
Negli ultimi giorni, mentre si prepara la successione di Trump a Biden, la vicenda di Tiktok si è guadagnata uno spazio nelle notizie della politica internazionale. L’amministrazione trumpiana promette di trovare una soluzione e, da questa notte, l’app è tornata sugli store americani. Nel frattempo, in Occidente e in particolare negli Stati Uniti, l’applicazione Rednote, una sorta di Instagram cinese, si è diffusa moltissimo. Il nome originale dell’app è Xiaohongshu, la cui traduzione, libro/libretto rosso, rende la vicenda ancora più intrigante.
Popolarissima in Cina, usata principalmente dalla Generazione Z (al 70%) e dalle donne (80%), è approdata anche sul mercato americano, registrando fin da subito moltissimi iscritti e dando vita, così, ad un inaspettato scambio culturale fra utenti. Quello che ne è venuto fuori ha veramente dell’incredibile: per la prima volta una parte della società americana si è confrontata con i miti propagandati in Occidente sulla Cina, spesso rappresentata come una patria di schiavi incapaci di esprimere giudizi sul mondo e automi completamente alienati. Un quadro che risulta essere il frutto di una propaganda esasperata e sinofoba che, invece, non si interessa realmente delle vere criticità di quel sistema. Così, in questo processo di scoperta della vita dei cinesi, per moltissimi statunitensi è stato uno shock scoprire che nel paese del dragone le persone hanno amici, famiglie, diritti, interessi e che non sono, come dice un utente, dei “mostri non umani” ma che, al contrario, si possono persino sviluppare amicizie virtuali con persone che abitano in Cina.
In particolare, il confronto è stato interessante su temi come il welfare state. Un utente ha chiesto ad un suo omologo americano se fosse vera la storia, per esempio, che negli Usa si paghi per avere un’ambulanza, giacché egli credeva che fosse propaganda anti-americana del governo cinese. Si è, poi, scoperto che la figura di Luigi Mangione, giovane accusato dell’omicidio di un CEO americano della sanità privata, è popolarissima in Cina (a dire il vero non solo lì) e molti utilizzano cosplay del ragazzo.
Il social, inoltre, è pieno di video di americani increduli che pensavano che la Cina fosse una specie di posto infernale, un deserto post-atomico pieno di schiavi. Molti sono i contenuti che hanno un tenore del tipo “il governo ci mente” , “ci hanno sempre preso per il culo” “le città americane a confronto di quelle cinesi sembrano del terzo mondo”, “ io questa cosa non me lo posso permettere” o, ancora, “il governo non mi garantisce un asilo per i miei figli, nonostante faccia turni infiniti”. Il soft power americano, insomma, vacilla forse sul tema che proprio espone di più il neoliberismo, ovvero la mancanza di un welfare state, caratteristica della versione aggressiva del neoliberismo nordamericano.
Non ultimo, si stanno registrando differenze su un piano che potremmo definire etico e quindi estetico: la censura del social, infatti, si abbatte moltissimo sui contenuti considerati degenerati, a sfondo sessuale, che invece dilagano nei social occidentali. È la lamentela di alcuni users cinesi, i quali sono infastiditi dal comportamento dei nuovi iscritti americani.
Francamente, dovremmo essere stupiti che gli utenti statunitensi si sorprendano così tanto? In realtà no, è un fenomeno noto quello che vediamo e dimostra l’ignoranza americana su molti temi.
Celebre è l’impreparazione media in materie come storia o geografia, ma è un atteggiamento suprematista (ed orientalista) che una parte del popolo (e dell’élite) statunitense ha, anche in maniera inconscia, nei confronti del mondo esterno.
In conclusione, un’ultima riflessione che tende a decostruire uno dei grandi miti contemporanei.
L’idea che i social network permettano di conoscere il mondo, di rendere più vicine persone e culture, è una mera illusione se i sistemi sui quali si reggono le suddette piattaforme riescono ad indicizzare perfettamente i contenuti da mostrare, creando perciò delle bolle perfettamente autoreferenziali. Non va dimenticato, inoltre, che i social sono espressioni di un potere politico specifico e non possono essere in alcun modo neutrali, tanto meno sulle questioni sistemiche.
D’altronde, ma non potrebbe essere diversamente, questo incontro culturale e sociale avviene su una piattaforma online. Ricorda, per assurdo, Le lettere persiane di Montesquieu o scenari di un mondo fuori dall’immediatezza contemporanea. Si sgonfia, così, tutto ad un tratto, la leggenda di un mondo veramente più vicino e coeso, ma si riscoprono diversità e faglie di tensioni, intrinseche alle diverse civiltà, solo artificialmente contenute dalla globalizzazione dei mercati e delle merci.
Anche questi fenomeni sono politici e dovremmo, perciò, conoscerli. Farlo ci permetterebbe di capire la propaganda del nostro sistema e ci terrebbe, così, lontano da concezioni semplicistiche e fuorvianti della realtà.