Stabilito nel 2004, si è celebrato il 10 febbraio scorso il “giorno del ricordo”, non solo in memoria delle vittime delle foibe, ma anche dell’esodo giuliano-dalmata dopo la fine della seconda guerra mondiale. (Nella foto il comiziaccio di Tajani a Basovizza)

Con un editoriale su LIBERO di domenica scorsa Pietro Senaldi esulta e tesse sperticate lodi a Mattarella perché, in occasione del “giorno del ricordo”, avrebbe “finalmente liquidato il comunismo come un crimine al pari del nazismo”. Come dire, facciamo come in certi paesi dell’Est Europa: “mettiamo fuori legge chiunque si dichiari comunista”.

In verità Mattarella non si è spinto a tanto ma il suo discorso, che aveva al centro la condanna del “negazionismo” è stato effettivamente un discorso “negazionista”, ha cioè teso a NEGARE i crimini inenarrabili compiuti dal fascismo italiano, in combutta coi nazisti, dopo l’occupazione della Iugoslavia iniziata il 6 aprile 1941.

Le rappresaglie dei partigiani guidati da Tito furono in effetti implacabili. Di qui gli infoibamenti, soprattutto dopo il 1943 e fino al 1945. Vittime delle vendette dei partigiani, e su questo convergono la gran parte degli storici, furono tuttavia quegli italiani membri di formazioni militari, paramilitari, di polizia, o di esponenti politici fascisti, responsabili a vario livello del terribile regime d’occupazione.

Finita la guerra, ma questo è già un altro fenomeno, avvenne il cosiddetto “esodo” (1945-54) degli italiani da Istria e Dalmazia, il cui numero oscillò tra i 250 ed i 300mila, vittime anche diversi antifascisti. “Esodo” certo architettato dalle nuove autorità iugoslave ma anche incoraggiato da quelle italiane che puntavano ad usare i profughi come arma per tenere aperta la questione dei confini.

Fu questo esodo istriano-dalmato una “pulizia etnica”? Sì, lo fu, e fu un fenomeno riprorevole. Ma esso è da inquadrare nel contesto generale delle migrazioni forzate di interi popoli e/o nazionalità all’indomani della seconda guerra mondiale che comportò lo spostamento di oltre 30milioni di persone di ogni nazionalità (primi fra tutti di tedeschi).

Ora immaginate che i tedeschi (e ne avrebbero ben donde dato che parliamo di diversi milioni di espulsi e deportati dall’Est Europa) istituissero il loro “giorno del ricordo”. Insorgerebbero con un solo uomo polacchi, cecoslovacchi, ungheresi, romeni per condannare…. il revanchismo tedesco.

Ma guardiamo in faccia la realtà. Ciò che ha consentito all’Italietta di celebrare il “giorno del ricordo” è la catastrofe storica abbattutasi sulla Iugoslavia, scomparsa come stato negli anni ’90 del secolo scorso, anche a causa dell’aggressione della NATO con diretta partecipazione italiana.

E così abbiamo assistito, sempre il 10 febbraio all’inquietante e fascistoide discorso a Basovizza del berlusconide Tajani. Questo scellerato, che funge addirittura da Presidente del Parlamento europeo, ha concluso il suo comizietto al grido di “Viva l’Istria e la Dalmazia italiana”. Inevitabile è scoppiato un incidente diplomatico con Slovenia e Croazia. Incidente astutamente tacitato dai media italiani malgrado sia ben più grave di quello con la Francia di Macron.

Tirando le somme emerge tutta la miseria dell’élite politica italiana, che mentre in nome dell’europeismo ha ceduto le leve principali della sovranità nazionale, e quindi alimentato quelli che chiama “populismi nazionalisti”, cerca di ridarsi un contegno nazionale sfoderando un patriottismo improbabile e fuori tempo massimo.

Siamo proprio al ridicolo…

 

da Sollevazione