W l’Amerika! Abbasso la Cina!

Ci siamo già occupati dell’intesa Italia-Cina QUI e QUI.


Ci torniamo sopra dopo aver letto quanto scritto da Giulio Sapelli giorni addietro. Il suo, dopo quello di Salvini, è l’attacco più virulento contro la stipula degli accordi in questione.
Nel titolo del pezzo di Sapelli è riassunto il suo pensiero: «DIETRO XI JINPING/Quel che Mattarella e Conte non hanno capito del nuovo Mao. L’Europa è sempre più divisa e in difficoltà. Ciò aiuta i disegni egemonici e imperialisti della Cina di Xi Jinping in lotta con gli Usa».

Non siamo stupiti, sapevamo che l’euroscetticismo del Sapelli è direttamente proporzionale al suo sfegatato atlantismo, quindi l’idea di un’Unione europea non a trazione tedesca ma fedele e supina alleata degli stati Uniti.

Ed infatti l’articolo, dopo le sperticate lodi alla “democrazia più bella e antica del mondo”, [1] quella inglese s’intende, Sapelli scrive:

«Quando sarebbe il tempo dell’unità tra le nazioni europee e di un volto unico da presentare all’attivismo geopolitico cinese, si perde la bussola e il lavorio disoft power fatto nelle classi politiche ed economiche vendidore [qui Sapelli voleva forse dire Compradores, Nda] sale a galla; e così giungiamo alla situazione attuale, quando non si commercia soltanto più, ma si rischia di rompere alleanze essenziali per il nostro interesse prevalente (come avrebbe detto Dino Grandi), schierandosi di fatto in polemica con gli Usa.Gli Usa che sono alla ricerca non di un riequilibrio commerciale con la Cina, ma di un riequilibrio di potenza e quindi hanno bisogno di ricostruire, dopo decenni di folle unilateralismo, una entente cordiale di tutto l’Occidente contro il neo-imperialismo cinese. L’Europa dovrebbe essere l’antemurale di questa nuova guerra fredda e invece è il ventre molle in cui affondare il coltello delle divisioni intra-nazionali, esercizio neo-imperiale in cui il gruppo dirigente cinese neo-maoista è esperto».

Chiaro no? A parte la baggianata secondo cui, dopo il ciclo di Deng, quello Xi Jinping sarebbe un “ritorno al maoismo” (sic!), il nostro invoca, nella nuova “guerra fredda” contro la Cina, la massima unità di “tutto l’Occidente”, e dunque condanna il governo Conte per lesa maestà verso Stati Uniti e Unione europea, per aver rotto il fronte unito anti-cinese e per fare da apripista al “neo-imperialismo cinese”:

«Le rivalità nazionali sono acuite dall’offensiva di una Cina in grave recessione e in un disordine politico sempre più accentuato e che cerca, con il suo gruppo dirigente alla cuspide, di sfruttare le rivalità europee per ampliare il suo potere di penetrazione. L’Italia è in prima fila in questo sgretolamento proprio provocandole, quelle rivalità intra-nazionali che non fanno bene a nessuno, essendo la prima nazione dei G7 che stringe non un accordo commerciale, ma, di fatto, politico con la Cina non meditando sulla ritirata dalla cosiddetta Via della Seta delle nazioni del Sud-Est asiatico e di molti Stati africani che iniziano a voler sfuggire dall’imperialismo da debito cinese». [sottolineatura nostra]

Morale: Roma è colpevole per aver pugnalato alle spalle i suoi alleati europei e americano e… che Dio ce ne scampi dallo sgretolamento dell’Unione europea!
Come tutti quelli che hanno condannato l’Intesa Italia-Cina, neanche Sapelli entra nel merito degli accordi. Perché non la fa? Semplice: perché non può negare che l’intesa con la Cina porta grandi benefici economici all’Italia. Tanto vale dunque suonare l’allarme geopolitico. A posto dall’amor patrio, l’amor atlantista, per cui va bene restare non solo nella gabbia eurocratica, ma sotto il giogo di Zio Tom e restare un Paese a sovranità limitata. E a proposito di geopolitica: ben venga che l’amicizia con la Cina aiuti il nostro Paese a divincolarsi sia dalla tutela a stelle e strisce, che dalla dalla morsa eurotedesca.

Nb

Sapelli definisce quello cinese un “imperialismo da debito”, lasciando intendere che tra le more degli accordi con Pechino ci sarebbe l’impegno della Cina a comprare titoli di stato italiani. Ohibò?! Che forse non sarebbe un bene per il nostro Paese che Pechino ci giunga in soccorso in caso di speculazione della finanza predatoria (occidentale) e per fermare la mannaia dello spread?

NOTE


[1] «C’è un grade disordine sotto il cielo. Il Regno Unito continua a subire la dissoluzione di un sistema politico unico al mondo e indicato come modello da tutti i fautori della sincronia tra stabilità governativa e ciclo economico espansivo. Il collegio uninominale, la forza di radicamento di partiti secolari, un giusto mix di antico regime (i Lords) e di democrazia parlamentare schietta e governata da un premier che è il sovrano ultimo più potente al mondo (scioglie le camere quando vuole e ha una “frusta” dei parlamentari che applica un regolamento tra i più stringenti al mondo): ecco il sogno di ogni politologo che vede nel modello Westminster l’archetipo della governabilità».