Non sanno più cosa inventarsi per denigrare la Brexit

Anziché preoccuparsi per i disastri causati dall’euro agli italiani – 4.325 miliardi (quattromilatrecentoventicinque) di Pil in meno a causa della moneta unica, secondo l’ultimo studio tedesco – la stampa del Belpaese è angosciata dalla Brexit.

Sul tema sono quasi tre anni che ne sentiamo di tutte: crollo dell’economia, dell’occupazione e della sterlina, fuga delle multinazionali, problemi per gli stranieri che lì lavorano. Addirittura code inenarrabili di Tir a Dover, difficoltà negli aeroporti e pure negli approvvigionamenti alimentari. Insomma, sembra quasi che fuori dalla UE nulla possa funzionare, come certo possono testimoniare gli svizzeri o i norvegesi…

Questa narrazione è assurda quanto universale, almeno in Europa. E ciò è normale nel regno della totale assurdità denominato appunto Unione Europea. Da qui la gara dei giornali del continente a chi la spara più grossa.

Ecco allora l’ultima della serie: «Con la Brexit verdura e frutta troppo care: previsti oltre 12mila infarti in più in 10 anni». Questo il serissimo titolo del Corriere della Sera, che riprende uno studio inglese, pubblicato su BMJ Open e diretto da un professore dell’Imperial College di Londra.

La cosa è talmente comica da non meritare troppe parole. E, leggendo tra le righe, gli stessi autori dello studio ammettono in buona sostanza l’aleatorietà degli scenari presi in esame. Ovviamente tutto si regge sull’ipotesi di un aumento dei prezzi, con relativa caduta dei consumi. Ma perché i prezzi di frutta e verdura dovrebbero aumentare? La Gran Bretagna importa l’84% della frutta ed il 43% della verdura consumata, ma nessuno a Londra ipotizza nuovi dazi doganali per le banane o le arance. E difatti non è su questo che si basa lo studio, bensì su ipotetici aumenti dei prezzi causati da non meglio precisate “verifiche relative all’origine” e dai “controlli delle norme tecniche“. Come chiunque può capire, tutti problemi facilmente risolvibili con nuovi accordi commerciali una volta usciti dall’UE.

Ma qui lo scopo degli autori dello studio – che abbia ragione Lancet sul fatto che buona parte delle ricerche nel campo medico sono manipolate? – è ben diverso dalla tutela della salute. Il loro obiettivo, e quello dei mezzi di “informazione” che l’hanno rilanciato, è sempre il solito quando si parla di Brexit: instillare paura, paura ed ancora paura. Nient’altro sanno fanno fare ormai le cosiddette “èlite”.

Del resto la loro malafede è evidente. Sappiamo tutti come la qualità dell’alimentazione incida, e non poco, sulla salute delle persone. Bene, ma allora perché, anziché dedicarsi a strampalati calcoli sulla Brexit, non si spende qualche parola sul crollo dei salari, delle pensioni, della qualità della vita, imposto dal modello neoliberista? Perché non si parla della povertà diffusa che la religione del mercato ha portato in Gran Bretagna come in Italia? Che forse questi fenomeni non hanno peggiorato la qualità del cibo di milioni di persone?

Già, chissà perché di questo non parlano… Non sarà mica perché gli autori di certi studi, come i loro diffusori sui media, di quei milioni non fanno parte? Sta di fatto che lorsignori si preoccupano dei poveri solo per denigrare la Brexit, cioè per calpestare la volontà popolare del referendum del 2016.

Non sappiamo adesso come andranno le cose in vista dell’uscita dall’UE prevista per il 29 marzo. La politica britannica è confusa come mai accaduto finora. E pure i sostenitori della Brexit non stanno dando grande prova di se. Ma, con argomenti come quello di cui ci siamo occupati, possiamo davvero dire che le èlite europeiste siano ormai giunte alla frutta.

Che Brexit sia, finalmente!