Cosa ci dice la vergognosa risoluzione anticomunista del parlamento di Strasburgo
Quando si parla di totalitarismo eurista, ci si riferisce solitamente al retroterra ordoliberista da cui sgorgano quelle regole e quei “trattati europei” (in realtà dell’Ue) che imprigionano tanti popoli e nazioni del continente. Ma, come i carabinieri, l’ordoliberismo in campo economico non cammina da solo, andando invece a braccetto con una più ampia visione totalitaria del mondo. Da qui l’incredibile e vergognosa risoluzione adottata giovedì scorso dal parlamento europeo.
(Vienna – nella foto il Monumento degli Eroi dell’Armata Rossa che liberarono la città nel 1945. Riuscirà a salvarsi dalla furia anticomunista dell’Unione Europea?)
Una risoluzione obbrobriosa sotto ogni punto di vista, scritta male, con concetti fasulli ripetuti senza fine, basata su falsificazioni madornali, dove non si sa neppure se sia più la malafede che l’ignoranza, dove si tratta di storia come se si scrivesse una sentenza in un tribunale di quart’ordine. E tuttavia una risoluzione illuminante, con la quale fare i conti fino in fondo. Una risoluzione che ci dice alla perfezione cosa sia davvero l’Unione Europea.
I nostri critici che si vorrebbero di “sinistra” ritengono che l’Ue, per quanto imperfetta, sia comunque meglio del sovranismo, che per loro è sempre nazionalismo, dunque – da una semplificazione all’altra – inevitabilmente fascismo. Per loro lo scandalo (vedi, ad esempio il Manifesto) sta nel fatto che il Pd ha votato come Orban. Ora, a parte il fatto che il Pd in Europa governa – governa! – con il partito di Orban, la questione decisiva qui è un’altra. Ed essa risiede nella pretesa, questa sì totalitaria, di ostracizzare definitivamente chi si colloca fuori dalla cornice del pensiero dominante. In breve: o si è liberali, meglio se liberisti, oppure si deve essere cacciati ai margini della società. Da qui la riscrittura del passato, l’apologia delle forze e dell’ideologia che dominano il presente, l’ipoteca che si vorrebbe mettere sul futuro.
Ma com’è bella (e falsa) l’Ue vista da Strasburgo!
Dalle morbide poltrone dell’europarlamento, l’Unione Europea appare davvero bella. Al punto 1 della risoluzione si ricorda che: «L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze; rammenta che questi valori sono comuni a tutti gli Stati membri».
Quante belle parole. Davvero commoventi. Peccato che la dignità umana di cui parlano l’abbiano sperimentata i greci, che la libertà per tanti giovani del sud del continente sia solo quella di emigrare, che la democrazia dell’Unione sia solo oligarchia malamente mascherata. Peccato anche per una uguaglianza contraddetta dai rapporti gerarchici tra gli stati che comandano e quelli costretti ad ubbidire. Peccato infine per uno Stato di diritto che – proprio come prevede la risoluzione – vorrebbe mettere fuorilegge chi non la pensa come lorsignori.
Sancire che l’Ue è il “regno del bene”, è la mossa da cui essi partono per poi attaccare ossessivamente quello che per loro è il male, cioè il comunismo.
La funzione sistemica dell’anticomunismo
Per il sistema l’anticomunismo non è solo funzionale alla propria auto-assoluzione da mille tragedie storiche, esso è anche e soprattutto una sorta di rito propiziatorio per un futuro avvertito come assai meno certo di come vorrebbero farci credere. Anticomunismo, dunque, come strumento di conservazione, come assicurazione sul domani, come certificazione che TINA (There is no alternative) vivrà in eterno.
C’è anche tanta ingenuità, tanto primitivismo, tanto pressapochismo in una visione (ed in una pretesa) come questa. Ma quel che non va invece sottovalutato è il significato politico di questo atto, la sua valenza e la sua violenza.
Il trucco utilizzato dagli scribacchini di serie Z che hanno partorito il testo della risoluzione è vecchio come il cucco: l’equiparazione di comunismo e nazismo, il tutto raccolto nella comoda categoria del “totalitarismo”. Un modo non nuovo di occultare i crimini del capitalismo, del colonialismo e dell’imperialismo, che storicamente hanno avuto in genere lo stesso marchio liberale degli estensori della risoluzione.
Non mi diffonderò adesso in un’analisi dettagliata di questa sgangherata vergogna. Chi vuol leggere il testo integrale partorito da questi euro-buffoni, clicchi qui. Basti dire che questa equiparazione – o direttamente, od attraverso l’uso furbesco del termine “totalitarismo” – è presente in 10 dei 13 punti della premessa (punti B, C, D, E, F, G, I, J, K e L), nonché in 10 punti su 23 (punti 2, 3, 4, 5, 6, 8, 10, 12, 17 e 18) della risoluzione vera e propria. Penso che questo riferimento statistico basti ed avanzi a far capire la mostruosità di cui ci stiamo occupando.
Inutile dire che non solo non si considera nessuna distinzione valoriale tra comunismo e nazifascismo, ma neppure si riconosce un grammo di quella verità storica di cui pure la risoluzione vorrebbe occuparsi. Il fatto che la resistenza al nazifascismo sia stata guidata in primo luogo dai comunisti viene semplicemente cancellato dai signori di Strasburgo. Idem per il decisivo ruolo politico-militare dell’Unione Sovietica nella sconfitta della Germania hitleriana.
La falsificazione della storia
Per compiere questa operazione, la risoluzione parte da una tesi falsa quanto ipocrita. L’insostenibile argomento degli epici “storici” strasburghesi è che la Seconda Guerra Mondiale altro non sarebbe che il frutto del Patto Molotov-Ribbentrop.
Non ci credete? Così scrivono questi furfanti di bassa lega al punto 2 del loro compitino: (il parlamento europeo) «sottolinea che la Seconda guerra mondiale, il conflitto più devastante della storia d’Europa, è iniziata come conseguenza immediata del famigerato trattato di non aggressione nazi-sovietico del 23 agosto 1939, noto anche come patto Molotov-Ribbentrop». Tutto qui? Si, per loro tutto qui.
Sul lascito della Grande Guerra imperialista (1914-1918) e dei suoi trattati neppure una parola. E ci mancherebbe, mica si possono tirare in ballo i loro confratelli dell’epoca. Sulle conseguenze della Grande Crisi del 1929, idem. Mica si può chiamare in causa il capitalismo e la delizia dei suoi ricorrenti disastri. Non sia mai.
Ma, vi chiederete, almeno sulla Conferenza di Monaco del settembre 1938 avran detto qualcosa? Assolutamente no. In un documento di oltre duemila parole, dove il Patto Molotov-Ribbentrop è ossessivamente richiamato almeno sei volte (punti B, C, J, K, 2 e 8), di questa decisiva conferenza che dette il via all’espansione nazista purché fosse rivolta verso est, cioè in definitiva verso l’Unione Sovietica, non si fa menzione alcuna.
E questo è veramente grave. Perché, se proprio lo standard degli eurodeputati è poco compatibile con l’analisi storica, se non possiamo pretendere da costoro lo sforzo di collegare le varie cause che portarono alla Seconda Guerra Mondiale, che almeno si ricordassero il commento alla Conferenza di Monaco di un uomo del cui anticomunismo proprio non si può dubitare.
«Dovevate scegliere tra la guerra e il disonore. Avete scelto il disonore e avrete la guerra». Questo commento, che stigmatizzava l’accettazione di Francia ed Inghilterra dell’annessione tedesca dei Sudeti (Cecoslovacchia) sancita a Monaco, non fu pronunciata da un bolscevico, bensì dal futuro premier inglese Winston Churchill. La cui reprimenda non era rivolta a Stalin (che a Monaco ovviamente non fu invitato), bensì a Neville Chamberlain e ad Edouard Daladier, rispettivamente primi ministri di Gran Bretagna e Francia.
Bene, anzi malissimo, di tutto ciò non vi è traccia alcuna nell’elaborato di questa gentaglia che staziona a Strasburgo. Ormai, per loro, perfino Winston Churchill è troppo! Eppure sarà proprio l’esito della Conferenza di Monaco del settembre 1938 a spingere l’Urss a difendersi con il Patto con la Germania del 23 agosto 1939. Di questo patto si può dire di tutto, ma la sequenza temporale e logica è esattamente questa. E se proprio si vuole stabilire un evento che ha dato il via alla Seconda Guerra Mondiale è proprio in quel che avvenne a Monaco – come Churchill aveva capito – che esso va rintracciato.
La russofobia regna a Strasburgo
Ma l’europarlamento è andato ben oltre. Con la sua riscrittura della storia si vuole alimentare non solo l’anticomunismo, ma anche la russofobia.
Riguardo alla Russia attuale, la risoluzione sostiene che: «il suo sviluppo in uno Stato democratico continuerà a essere ostacolato fintantoché il governo, l’élite politica e la propaganda politica continueranno a insabbiare i crimini del regime comunista e ad esaltare il regime totalitario sovietico». (punto 15)
Non solo, con la ripetitività ossessiva che abbiamo già segnalato, al punto 16 l’europarlamento si dice: «profondamente preoccupato per gli sforzi dell’attuale leadership russa volti a distorcere i fatti storici e a insabbiare i crimini commessi dal regime totalitario sovietico; considera tali sforzi una componente pericolosa della guerra di informazione condotta contro l’Europa democratica allo scopo di dividere l’Europa e invita pertanto la Commissione a contrastare risolutamente tali sforzi».
Insomma, non ancora soddisfatti per aver cancellato la sovranità dei Paesi sottomessi all’asse Carolingio che governa l’Ue, nei palazzi europei si vorrebbe anche sottomettere la Russia, spiegandogli – come ai tempi del noto ubriacone Eltsin – quel che deve o non deve fare. Forse un po’ troppo nell’attuale contesto, ma sta di fatto che – sfidando pure il ridicolo – gli impavidi scalda-seggiole dell’europarlamento hanno anche deliberato (punto 22) di inviare (tramite il mitico presidente Sassoli) la loro risoluzione alla Duma di Mosca.
La “pace”, la Nato
Assodato che ancor oggi per l’Ue il nemico è la Russia, gli strabordanti compilatori di falsità di cui ci stiamo occupando non si vergognano neanche un po’ a parlare di pace. Per loro “l’integrazione europea” è un “modello di pace”. Per molti bambini greci, come anche l’eurista Fubini ha dovuto confessare, una pace purtroppo eterna.
Ma che forse l’Ue ed i suoi paesi centrali sono stati estranei alla criminale guerra che ha distrutto la Jugoslavia, con una scia di sangue che troppe volte dimentichiamo? Che forse a Bruxelles e Berlino sono stati estranei ai fatti d’Ucraina, che hanno portato al potere a Kiev i diretti discendenti di quelli che collaborarono con le truppe dell’invasione nazista? Ma per favore…
Se di tutto ciò ovviamente non si parla, la risoluzione ci dice (punto 14) qual è la duplice chiave che consente di essere ammessi nel club dei “buoni”: l’adesione all’Ue e quella alla Nato. Un binomio di cui si riconosce senza infingimenti l’assoluta indissolubilità. Almeno qui sono sinceri!
I simboli
I simboli sono importanti. La risoluzione ne parla in particolare al punto 18, dove «osserva la permanenza, negli spazi pubblici di alcuni Stati membri, di monumenti e luoghi commemorativi (parchi, piazze, strade, ecc.) che esaltano regimi totalitari, il che spiana la strada alla distorsione dei fatti storici circa le conseguenze della Seconda guerra mondiale, nonché alla propagazione di regimi politici totalitari».
Chiaro quale sia l’obiettivo. Se il comunismo andrà messo fuorilegge (la traiettoria intrapresa è chiaramente questa), bisogna intanto farla finita con alcuni elementi simbolici che lorsignori trovano fastidiosi. Insomma, al bando le vie e le piazze che ricordano non solo Lenin, ma (per quanto riguarda l’Italia) pure Gramsci, Togliatti ed altri esponenti del movimento comunista. Al bando le vie Stalingrado di tante città italiane, che la resistenza al nazifascismo l’ha fatta Roberto Benigni con il suo film-vergogna su Auschwitz.
Questa mania di prendersela con simboli e monumenti è veramente una fissa dei totalitarismi. Quelli veri. E nel loro totalitarismo formalmente anti-totalitario, a Strasburgo hanno gettato la maschera. Forse a sinistra qualcuno dovrebbe accorgersene. Non sappiamo dove porterà veramente questa ansia di distruggere la storia e la memoria di chi lottò contro l’ingiustizia. In testa all’articolo abbiamo messo la foto del Monumento degli Eroi dell’Armata Rossa che liberarono Vienna nel 1945. Verrà davvero distrutto in nome dell’anticomunismo per legge dell’Unione Europea?
Chi ha votato la risoluzione?
Della risoluzione anticomunista la stampa italiana ha parlato poco, non sappiamo se per reticenza, vergogna o per banale sciatteria. Forse, più semplicemente, non si è voluto disturbare quegli ex comunisti che adesso venerano l’Unione Europea, quasi fosse il sostituto dell’Unione Sovietica del tempo che fu. Anche queste macchiette servono oggi al dominio di lorsignori.
Ma chi ha votato la porcheria del 19 settembre? I numeri sono impietosi: 535 sono stati i favorevoli, 66 quelli contrari, 52 gli astenuti, in un voto che ha visto unite tutte le destre del continente insieme al Partito Popolare Europeo (PPE), ai liberali, ai Socialisti & Democratici di S&D (la & la usano loro, non casualmente).
Venendo agli europarlamentari italiani, tranne M5s, tutti hanno votato a favore della risoluzione. Lo hanno fatto i tre partiti della destra, come pure il Pd. Nelle fila di questo partito da notare il voto favorevole del sinistro Giuliano Pisapia. Per noi non una sorpresa, per tanti sinistrati forse sì.
La riottosa Lega salviniana si è dunque trovata in buona compagnia con Merkel e Macron, ma pure con l’odiato Pd, nello scrivere una pagina fondante di un europeismo autoritario, antidemocratico e bellicista. Un europeismo basato tanto sulla fanatica convinzione della propria superiorità morale, quanto sull’assurda pretesa di poter azzerare la storia.
Del Pd non possiamo stupirci. Questo aggregato di gente senza principi e dignità è nato proprio sul tradimento della propria storia, perlomeno di quella della sua componente maggioritaria. La loro china non ha limiti, né li avrà in futuro.
Ma è su chi sta a sinistra del Pd che dobbiamo dire qualcosa di più. Costoro gridano al fascismo un giorno sì e l’altro pure. Hanno salutato favorevolmente il governo della restaurazione come una diga al salvinismo. Pensano che l’Ue vada cambiata ma salvata, che il male sia nella parola “sovranità”, che l’Unione salvaguardi almeno la democrazia… Già, ma quale democrazia? Ecco, la risposta è arrivata in maniera inequivocabile il 19 settembre 2019.
Cos’altro devono fare a Bruxelles, Berlino, Strasburgo, affinché costoro prendano atto della realtà?
Il 12 ottobre
E’ anche contro questa risoluzione che esprime al massimo livello la violenza dell’euro-dittatura, mai da considerarsi come un fatto meramente economico, che manifesteremo il prossimo 12 ottobre a Roma.
Contro l’Unione Europea, «Liberiamo l’Italia» è il nostro slogan. Credo che si capisca sempre meglio il perché.