Mohammad Javad Zarif, mercoledì 1 maggio, da Doha, ha rilasciato la seguente dichiarazione commentando il piano nordamericano di classificare i Fratelli musulmani “organizzazione terroristica”: “Gli Stati Uniti non sono nella posizione di poter classificare gli altri come organizzazioni terroristiche. Rifiutiamo qualsiasi tentativo in questo senso. Gli USA, inoltre, sostengono il più grande terrorista della regione, ovvero Israele”. (Nella foto Ahmadinejed e l’emiro del Qatar, Sheik Hamad Bin Khalifa)

Queste le dichiarazioni a caldo del Ministro Zarif. Molti analisti del Vicino Oriente, assolutizzando erroneamente la questione siriana, che costruisce un unicuum nella regione, in cui effettivamente Iran e l’Hezbollah si trovano nel fronte della difesa del Presidente Bashar al Assad e del Baath siriano di contro alla Fratellanza musulmana siriana, confondendo le acque e avvelenando i pozzi – proprio come è del resto nei piani del Sionismo razzista e colonialista – scrivono e propagandano una fantomatica contrapposizione di civiltà e di obiettivi tra l’Iran sciita e il Qatar/Fratellanza musulmana. Di contro, grazie all’azione lungimirante e “provvidenziale” dello statista Ahmadinejad, la relazione tra Iran e Qatar, centro simbolico dell’Islam clemente e mite della Fratellanza musulmana globale, si può ben considerare assolutamente strategica per la Repubblica persiana.

Al-Sissi e il Re saudita Salmān
Senza ora voler ricordare, più del dovuto, non essendo questo il contesto, che l’ex Presidente persiano Ahmadinejad tentò sino all’ultimo di difendere il democratico governo egiziano di Mohamed Morsi dalla guerra ibrida anglosionista che si concretizzò nel golpe controrivoluzionario del luglio 2013, va sottolineato che il Qatar, di contro ai bastioni occidentali e sionisti nella regione – Arabia Saudita e Bahrein- non solo è impegnato, più di qualsiasi altro nazione (Iran a parte naturalmente) nel più che decennale sostegno alla causa Palestinese, ma grazie all’emiro Hamad bin Halifa Al Tani si è distinto per un atteggiamento positivo e benevolo verso l’Iran, colpito da embargo e sanzioni. Sotto l’emiro Hamad il Qatar ha iniziato a condividere con Tehran la gestione del giacimento offshore di idrocarburi più grande al mondo, South Pars/Norht Dome. Nel 2007, l’emiro invitò appunto l’allora presidente persiano Ahmadinejad al summit Ccg (Consiglio di Cooperazione del Golfo) di Doha senza consultasi con le altre monarchie del Golfo, per le quali l’antimperialismo e l’antisionismo radicale dell’allora presidente persiano, sommati ai principi “revisionistici” propugnati sul piano dell’ermeneutica storica occidentale, erano assolutamente inaccettabili.

Tutto ciò porterà, come noto, al ritiro degli ambasciatori da Doha (marzo 2014) da parte di EAU, Arabia Saudita e Bahrein, un gesto senza precedenti finalizzato ad intimorire il giovane figlio di Hamad, l’attuale emiro Tamim bin Hamad, asceso al trono nel giugno 2013. Lo stesso Tamin, incoraggiato anche dall’ Omam, si è fatto promotore mediante il suo Ministro degli Esteri Halid bin Muhammad al-Atiyya di una nuova iniziativa di dialogo tra i paesi del Ccg e l’Iran.

Secondo la visione di Tehran, l’omicidio di Kashoggi è parte del progetto strategico saudita e sionista, volto alla repressione ed emarginazione dei Fratelli musulmani, di cui la vittima era militante. Le autorità di Riyadh, negli ultimi anni, hanno infatti assassinato e perseguitato gli esponenti più colti e carismatici della Fratellanza. Nel mirino dei sauditi è dunque finito il Qatar e di tale contrapposizione si è di recente parlato nelle stesse testate occidentali per la clamorosa scissione che ha provocato all’interno del Ccg. Non si è però parlato, nelle medesime testate, della campagna di assassini ed omicidi portata avanti dai sauditi utilizzando, secondo Tehran, ma anche secondo Doha, mercenari americani (ex Navy Seals) e i sionisti del Mossad. Principale bersaglio di occidentali e sionisti accorsi a dare manforte a Riyadh è il partito al-Islah, che sarebbe l’emanazione yemenita dei Fratelli Musulmani che per gli Emirati è un’organizzazione terroristica; tra i suoi membri la giornalista e attivista Tawakkol Karman insignita del Nobel per la Pace 2011. Tra gli altri, a finire ammazzato dai mercenari di Spear Operation Group, società costituita nello stato del Delaware, guidati dall’israeliano Abraham Golan è stato il religioso Anssaf Ali Mayo. L’ebreo-americano Abraham Golan è stato per anni il braccio destro dell’ex direttore del Mossad Yatom e sarebbe in relazione politica e affaristica con M. Dahaln-Abu Fadi.

Doha si trova non a caso in questi giorni in una situazione assai delicata: i bombardieri B 52 sarebbero giunti, secondo una versione non ufficiale, lo scorso 12 maggio in una base aerea americana in Qatar, mentre il vettore USS Abraham Lincoln ha attraversato lo scorso 9 maggio il Canale di Suez in Egitto. L’emiro Tamim bin Hamad ha avvertito Sionisti e Sauditi che un eventuale attacco americano all’Iran rivoluzionario e antimperialista avrebbe “conseguenze tragiche incalcolabili” per il futuro del Golfo e non solo per questo. Dopo la clamorosa uscita del Qatar dall’Opec, questa posizione geopolitica
decisamente filoiraniana da parte di Doha si può prestare a differenti interpretazioni e letture, ben oltre la solita contrapposizione con Tel Aviv e Riyadh; pare comunque evidente e a tal punto palese che sia la Turchia, sia il Qatar, nonostante la ben differente prospettiva sul futuro del regime baathista di Damasco, non possono minimamente accettare l’eventuale escalation militare contro Tehran. James Jeffrey, tra le altre cariche inviato della coalizione globale per sconfiggere l’Isis, ha sostenuto il 13 maggio che è nell’interesse del sionismo globale estromettere la sfera di influenza persiana nella regione vicino-orientale ma che a un’eventuale escalation anti-persiana quasi sicuramente conseguirà la discesa in campo dell’interventismo diretto turco (e quindi di Doha) in difesa dell’Iran.

Anche in Libia, troviamo Qatar e Iran solidali nel sostegno al Governo tripolino di Al Sarraj: è di pochi giorni fa la notizia che la nave iraniana “Shahr e Kord”, appartenente ai Guardiani della Rivoluzione, è giunta presso la rada del porto di Misurata, provocando le risentite proteste del portavoce di Haftar. L’esercito di Haftar, come noto, per il quale si sta spendendo anche la Casa Bianca, è attivamente sostenuto ed armato dal 2015 dai sionisti.

L’attuale emiro del Qatar Tamim bin Hamad et Recep Erdogan


Come si può vedere, di buone intenzioni è lastricata la via dell’inferno. Non è dunque l’Italia a porsi, sulla questione libica, in compagnia dell’Emirato sbagliato, come sostiene con sicumera il clintoniano redattore de “il Manifesto” Alberto Negri), ma eventualmente la Francia del sionista Macron, stretta alleata di Sauditi e del regime controrivoluzionario egiziano, filoisraeliano e filoccidentale di Abdel Al Sisi.

Va peraltro segnalato che la stessa Cina, seppure in modo soft, è scesa in campo sostenendo il Governo di Tripoli. La parte giusta, per Negri e i “sinistrati”, è dunque quella dell’occidente israeliano.

Molti sinceri antimperialisti, sedotti da interpretazioni a buon mercato a base di sciocca furia islamofobica compiute da analisti improvvisati, finiscono così per ritrovarsi, ancora una volta…, nel medesimo fronte di Usa e Sionismo.