Nuovo capitolo della stucchevole guerra per bande che dilania l’élite italiana ed in particolare il suo agglomerato politico di riferimento, il Pd.

Una cosa, una sola, nella sua lunga intervista a Repubblica, Matteo Renzi la dice giusta: è fallita quell’americanata che pretendeva essere il Pd. Per la precisione: «Il Pd nasce come grande intuizione di un partito all’americana capace di riconoscersi in un leader carismatico e fondato sulle primarie».

Il Bomba (alias Renzi) crede che il fallimento sia dovuto a quello che chiama “fuoco amico”, ovvero al sabotaggio che gli altri oligarchi hanno posto in essere contro lui medesimo, che leader carismatico si considera.

Le cause del salutare fallimento del Pd sono in verità ben più profonde, ma chi è affetto patologicamente da narcisismo (vedi anche l’altro Matteo), non può, non riesce a vederle. Uno che si da le arie da grande statista, ma non afferra le radici sociali, culturali e politiche profonde del naufragio dell’ambizioso tentativo piddino, non è destinato ad andare lontano. Mettiamola così (e lo dicevamo già negli anni ’90):  l’americanizzazione politica dell’Italia non può funzionare. Diversissimi la storia, le radici culturali e ideali, il tessuto economico sociale degli Stati Uniti da quelli italiani. Troppo forte e diffuso infine, nel nostro Paese, soprattutto tra le classi subalterne, l’antiamericanismo. Un senso comune, oso dire, che viene da molto lontano.

L’americanismo non ha sfondato e non poteva sfondare anche perché ha avuto un inconfondibile segno di classe, esso è stato infatti, sin dal dopoguerra, il cavallo di battaglia della grande borghesia italiana. L’antiamericanismo ha avuto così in Italia (tanto più perché gli stessi eredi missini del fascismo null’altro erano se non una protesi della CIA) un segno di classe opposto e patriottico.

Non solo la vecchia base sociale popolare del defunto PCI, ma pure gran parte di quella ex-democristiana non passarono al Pd grazie al suo americanismo ma suo malgrado. Per milioni di italiani esso era — altro che Partito democratico all’americana! — l’agognato connubio tre le due culture politiche popolari dell’Italia del dopoguerra, quella comunista e quella cattolica.

Per di più la veltroniana americanata era destinata al fallimento visto il parallelo sopraggiungere della crisi sistemica, proprio dagli Stati Uniti sorta e dilagata a livello mondiale. Quella crisi sistemica che alimenterà il fenomeno politicamente opposto al piddismo dell’élite, il populismo.

La scissione di Renzi, a ben vedere, attesta un doppio fallimento, dell’americanata certo, ma di quel matrimonio all’italiana tra le due culture politiche di cui sopra. Dalla scissione sorge dunque, da una parte, un macronismo all’amatriciana, dall’altra, uno zombi pseudo-socialdemocratico di matrice europea.

Non finisce qui. Nella crisi sistemica globale, la crisi italiana ci riserverà altre sorprese. La consunzione di 5 Stelle, il dilemma esistenziale che attanaglia la Lega salviniana, divisa tra nordisti separatisti e neo-nazionalisti italioti… Il panorama politico è in fibrillazione e riserverà altre sorprese.

Di certo Conte non può dormire sonni tranquilli. Il sostegno che gli offre Renzi è come la corda che sostiene l’impiccato. Il Bomba assicura sincero appoggio in funzione anti-Salvini. C’è da credergli. Ma il tipo è talmente esuberante (per usare un eufemismo) che le sue mosse future non sono prevedibili. E non lo sono perché nemmeno lui le conosce. Se uscisse fuori un sondaggio che lo da, diciamo, al 10%, statene certi che farà saltare il banco in barba alla minaccia dei barbari alle porte e della “fedeltà alle istituzioni democratiche”.