In difesa di Putin

Ai tempi dell’invasione della Cecoslovacchia (agosto 1968) chiesero ad un militante comunista di provata fede staliniana: “Sei filosovietico anche adesso?”. La secca risposta fu: “Togli il “filo”!”.

Mi è venuta in mente questa storiella davanti alla velenosa campagna di denigrazione ai danni di Putin portata avanti dalla centrale strategica della disinformazione. Eh sì, poiché questa centrale strategica esiste e risiede negli Stati Uniti, di cui Londra è la principale stazione in Europa. Da questa cabina di regia partono le veline che poi, a ruota, vengono diffuse a raffica in tutti i paesi dell’Occidente, per la precisione aderenti alla NATO.

La tecnica collaudata da questa centrale strategica dell’intossicazione ideologica è da decenni la stessa: ogni nazione ribelle viene satanizzata, bollata come rogue state (“stato canaglia”), così da giustificare il suo annientamento — accadde all’Iraq e alla Jugoslavia. Come per proprietà transitiva chiunque si trovasse a capo degli “stati canaglia” veniva hitlerizzato, letteralmente rappresentato come un dittatore sanguinario — accadde a Milosevic e a Saddam Hussein.

Siccome questa tecnica si è rivelata obsoleta e inefficace, alle prese con Putin, la suddetta centrale si è inventata una variazione dello spartito: Putin sarebbe un pazzo.

Partita ieri da testate ammiraglie angoloamericane (New York Times, The Guardian ecc), l’accusa, anzi l’implacabile giudizio clinico, è stato immediatamente raccolto dalla flottiglia di testate coloniali europee. Spicca in Italia il CORRIERE DELLA SERA. Nell’edizione di oggi, 25 febbraio, una pagina intera è dedicata alla giornalista americana (di origine ebraica e naturalizzata polacca) Anne Applebaum.

Cosa dunque afferma questa signora che senza dubbio è una delle menti al servizio dell’apparato propagandistico del Pentagono? Alla pelosa domanda del canuto ma pelosissimo Beppe Severgnini: “Cosa è successo a Putin?” La Applebaum risponde:

«Non lo so. Sembra ossessionato e pieno di odio. Sembra entrato in una fase nuova. Non so di cosa abbia paura, se della morte o di perdere il potere. Di certo è vissuto isolato a causa della pandemia. (…) Oggi sembra un uomo malato, disturbato».

La spocchia con cui questa lacchè insinua addirittura sulla salute mentale di Putin non deve trarre in inganno: la tracotanza nasconde lo stato di impotenza e prostrazione che regna nelle stanze dei bottoni euro-atlantiche davanti alla mossa di Putin.

Che la tesi di un Putin “malato e disturbato” possa funzionare ne dubito assai. Prova ne sia che i pennivendoli si lagnano perché non vedono le piazze piene di pacifisti in difesa dell’Ucraina. Ciò che per lorsignori è riprovevole per noi è una confortante notizia, segno, appunto, che solo una minoranza degli italiani (di contro alla stragrande maggioranza dei partiti in Parlamento) abbocca alla campagna russofoba dell’élite.

La campagna di intossicazione antirussa ricorre, come in altri casi del genere, a plateali  falsificazioni della storia. Non vi sarà sfuggita infatti l’accusa secondo la quale Putin avrebbe  scatenato “la prima guerra nel cuore dell’Europa dopo la seconda guerra mondiale”. Non so a voi, a me è venuto un attacco di bile! E la terrificante aggressione USA-NATO-UE del 1999 alla Jugoslavia, con conseguente squartamento del Paese, dove la mettiamo?

E sempre a proposito di menzogne come non segnalare quanto un altro pennivendolo, Antonio Polito, afferma sempre oggi sul CORRIERE? Il furfante scrive testualmente che la seconda guerra mondiale iniziò nel settembre 1939 con la spartizione della Polonia, dimenticando di dire che era in effetti iniziata un anno prima, nel settembre del 1938, quando Inghilterra e Francia siglarono un patto con Hitler accettando la sua espansione verso Est spingendolo ad attaccare l’Unione Sovietica.

Insomma, davanti a tali filibustieri, alla domanda vien proprio da rispondere: “Togli il “filo”!”.

da sollevAzione – 25 febbraio 2022