* Full Brexit è un gruppo di accademici britannici di cui fanno parte Costas Lapavitsas (che avremo come relatore all’incontro del 13 aprile a Roma) Maurice Glasman, Mary Davis, Chris Bickerton, Wolfgang Streeck and Richard Tuck.
PER SCONFIGGERE L’ESTREMA DESTRA, LA SINISTRA DEVE ABBRACCIARE UNA BREXIT SOCIALISTA E INTERNAZIONALISTA. L’UNIONE EUROPEA È THATCHERISMO IN UN CONTINENTE: LA CONVINZIONE CHE POSSA ESSERE RIFORMATA DALL’INTERNO È ILLUSORIA
Paul Mason ha dato un contributo importante al dibattito di sinistra sulla Brexit. È un contributo importante perché Mason è, a sinistra, il sostenitore più accanito della UE: un’organizzazione capitalista antidemocratica che è diventata un pilastro della globalizzazione e un motore della disuguaglianza. Il suo pezzo era pieno della solita tattica maccartista di colpevolizzazione contro coloro che si oppongono all’UE. L’attacco di Mason a Eddie Dempsey, un sindacalista antifascista, è stato un classico esempio di questo. È fondamentale, a sinistra, andare oltre questo tipo di politica.
Mason ha ragione nel dire che c’è una brutta minaccia di una reazione di destra. Ma la verità è che questa minaccia si intensificherà se la Brexit venisse abbandonata. La decisione di lasciare l’UE è stata presa in un referendum che è stato il più partecipato della storia britannica. Questa non era certamente un’espressione politica d’estrema destra, ma la scelta consapevole di milioni di elettori laburisti e conservatori. Se il voto non può produrre cambiamenti che ne è della nostra politica? Noi sosteniamo la priorità della democrazia. Alle ultime elezioni generali, entrambi i principali partiti hanno pubblicato programmi promettendo di rispettare il risultato del referendum. Il voto di Ukip è crollato e il voto laburista è tornato in vigore. È la riluttanza della classe dominante a compiere la Brexit, e non la Brexit stessa, che sta suscitando la rabbia popolare.
È anche vero che la sinistra non è stata in grado di articolare una battaglia intorno a una visione democratica del rinnovamento nazionale. Parte del problema è che la sinistra euroscettica del Labour, precedentemente trasportata da Barbara Castle, Tony Benn, Michael Foot e Jeremy Corbyn, è stata soffocata dalle responsabilità della leadership, mentre la destra euroscettica del partito, quella di da Hugh Gaitskell, Denis Healey, Peter Shore ed Ernest Bevin, è stata eclissata dalla progressiva globalizzazione della “Terza Via” blairiana. Il risultato è stat, all’interno del Labour, un’assenza di leadership sulle possibilità democratiche e socialiste della Brexit, Labour che non ha contrastato la campagna di denuncia degli elettori della Brexit e sostenitori del Labour come “xenofobi e razzisti”. Noi siamo invece dalla loro parte, col loro voto e la prospettiva socialista che sta nel ripristino della sovranità democratica.
La tesi di Mason è la classica profezia che si autoavvera in quanto abbandona il terreno della contestazione democratica sul significato della Brexit e poi denuncia tutti coloro che non sono d’accordo con lui come giocatori nelle mani del fascismo. Mason ha adottato la tattica di Hillary Clinton per ridurre gli elettori della Brexit a un “branco di miserabili” [basket of deplorable]. E’ proprio così che si lascia spazio all’estrema destra ed ai suoi sentimenti politici.
Il nostro secondo punto è che ovunque la sinistra socialdemocratica ha adottato una politica europeista in Europa è stata decimata. In Francia è quasi scomparsa, in Olanda e in Belgio è ormai marginale, in Germania il Partito socialdemocratico è apripista di Alternative für Deutschland nelle urne, e in Italia le forze combinate delle grandi tradizioni comuniste e socialiste non raccolgono nemmeno la metà del voti del Movimento cinque stelle il cui motto era “andate affanculo”. La paralisi collettiva della sinistra continentale, in particolare della sua ala socialdemocratica, è una storia ammonitrice del costo dell’abbandono delle possibilità di un cambiamento democratico all’interno dello stato nazione. Vi sono forti limitazioni a ciò che può essere raggiunto all’interno dell’UE e gli elettori della classe operaia lo sanno.
L’alternativa a questa storia è stata brevemente rappresentata dal Labour sotto Corbyn alle ultime elezioni generali, quando il partito si è impegnato a “rispettare il risultato del referendum” e ha proposto politiche che erano chiaramente contrarie ai vincoli del Trattato di Lisbona. Questo è stato successivamente minacciato dalla deriva verso Remain. Il Labour avrebbe potuto guidare una campagna democratica favorevole alla Brexit, ma si è rifiutato di farlo. Ancora una volta, le conseguenze di questo inevitabilmente favoriscono la destra.
Il consenso emergente sul Remain, guidato da Labour, si basa sulla nozione della Terza Via per cui l’obiettivo primario della nostra politica sarebbe quello di preservare e proteggere i lati buoni del capitalismo. Il capitalismo, tuttavia, è un sistema economico vorace e e robusto, che non richiede la cura tenera della protezione costituzionale. La democrazia, al contrario, è il mezzo migliore per resistere al suo dominio e ciò non è possibile entro il perimetro della UE. La Ue genera depressione politica e delusione, o alla rabbia del tradimento. Niente di questo può essere descritto come una “narrazione di speranza”. È invece una promessa vuota che porta al disincanto.
Ciò riguarda la terza illusione della sinistra pro-UE; il suo rifiuto di riconoscere l’impossibilità di riformare la UE. I sinistri pro-euro anno costruito una posizione attorno allo slogan “rimanere e riformare” (Mason) o “rivolta e trasformazione” (il ministro ombra laburista Clive Lewis), ciò che è chiaramente impossibile all’interno delle strutture dei trattati di Maastricht e di Lisbona.
L’UE si basa sulla sul trattato giuridico per cui la Corte di giustizia europea (CGE) è l’autorità suprema della nella risoluzione delle controversie. I trattati si basano sulla priorità delle “quattro libertà” (di beni, persone, servizi e capitali) e delle norme della CGE di conseguenza. Trasformare questi trattati in una direzione socialista è effettivamente impossibile. Almeno 15 governi socialisti avrebbero bisogno di essere eletti simultaneamente anche per avviare il cambio dei trattati, e il requisito del “consenso” in qualsiasi convenzione successiva, e di ratifica unanime, consente il veto di qualsiasi stato membro. L’esperienza di Syriza in Grecia è una prova fattuale della disperazione dell’approccio “rimanere e riformare”.
La sua argomentazione secondo cui il thatcherismo in un singolo paese è cattiva cosa è ovviamente corretta, ma non riesce a vedere che il thatcherismo in un continente è chiaramente peggiore. Questo è il motivo per cui ci opponiamo all’UE.
C’è una profonda distinzione tra globalizzazione e internazionalismo. Il movimento operaio e la sinistra in generale farebbero bene a ricordarselo. La UE è una forza globalizzante che subordina il lavoro al capitale e la democrazia ai trattati. Non non dobbiamo i nostri diritti del lavoro o lo stato sociale alla UE ma alla lotta politica più che secolare del movimento operaio.
Stiamo vivendo un interregno, un periodo che Antonio Gramsci ha descritto come un tempo in cui “il vecchio è morto e il nuovo non può nascere, quando c’è una fraternizzazione di opposti e tutti i tipi di sintomi morbosi persistono”. Uno di questi sintomi morbosi è il servilismo della sinistra nei confronti del mercato unico, dell’unione doganale e della sovranità della CGE; verso l’eternità capitalista dell’UE. Abbiamo invece bisogno di una politica costruita attorno alla democrazia, alle riforme economiche radicali e all’internazionalismo.
Il modo per sconfiggere l’estrema destra è che la sinistra abbracci una Brexit internazionalista e democratica.
da sollevAzione
* Fonte: NewStatesman del 4 aprile
** Traduzione a cura della redazione