C’è qualcosa che non quadra in questo casino sul Memorandum of Understanding (MoU –Memorandum d’Intesa) che l’Italia dovrebbe essere sottoscrivere con la Cina in merito alla “Nuova via della seta“ o Belt and Road Initiative (BRI) — il grande progetto con cui Pechino punta a rilanciare la connettività infrastrutturale e commerciale della grande massa continentale eurasiatica e a edificare una nuova architettura economico-commerciale. Conviene all’Italia diventare un partner strategico di Pechino? Secondo noi certamente sì.
Come un sol uomo, contro l’accordo tra Italia e Cina, stanno lanciando strali la Casa Bianca e la Commissione europea —quindi in Italia Pd e camerieri vari, tra cui Matteo Salvini e la Meloni. Due le parole chiave: “minaccia” e “rischio”: “Sono minacciati i valori economici dell’Occidente democratico” e “col 5G della Huawei è a rischio la sicurezza nazionale”.
La piddina Mogherini, “Alto” commissario, e Katainen rincarano la dose:
«La Cina è oramai un avversario sistemico che ha modelli di governance diversi, dobbiamo difendere principi e valori… sono a rischio la prosperità, il modello sociale e i valori della Ue nel lungo periodo…. Nessuno può effettivamente raggiungere i propri obbiettivi con la Cina da solo, tutti hanno la responsabilità di assicurare il rispetto del diritto e delle pratiche europee»
[Corriere della sera del 12 marzo]
Che è come dire che all’Italia, già duramente penalizzata dalla moneta unica e dalle regole euriste, dev’essere impedito di perseguire una politica commerciale ed estera sovrana.
Quindi la Commissione si lamenta che le aziende europee: «… scontano un deficit di competitività poiché quelle cinesi hanno alle spalle o lo Stato o enormi sussidi pubblici oltre che differenti standard aziendali e sindacali».
Quel che si dice far la pipì fuori dal vaso. Senza accorgersene i soloni della Commissione europea ammettono che il loro tanto decantato efficientismo liberista ha fatto fallimento, che non regge lo scontro col capitalismo made in China, a causa del ruolo centrale dello Stato che là non si genuflette al mercato ma tenta di regolarlo e perché Pechino ha il pieno controllo del sistema bancario e se ne sbatte del “pareggio di bilancio”. Per quanto concerne i salari ed i diritti dei lavoratori vale ricordare che essi in Cina sono triplicati in un ventennio e mentre qui da noi i salari stanno scendendo ed i diritti che c’erano una volta sono oramai un miraggio.
DUE PESI E DUE MISURE
Non si possono dunque, per gli eurocrati, fare affare con la Repubblica popolare cinese, anche perché, dice sempre la Commissione europea, ci sono di mezzo “i diritti umani che la Cina calpesta” e infine, udite! udite! per una questione di “cambiamenti climatici, visto che la Cina sarebbe “il più grande produttore di emissioni di carbonio”.Ci sarebbe da far notare a lorsignori che gli Stati Uniti, tanto dopo che Trump ha stracciato gli accordi di Parigi sul clima, sono il secondo produttore subito dopo la Cina, e malgrado ciò non solo si fanno affaroni con gli Stati Uniti, ma si continua, in nome dalla “solidarietà atlantica” ad essere loro strettissimi alleati. Per non parlare degli affari, e dei legami strategici, che l’Unione europea, Italia compresa, intrattiene col fior fiore dei paesi in cui i diritti umani vengono calpestati o sono responsabili di politiche razziste e guerrafondaie, tre esempi su tutti: Israele, Arabia Saudita e Ucraina.
SENTI CHI PARLA!
Ci sono altre chicche nelle raccomandazioni della Commissione europea al governo italiano per impedirgli (anche in questo campo) di perseguire l’interesse nazionale.Ad un certo punto si dice che l’espansione cinese sarebbe dannosa per i paesi africani poiché: «gli investimenti cinesi si trasformano spesso in alto livello di indebitamento e nel trasferimento del controllo di risorse e asset strategici».
Ah! Ah! Ah! I lupi di Bruxelles, travestiti da agnelli che compiono una descrizione perfetta delle politiche colonialiste e poi imperialiste con cui l’Occidente, depredando le genti del Sud del mondo, ha alimentato la bestia del suo capitalismo vorace. Davvero formidabile la chicca sul debito: vero che la Cina non va in Africa (e altrove) a far regali, che segue un modus operandi predatorio, che pone i propri interessi davanti a quelli dei partner, che i vende i suoi investimenti a prezzi salati (sempre meno di quelli occidentali). Ma che dire del capitalismo casinò, del capitalismo iper-finanziarizzato, che proprio sul ricatto del debito si basa? Che col debito ricatta stati e compra governi? Che dire dell’Unione europea che a causa del pretesto del debito ha affondato una intera nazione, la Grecia, e che col motivo del debito ha sequestrato la sovranità italiana e di altri paesi?
CHI SPIA CHI?
L’ultimo motivo di chi vuole far recedere il governo Conte, ed anzitutto i 5 Stelle, costringendoli a stracciare l’Intesa con la Cina è quello del 5G, lo standard di ultima generazione dove Huawei e Zte sono aziende fortissime in termini di competitività e brevetti.Com’è noto la Casa Bianca ha già stabilito che Huawei negli USA non entra perché “con i suoi telefoni la Cina spia il mondo”. Gli americani vorrebbero che il colosso cinese fornisse loro le chiavi di decriptazione dei loro sistemi. Richiesta che Huawei si rifiuta giustamente di soddisfare, per la semplice ragione che ove lo facesse finirebbe per azzerare il vantaggio che oggi ha sui suoi concorrenti (americani).Sta di fatto che l’amministrazione americana ha apertamente messo in guardia l’Italia (e nel caso la Germania), pena ritorsioni, dall’adottare le tecnologie cinesi per il 5G — il che significa utilizzare solo quella a stelle e striscie. C’è chi fa notare la natura pretestuosa della pressione americana, visto che Huawei vende in Italia telefoni e router a migliaia di aziende, Tim compresa.
Ammettiamo ora che sia vero che via Huawei Pechino voglia spiarci. Che forse oggi gli americani non ci spiano? E’ un segreto di pulcinella non solo che Google, facebook, Amazon, Apple e Microsoft origlino e sorveglino miliardi di cittadini, che questi colossi passino poi le loro sterminate informazioni agli organismi di sicurezza come Nsa, Cia ecc. E non è un segreto che l’Unione europea dovette sostituire tutti i computer Microsoft a Bruxelles poiché attraverso essi gli USA spiavano sistematicamente i lavori della Commissione europea e tutti i suoi dipartimenti. Com’è noto che aveva servizi segreti americani spiino addirittura governi e capi di stato — tra cui la stessa Merkel. Vogliamo poi parlare della NATO e delle centinaia di basi militari americani disseminate in Europa? Non si tratta forse di strumenti con cui gli USA ci obbligano ad una sovranità limitata?
Insomma, gli americani sono gli ultimi a poter dare lezioni di fair play, non credibili quando chiedono il rispetto delle regole. Essi sono i primi a violare la sicurezza e la sovranità degli altri stati.
SALVINI L’ATLANTISTA
Per cui è davvero patetico che anche Matteo Salvini si sia allineato al “partito americano”, mettendo in difficoltà non solo Conte e Di Maio ma lo stesso Michele Geraci che per mesi han lavorato all’intesa con Pechino. C’è chi si era illuso su questo “sovranista” e si stupisce per l’atto di fede atlantista di Salvini, — già dimenticato ha dimenticato il suo viaggio Israele? Già scordato il voltafaccia salviniano sulle sanzioni alla Russia ed altre porcherie in politica estera?
Insomma, ben fa il governo, in barba alle minacce USA ed ai mugugni di Piddini, Berluscones e Salvini, ad allacciare più solide relazioni commerciali con la Cina. Ciò non solo è nell’interesse del Paese, ma va fatto e può essere fatto senza cedere un millimetro di sovranità nazionale. Basta volerlo davvero, ovvero compiere un duplice gesto di disobbedienza, agli USA e alla Commissione europea.