Tra gli altri finirono in carcere giornalisti della stampa di opposizione, membri di organizzazioni democratiche di massa, avvocati, architetti, artisti, ex prigionieri politici, tutti impegnati nel campo dei diritti umani e dell’informazione.
Tra di essi, i militanti comunisti Avni Er (turco, nella foto) che in Italia, a Perugia svolgeva attività giornalistica di contro-informazione sulla politica criminale dello regime oligarchico – militare turco, e Zeynep Kiliç, (curda, il cui vero nome è Nazan Ercan).
La Corte di Assise di Perugia, il 20 dicembre 2006, a conclusione di un processo vergognoso, condannò Avni Er e Nazan Ercan (alias Zeynep Kiliç), oppositori politici del regime di Ankara, a 7 e 5 anni di detenzione per “appartenenza” al DHKP-C, un partito comunista della sinistra rivoluzionaria turca inserito nelle famigerate Liste Nere stilate dall’Unione Europea dopo l’11 settembre.
Le condanne venivano confermate nei successivi gradi di giudizio, con l’espulsione dal territorio italiano a fine pena.
L’egregio lavoro degli avvocati e una campagna di mobilitazioni scongiurarono nel 2008 il primo tentativo di estradizione in Turchia di Avni. Invece Nazan, scarcerata nel giugno 2008 e costretta fino all’agosto successivo nel CPT di Ponte Galeria a Roma, è stata estradata in Germania.
Avni attualmente si trova nel CIE (Centro di Identificazione ed Espulsione) di Bari e rischia l’espulsione in Turchia per due ordini di fattori tecnico-giuridici.
Potrebbero infatti trovare applicazione:
a) l’espulsione amministrativa, non avendo più il permesso di soggiorno ed essendo stato condannato per terrorismo internazionale;
b) l’espulsione giudiziaria, prevista dall’art. 312 codice penale in caso di condanna per reati di terrorismo.
Avni ha richiesto lo status di rifugiato, che potrebbe rappresentare un ostacolo alla sua immediata espulsione perché, prima di qualsiasi decisione sull’espulsione amministrativa, dovrebbe ottenere dalla commissione territoriale sullo status di rifugiato politico una audizione per verificare la sussistenza dei requisiti per il rifugio politico o umanitario.
Secondo quanto riferito dall’avvocato Flavio Rossi Albertini lunedì mattina ad Avellino il giudice del tribunale di sorveglianza competente deciderà se revocare o meno la qualifica giudiziale di “pericolosità sociale” di Avni e in questa sede l’avvocato farà valere la sentenza con cui la Corte di Strasburgo ha accolto la richiesta di sospensione dell’espulsione giudiziaria presentata per motivi umanitari.
In quanto oppositore politico Avni, se espulso in Turchia, rischia un nuovo arresto in barba al principio del “ne bis in idem”, riconosciuto dall’art. 8 della Convenzione Europea di Estradizione secondo cui un individuo non può essere processato e condannato due volte per il medesimo reato.
La Turchia infatti, nonostante sia formalmente a conoscenza della sentenza del 2008 della Corte di Appello di Sassari per la quale Avni Er in quanto già stato condannato per gli stessi fatti in Italia non poteva venire estradato in Turchia, sta manifestando la volontà di voler proseguire nell’istruzione dei procedimenti contro questo giornalista oppositore politico. Procedimenti che potrebbero concludersi con una condanna all’ergastolo (art. 146 codice penale turco) o ad una pena comunque non inferiore ad anni 15 (art. 168 codice penale turco). Il che comporterebbe la reclusione nei tristemente noti Istituti penitenziari di tipo F, realizzati a partire dall’anno 2000, e la probabile sottoposizione a tortura e/o trattamenti degradanti e inumani non solo perché tale violazione è in Turchia costantemente praticata nei confronti degli oppositori politici (turchi o kurdi che siano), ma anche in considerazione del ruolo attribuitogli dalla sentenza della Corte di Assise di Perugia nella quale Avni viene indicato come un soggetto in possesso di informazioni vitali dell’associazione DHKP-C, informazioni che l’antiterrorismo turco cercherà di ottenere con qualsiasi mezzo.
Invitiamo tutti coloro che già si sono attivati in passato per Avni e quanti ancora non l’hanno fatto ad opporsi a un ennesimo sopruso delle autorità italiane e tutti coloro che possono farlo ad organizzare delegazioni per verificare le attuali condizioni di Avni.