Nel fango ucraino muore l’Europa

E adesso si attende la controffensiva ucraina. Nuovo sangue da spargere sul terreno di battaglia. Sangue di europei. Siano essi ucraini o russi. Il gioco americano prevede questo e tutti si devono adeguare. La Russia ha cercato di opporsi e nonostante l’ultimo ventennio di crescita è un paese uscito assai malconcio dalla tragedia nazionale del 1991-92 e appena ripresosi, gettato in guerra contro l’unica superpotenza militare, che, in questo caso, non ha neanche la necessità di mandare il suo subproletariato per difendere gli interessi delle élite plutocratiche che lo dominano.

Riflettendo è una guerra d’attesa cominciata già prima del colpo di stato di EuroMaidan.

Rasputitsa, la “stagione del pantano” è il fango che blocca e incatena i carri armati a quelle latitudini delle pianure orientali: metafora d’attesa in cui è stata gettata la vecchia Europa che questa volta rischia di passare definitivamente all’irrilevanza storica e politica, già avviata nell’ultimo trentennio.

Così al posto di trovare una via d’uscita continentale all’ultima tragedia che si stava prospettando si è aspettato che i Russi passassero all’azione nel febbraio 2022 dopo averli traditi come europei dal primo giorno di Minsk. Il tavolo era stato ben apparecchiato da Washington, addestrando gli ucraini, e le carte hanno chiamato il gioco del logoramento.

La flessibilità a stelle e strisce ha giocato d’anticipo e sfruttato l’occasione per azzoppare i suoi sudditi europei nell’opera di soffocamento russo. Due piccioni con una fava.

Un campo di battaglia esterno “limitato” fu già scelto in Corea, Laos e Vietnam. Questa è l’Ucraina. La NATO è un’evidente impostura che fa si che l’Europa serva tutt’al più da “fanteria coloniale” alla bisogna degli USA.

Non c’è stata rapida vittoria e da più di un anno ci si ammazza in trincea e sotto i colpi dell’artiglieria pesante.

Ai Russi va attribuita la colpa di essere intervenuti in un conflitto senza saperlo vincere in poco tempo o quantomeno raggiungere saldamente gli obbiettivi militari dell’occupazione del Donbass, ancora lontani dopo più di un anno dall’inizio dell’Operazione Speciale.

Così la Materialschlacht scomparsa dalle guerre asimmetriche degli ultimi cinquant’anni è ritornata in auge e drena risorse economiche dalla vecchia ed esausta Europa togliendo pane a società già messe in ginocchio da ripetute crisi economiche sistemiche del liberalismo sfrenato collegato all’occultismo finanziario.

Si sono così ottenuti molteplici obbiettivi. Assicurarsi commesse miliardarie per rimpinguare gli arsenali ormai svuotati: soldi agli americani. Vedasi caso polacco su tutti. Troncare l’approvvigionamento energetico russo: soldi agli americani ed europei col cappello in mano a cercare gas e petrolio a caro prezzo, mentre i benefici sono in capo a Indiani e Cinesi e agli statunitensi: vedasi gas liquefatto. Rendere l’industria europea non competitiva a causa dei costi energetici: soldi agli americani e vedasi colossi industriali del nostro continente in libera uscita. Creare un solco nel continente euroasiatico. Impedire all’Europa, da Lisbona a Vladivostok, di pensare come un sé, di contare dal punto di vista internazionale, unica via d’uscita non solo economica, ma culturale e sociale per slegarsi dal cappio usuraio e liberista di Washington.

Tutto questo denaro sottratto agli europei, queste loro energie, questo loro definitivo asservimento, forse servirà agli USA per giocare la partita che considerano cruciale: quella Cinese con Taiwan e il 90 percento della produzione mondiale di semiconduttori prodotti nell’antica Formosa: il terreno di scontro.

Quindi si attende. Si attende una controffensiva ucraina e con essa la definitiva morte di un continente, impantanato prima di tutto nelle sue paure. I Tedeschi potevano avere nel misfatto Nord Stream un’occasione per mettersi alla guida del processo di liberazione europea accordandosi con i Russi, ma presi dal tremore, sono tornati a guardare al loro egoismo economico al piccolo impero della UE. I Francesi che avrebbero potuto cogliere l’occasione grazie ai loro storici rapporti con l’est per fare da garante ad un progetto non germanocentrico, tacciono pensando a difendere la “loro” Africa e il loro maledetto franco Cfa.

Gli europei dell’est tornati schiavi dopo la fine del socialismo reale si vendono ad un nuovo oscuro padrone e sono desiderosi di beneficiare del ruolo di spaccaossa al soldo d’oltre atlantico al fine di vendicare gli ultimi settant’anni.

I latini portatori di pensiero universalistico e di carità abdicano al loro compito credendo che il barcamenarsi al guinzaglio a stelle e strisce possa riservare briciole per sopravvivere.

L’Europa con cardine universalità e bene comune sta lentamente scomparendo nel fango.

Gli stessi Russi non sono stati in grado di comprendere che le sole risorse energetiche e materiali non sono garanzia di sopravvivenza.

Sullo sfondo una terribile questione sociale legata al modello culturale e di sviluppo che rischia di  precipitare gli Stati europei ad una contrapposizione di interessi economici di picciolo cabotaggio contrapposti, foriero di nuove sventure.

Tutto ciò mentre l’agenda transumana, falsamente green, gender fluid e cybercapitalista scompagina le coscienze e rammollisce nel cyberspazio, surrogato di felicità in un mondo destinato alla povertà morale e materiale.

Si attende perciò. Che gli altri muovano le loro pedine, mentre gli europei immobili e tenuti alla corda manco più balbettano: come primitivi muovono le clave contro i fratelli.

In tutto questo sconvolgimento si guarda speranzosi all’estremo oriente dove spicca il Dragone cinese ormai seconda potenza mondiale, mentre l’India pare la grande sottovalutata, nonostante abbia interessi contrapposti ai cinesi e si sia mangiata la produzione siderurgica e metallurgica europea.

I Brics possono essere l’ennesima delusione. Troppo facilmente osannati, benché tatticamente utili per liberarsi dalla schiavitù della Casa Bianca, non possono rappresentate un’alternativa, perché sono la riproposizione del medesimo modello di sviluppo in salsa multipolare. Infatti India e Cina su tutti sacrificano i loro interi popoli al servizio del dio denaro. La schiavitù moderna di queste masse di diseredati grida vendetta al cospetto di Dio.

Per uscire dal pantano servirebbe tornare a gettare sul tavolo della storia quella cultura europea e quel progetto politico che vede nell’universalità e nel bene comune i fari della nostra civilizzazione da declinare in linguaggio che parli alle profondità della nostra coscienza, e tocchi il nostro modo di essere nel mondo. Questa speranza è la realizzazione di un’esistenza irrorata dalla luce di un senso,  di giustizia, di carità, di fraternità, di pensiero religioso, che è il vero volto della nostra civiltà, tante volte tradito.

Risorse energetiche ad est, tecnologia e conquiste sociali ad ovest potrebbero essere le due gambe di una nuova corsa per gli Europei, resi autonomi da produzioni globalizzate dirette dai conglomerati finanziari apolidi di stampo liberista.

Bisogna rifare una nuova Vestfalia. Un vero equilibrio delle potenze nel continente euroasiatico, con il principio del rispetto della sovranità degli stati che rappresenta uno dei meccanismi essenziali dell’ordine di Vestfalia. Il risultato è un concetto fondamentale della politica moderna: la ragion di stato. Rimesso in discussione dopo la fine della guerra fredda, il principio di non ingerenza è stato per tre secoli e mezzo una delle rare, se non l’unica legge sacra della politica internazionale.

Si creerebbero in questo modo due modelli: la potenza continentale e la potenza marittima, lo stato sociale e lo stato mercantile.

Questa è una possibile soluzione politica al dominio americano e permetterebbe al contempo agli europei di trattare alla pari con il subcontinente indiano e i cinesi. Pensare che ogni paese d’Europa si possa salvare da solo contro giganti come USA, Cina e India pare improbabile. Questo è l’unico multipolarismo possibile.

È essenziale ritrovare l’anima europea, il suo spirito, non più diviso in est ed ovest, senza aspettare che qualcuno ci salvi, ma salvandoci da noi, attuando quella rivoluzione sociale, economica e politica tante volte sfiorata.

Nonostante la Rasputitsa, cova sotto la cenere insoddisfazione e un senso d’ingiustizia, che potranno essere innesco per la rivolta contro il mondo moderno voluto dai maghi della finanza e dai loro scherani politici.

* Membro del Direttivo Nazionale del Fronte del Dissenso

(10 maggio 2023)