Non se ne può più. La recessione è ormai una certezza, i dati sui costi dell’euro sono spaventosi, quelli sull’andamento dei salari pure (e la Cgil se ne è accorta solo ora…), ma in Italia si discute del Tav. Dall’Europa arrivano minacce a raffica, il Paese rischia di essere costretto a nuove torture austeritarie, ma governo ed opposizione discutono del Tav, quasi fosse questo lo snodo decisivo per le future sorti.
Ma vi pare normale? Vi pare normale che un progetto che è lì da trent’anni perché non ha mai corrisposto ad un’esigenza vera, diventi all’improvviso il toccasana di cui c’è bisogno? La verità è che lo si faccia oppure no nulla di sostanziale davvero cambierà.
La verità è che sono le èlite euriste a scegliere l’agenda del dibattito pubblico. In questo senso il Tav è un’arma di distrazione di massa, un modo per far implodere il governo, un trucco per occultare i veri problemi.
In realtà il governo non cadrà su questo. Il carteggio che potete leggere qui, tra il governo italiano e la Telt (società incaricata di gestire la realizzazione della Lione-Torino) ci dice quale sia il nuovo compromesso. Domani la Telt emetterà i cosiddetti bandi, in realtà semplici “avis dé marchés” (cioè inviti a presentare candidature) come sottolinea in francese la società dalla sua sede parigina. Ma il governo, attraverso una lettera di Conte, ha fissato sulla carta alcuni paletti, riservandosi (senza oneri e senza accettare alcun vincolo giuridico) la decisione di ultima istanza. Paletti che la Telt ha esplicitamente accettato.
Non addentriamoci ora sui particolari di questo compromesso. Di certo i Cinque Stelle diranno di aver vinto e la Lega pure, mentre i giornaloni ci spiegheranno un’altra volta che si tratta di una vittoria di Salvini. A noi non pare che sia esattamente così. Il problema è che in parlamento i Cinque Stelle sono i soli contro il Tav. Al momento possono solo frenare il progetto, non cancellarlo. Questi sono i rapporti di forza reali, è così difficile capirlo? Ma lasciamo perdere.
Quel che qui ci interessa è ben altro. Basta con il Tav! Basta col farsi imporre l’agenda dall’avversario.
Sia Salvini che Di Maio devono stare attenti. Il primo è certamente sotto la pressione dei capibastoni del nord, del tutto interni all’elitario “Partito del Pil”, il cui scopo fondamentale è quello di riportare nelle stanze del governo gli uomini di sempre. Il secondo fa bene a difendere le posizioni di M5S, ma sbaglierebbe ad aprire la crisi sul Tav. Altri sono i punti su cui arrivare eventualmente al redde rationem con la Lega, primo tra tutti il “regionalismo differenziato”.
Bene o male, ma certamente assai meglio di quanto auspicavano i detrattori di ogni risma, Quota 100 e Reddito di cittadinanza sono partiti. Non è poco, dato che si tratta dei due provvedimenti simbolo del cambiamento promesso. Misure insufficienti certo, ma misure importanti che vanno comunque nella giusta direzione. E’ anche per occultare questi successi che le èlite hanno deciso che bisognava parlare del Tav.
Adesso però lo sguardo va rivolto più a nord, al prossimo scontro con l’oligarchia eurista. Lo scorso anno un compromesso è stato raggiunto, quest’anno scordiamocelo. E soprattutto togliamo di mezzo ogni illusione sui cambiamenti legati all’elezione del nuovo parlamento europeo. L’Unione europea non funziona come uno stato democratico: non è uno Stato, tantomeno è democratica. L’Unione europea è teoricamente un’unione di Stati, praticamente una gabbia antidemocratica a dominanza tedesca.
Il quadro che si preannuncia è dunque nitido: o il governo va verso la Caporetto di una resa totale, o lo scontro sarà inevitabile. Ma questa partita non si giocherà solo dopo le europee, solo con la Legge di bilancio. Essa inizierà a giocarsi con il DEF, che dovrà essere presentato già ad aprile, ma dipenderà da tanti fattori: primo tra tutti il coraggio di affrontare davvero la battaglia decisiva con Bruxelles, Berlino e Francoforte.
C’è o non c’é nel governo questo coraggio? Se non c’è inutile parlare di Tav, che resterebbe solo da alzare la bandiera bianca. Se c’è, come ci auguriamo, è lì che va concentrata tutta l’attenzione, tutta la comunicazione, tutta la mobilitazione. Altro che Tav!