseguenze del caso. Ed è grave che anche il governo giallo-verde abbia fatto suo il racconto ingannevole di… “un’altra Europa”.

8. Il governo tripartito alla resa dei conti

Fin dal giugno scorso abbiamo parlato di un governo tripartito. L’esecutivo Conte nacque infatti come compromesso tra M5S e Lega da un lato, Mattarella e le forze sistemiche che egli rappresenta dall’altro. La presenza di Tria e Moavero Milanesi è proprio lì a rappresentare, in due ministeri strategici, il peso della Quinta Colonna che i poteri sistemici allineati a Bruxelles hanno piazzato nel cuore del governo gialloverde. Questo terzo partito, che nessuno ha votato, esce sostanzialmente vincitore dalla trattativa con la Commissione europea. Di Maio e Salvini ne escono invece malconci. L’instabile equilibrio di questo strano tripartito è ora destinato a rompersi. Non sappiamo se una crisi formale si aprirà già nelle prossime settimane o se si arriverà alle elezioni europee di maggio, ma in ogni caso esso è destinato a saltare. Che questo avvenga per una rottura tra M5S e Lega, piuttosto che, come auspichiamo, attraverso una resa dei conti di questi due partiti con la Quinta Colonna mattarelliana è tutto da vedersi e tutt’altro che secondario.

9. Italia “osservato speciale” sotto speciali “clausole di salvaguardia”
Da giugno l’Italia è un “osservato speciale” agli occhi dell’oligarchia eurista. Resta e viene anzi resa più pesante la minaccia della Commissione di far scattare, l’anno prossimo, le famigerate “clausole di salvaguardia” — nel biennio 2020-21 l’IVA ordinaria dovrebbe aumentare dal 22 al 26,5%, quella ridotta dal 10 al 13%; il tutto per un incremento del gettito pari a 23 miliardi nel 2020, 29 miliardi nel 2021 — altrimenti si riaprirà  il “dossier sanzioni”. Potrebbe così accadere che quando i venti di una recessione globale inizieranno a spirare più forte, quando cioè ancor più necessarie sarebbero politiche espansive, l’Unione europea chiederà all’Italia politiche economiche di lacrime e sangue che affonderanno il nostro Paese, col rischio di obbligarlo, ad accettare “l’aiuto” della Ue e della Bce, ovvero di cadere in regime di protettorato. Che il governo giallo-verde, ammesso che si ancora in carica, accetterà questo crimine sociale è infatti improbabile. Lo scontro è quindi destinato a continuare.

10. Le lezioni di questi mesi
Tante sono le lezioni che ci vengono consegnate dalle vicende di questi mesi. La più importante, quella fondamentale, è quindi che l’Unione europea non è in alcun modo riformabile. Lo sosteniamo da sempre, ma stavolta milioni di persone lo hanno potuto toccare con mano. E, proprio in virtù di ciò, tanti di questi tenderanno ad una certa benevolenza verso il governo, visto come il “male minore” rispetto all’arroganza europea. Tutto questo è comprensibile, ma così com’è da tempo intollerabile ed intellettualmente disonesta l’idea di “un’altra Europa” —sia nella versione soft sostenuta dalle nostrane èlite, sia in quella più radicale (e dunque ancora più utopistica) albergante a sinistra —, altrettanto inaccettabile e intellettualmente disonesta l’idea di una “riforma” che scaturirebbe per via elettorale tra 5 mesi. La verità è che l’Unione europea è così, perché è nata per essere così. Nessuna vera riforma è dunque possibile. Se si vuol uscire da questa gabbia, se ne prenda atto e si agisca di conseguenza.

11. Il passo avanti che la Sinistra Patriottica non può rimandare
Siccome i nemici principali da battere per  guadagnare la sovranità nazionale e popolare restano l’Unione europea ed  il fronte euro-liberista, malgrado l’arretramento sancito con la Legge di bilancio, noi riconfermiamo la nostra posizione di appoggio tattico e critico al governo giallo-verde, e ribadiamo come imprescindibile costruire una forte e indipendente Sinistra Patriottica. Con i suoi chiaro-scuri l’arretramento del governo gialloverde ci consegna un quadro più difficile rispetto a quello di qualche mese fa. Al tempo stesso, però, esso non può essere che di stimolo alla costruzione di un soggetto politico della Sinistra Patriottica. Pur al minimo dei consensi, il blocco eurista rimane il nemico principale da vincere. Esso tuttavia potrà essere sconfitto, fino alla liberazione del Paese dalla dittatura eurocratica, se alla spinta populista espressa nelle urne si saprà dare una visione, una linea, una strategia ed una tattica. Il tutto nella prospettiva dell’attivizzazione delle masse, di una sollevazione popolare che dovrà dare la definitiva spallata al mostro eurista. Sta qui il salto che la Sinistra Patriottica deve compiere. Far scendere in campo un soggetto adeguato alla portata dello scontro può sembrare un’impresa più che ardua, lo è ma non è impossibile. Noi non pensiamo, peraltro, che la sinistra patriottica e socialista possa essere autosufficiente in uno scontro che si giocherà in un lasso di tempo prevedibilmente non lungo. Pensiamo però che essa sia indispensabile, componente essenziale e più avanzata di quel Comitato di liberazione nazionale che riteniamo dovrà nascere al momento dello scontro decisivo. Con le sue modeste forze, è a questo progetto che Programma 101 lavora da sempre. E’ questo progetto che nei prossimi mesi dovrà iniziare a farsi cosa concreta.

Comitato centrale di P101
Roma, 22 dicembre 2018

LA FRANCIA CHIAMA, L’ITALIA RISPONDE