Due sono i fatti che oggi balzano alla cronaca. Lo smantellamento, al Salone del libro di Torino, della casa editrice neofascista Altaforte, e la dura contestazione di Virginia Raggi nel quartiere di Casal Bruciato a Roma.

Due fatti distanti e di diversissima natura e tuttavia il circo mediatico ha avuto facile gioco e connettere ad un unico filo conduttore: l’antifascismo.

Nel primo caso, quello di Torino è stato tolto lo stand ad una piccola casa editrice legata ai “fascisti del terzo millennio”. Nel secondo caso ancora Casa Pound protagonista perché si è fiondata sulla protesta di alcuni abitanti di Casal Bruciato contro l’assegnazione di un alloggio ad una famiglia rom italiana (sottolineo italiana).

Per la cronaca: CP è riuscita a presentare liste alle europee saltando l’improba raccolta di firme grazie alla cortesia di un parlamentare ungherese, quindi, sempre per la cronaca, CP, tanto per non smentirsi, va in alleanza con la lista almirantiana e finta pro-Forconi “Destre Unite”.

Sul primo caso c’è poco da dire: si tratta di una sciatta operazione di censura politica e ideologica, compiuta in nome dell’antifascismo di regime. Un antifascismo con cui la sinistra patriottica non ha nulla a che spartire, e non solo perché si è risolta in uno spettacolare spot a favore di una minuscola casa editrice di cui basta guarda i titoli per capirne il penoso livello culturale. Dalle parti della sinistra radicale (che un tempo gridava allo “antifascismo militante” per distinguerlo da quello di regime) si esulta per l’atto censorio, a dimostrazione che essa va a rimorchio del potere neoliberista ed ha perso ogni barlume di autonomia.

Fiancheggiare l’antifascismo del regime liberal-liberista, apparire come collusi con esso, non solo è un modo sbagliato di fare antifascismo, è molto peggio, significa spianare la strada alla crescita dei neofascisti, che ogni volta che simili sodalizi si manifestano, vanno infatti in brodo di giuggiole. Andare a rimorchio dell’élite di regime significa di fatto agire da fiancheggiatori dei neofascisti.

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Simile, pur essendo il contesto del tutto diverso, il tranello in cui gli antifascisti di sinistra sono caduti a Casal Bruciato — come del resto già avvenne nel 2014 a Tor Sapienza, a Torre Maura e sempre a Casal Bruciato un mese fa.

Alcune periferie di Roma sono una vera e propria polveriera sociale. Casal Bruciato (qui il PCI, ai tempi, aveva la maggioranza assoluta, poi passata al M5S che ha ottenuto il 70%) non fa eccezione.
«Cassonetti cappottati e stracarichi di pattume, strade crivellate di buche, giardini per bambini ridotti a grovigli di vegetazione informe, corse dei bus depennate dall’oggi al domani… i bagni del centro anziani dove si gioca a briscola chiusi e così tutto attorno è diventato un orinatoio.. ogni tanto sparatorie in strada». [IL MESSAGGERO del 9 maggio]

Aggiungete il dissesto dei condomini di proprietà pubblica. Aggiungete che tantissimi, non solo giovani, campano di lavoretti precari o sono disoccupati cronici; aggiungete il dissesto della scuola pubblica e del sistema sanitario; aggiungete la pandemia dello spaccio illegale di droga con cui in molti campano; ed avrete un’idea che si è seduto sopra un vulcano.

In questa polveriera basta una piccola miccia affinché esploda la rabbia degli abitanti. Ancora una volta questa miccia è stata l’assegnazione di un appartamento ad una famiglia italiana di etnia rom. Ancora una volta alcuni residenti hanno cercato di impedire che questa vi si installasse. Si tratta di xenofobia? Certo che sì. Se non si fosse trattato di rom è sicuro che la protesta non ci sarebbe stata. I neofascisti come al solito sono piombati sul quartiere tentando di mettere il cappello su di essa.

La malcapitata sindaca Raggi ha fatto una figuraccia senza precedenti. Lì proprio dove solo poco tempo fa aveva fatto il pieno di voti quasi veniva linciata non fosse stato per le forze di polizia. E’ andata a dire, pensate un po’, che “La legge si rispetta!”. Una donna le ha gridato in faccia:
«Non sei la nostra sindaca, sei una buffona, la gente che muore di fame non la guardi, vieni qua per i rom, vergogna! E noi che t’abbiamo pure votato, siamo stati dei cretini!»

E’ in questo casino che si sono fulmineamente infilati i neofascisti di Casa Pound con il loro presidio. E solo a questo punto è arrivata la contro manifestazione degli antifa e di parte del movimento di lotta per la casa — che in troppi casi appare come una specie di comitato di soccorso per soli immigrati. Scene già viste.

Servono queste pratiche a costruire un blocco popolare rivoluzionario? No, non servono, anzitutto perché esse fanno il verso, con il loro accoglientismo incondizionato, alle élite dominanti e alla chiesa cattolica, col che aiutano proprio i neofascisti a spacciarsi come campioni degli italiani in fondo alla scala sociale e dunque abbandonati a se stessi.

Una sinistra seria e rivoluzionaria dovrebbe rimettere piede in queste periferie e riconnettersi con le classi popolari. Ma questo non sarà mai praticamente possibile se non ci si sbarazza di una politica che considera più importanti i diritti individuali rispetto a quelli sociali e di classe; di idee cosmopolitiche e borghesi riassunte in slogan fricchettoni come “Italia meticcia”; della vera e propria idiosincrasia verso la sovranità nazionale; della attenzione esclusiva alle minoranze d’ogni tipo (sessuali, etniche ecc.); dell’apologia dell’immigrazione irregolare; della parallela sordità assoluta verso il comune sentire popolare che l’immigrazione fuori controllo è inaccettabile; della condanna senza appello di questo comune sentire come razzismo.