Riceviamo e volentieri pubblichiamo queste riflessioni dei compagni del CPA (Centro Popolare Autogestito Firenze Sud) sulla repressione nel capoluogo toscano.

35 compagni/e sotto misure cautelari, arresti domiciliari e obblighi di firma, quasi cento indagati tra studenti medi, universitari e occupanti di centri sociali fiorentini.
Mentre i giorni passano e i compagni/e sono privati della loro libertà, si delinea in maniera più chiara la realtà in cui l’operazione repressiva si sviluppa, le complicità e i silenzi assordanti di una parte della città stessa.
Ma vediamo di ripercorrere brevemente alcune tappe salienti mettendo bene in evidenza i soggetti protagonisti.

Con una operazione in piena regola la mattina del 6 novembre 2009 la Digos di Firenze, in particolare la sezione Antiterrorismo capitanata da Roberto Ricciardi, procede all’arresto di un compagno del Cpa e alla perquisizione delle abitazioni di 16 compagni accusati di aver partecipato ad una tentata aggressione verso un gruppo di fascisti che si aggirava per la città armato di caschi e bastoni, resosi responsabile di aggressioni verso persone che potevano per aspetto essere riconducibili all’ambito della “sinistra”. L’arresto avveniva con tutto  il solito sostegno dell’apparato mediatico, con tanto di accusa di terrorismo, caduta già fin dal primo interrogatorio, e il tentativo, da parte della Digos Fiorentina, di ricondurre l’operazione alla tanto ricercata accusa di Associazione Sovversiva (articolo 270bis che prevede fino a 18 mesi di carcerazione preventiva). Il fatto su cui viene costruita l’operazione si rifà ad un presunto petardo, micidiale ordigno prima, un petardo di normale commercializzazione dopo le perizie. Il risultato è di quasi un mese di carcere e altri 5 di arresti domiciliari.

Sempre lo stesso Ricciardi, attingendo dalle intercettazioni ottenute per condurre le “indagini”, o meglio il castello accusatorio, tenta di portare a processo un esponente del Cpa per un presunto “Sequestro di Persona” a danno di una giornalista di Controradio, nonostante che nei ripetuti interrogatori l’interessata fin da subito neghi l’esistenza del fatto contestato. L’esito dell’udienza preliminare è stato la totale estraneità del soggetto al reato imputato. E’ questo il momento in cui si capisce che qualcosa in questa città sta cambiando. In un incontro con Controradio i compagni del Cpa chiedono espressamente una presa di posizione alla radio su quanto sta succedendo, in particolare sulla falsa accusa del sequestro: la risposta è che non ci sarebbe stata nessuna presa di posizione “pubblica” oltre a quanto reso durante gli interrogatori svolti dalla Digos. Non sappiamo se questo sia dovuto o meno a pressioni degli organi di polizia o ad una scelta politica interna, fatto sta che quello che contraddistinguerà l’informazione fino ad oggi è un totale o quasi appiattimento, salvo qualche dubbio sulla entità delle misure restrittive adottate il 4 maggio, alle informazioni martellanti provenienti da questura e magistratura.

Cominciano ad arrivare a studenti medi ed universitari denunce a go go tutte riconducibili a comportamenti propri dell’attività politica come attacchinaggi, qualche scritta, due uova, qualche presidio o corteo non comunicato, peraltro pubblicamente annunciato e promosso, per il quale né prima, né nei concentramenti sia stato mai richiesto lo scioglimento in quanto non autorizzato.

Nel frattempo si compiono avvicendamenti sia nel quadro politico fiorentino sia in quello repressivo. Viene eletto sindaco di Firenze il “Berlusconino di latta” Matteo Renzi, diventa questore di Firenze Francesco Zonno che nella sua permanenze a Trieste si era contraddistinto per la circolare interna che invitava a fermare “le persone magre e con tatuaggi, anche senza o con pochi denti e con scarsa igiene orale per vedere se hanno precedenti penali”, a capo della Digos il ben vestito sempre pronto ad eventuali reportage fotografici Stefano Buselli, prefetto di Firenze Paolo Padoin noto per essere stato uno degli autori nel nome del “ritorno alla legalità” dello sgombero del CPO  Gramigna di Padova. Se a tutto questo mettiamo insieme la voglia di carriera del capo dell’antiterrorismo Ricciardi, il piatto è servito: la strategia repressiva, che già anche in altre città comincia a delinearsi, è pronta ad essere attuata anche qui.

Non a caso mettiamo insieme tutti questi soggetti, perché riteniamo con fondamento che le scelte repressive in questa città vengono decise e/o avallate da tutti i soggetti sopracitati e come tali responsabili di quanto sta succedendo.

Ma non è finita. Pur di portare qualcosa a casa, operare denunce e poi capiremo perché, si arriva a denunciare per oltraggio a pubblico ufficiale uno studente delle scuole superiori perché ha mostrato il dito medio allo stesso Ricciardi, troppo per un uomo del suo spessore. Ma fateci il piacere.

Che qualcosa era nell’aria traspariva dalle voci che circolavano nelle aule dei tribunali: le varie denunce contro studenti universitari e medi, esponenti di spazi occupati sarebbero stati ricondotti ad una unica inchiesta per associazione a delinquere.

C’è fin da subito chiaro che, falliti i tentativi, almeno fino alla inchiesta contro Villa Panico, di portare a giudizio per associazione sovversiva, si ricorre ad uno stratagemma già utilizzato in precedenza verso i movimenti di occupazione delle case (da DP alle occupazioni elle case di Via del Pratello a Bologna) fino ad arrivare all’operazione contro Fuoriluogo a Bologna.

Il 4 di maggio parte “l’operazione 400 colpi”: misure restrittive sulla base dell’accusa di associazione a delinquere. Arresti e obblighi di firma per studenti medi ed universitari, perquisizioni, chiusura della sede del collettivo 400 colpi, peraltro per quanto ci risulta, concesso in uso al collettivo dall’università. Operazione spettacolare con tanto di sequestro di materiale atto ad offendere ovvero 10 bandierine, un temperino, una mascherina con l’immagine dello sceriffo Cioni e del sindaco Renzi, ovvero un bel niente. Ma certo sufficiente per fare da scenografia per le gesta eroiche di Ricciardi e Buselli.

La solidarietà ai compagni/e è immediata sia pratica, sia politica.
Qualche particolare non previsto si inserisce nelle mobilitazioni di solidarietà: leghisti che “casualmente” passano dal presidio sotto la prefettura che si prendono qualche pacca, un poliziotto che dopo aver tentato di fermare una ragazza senza nessuna giustificazione all’interno della stazione centrale, all’arrivo dei compagni pensava bene di estrarre la pistola scatenando la rabbia dei presenti E arriviamo al corteo del 21 maggio. Caduti in trappola? Può darsi, infatti nessuno di noi avrebbe pensato di trovare la sede del partito di governo totalmente sguarnita, priva di qualsiasi protezione.

Che la cosa servirà a pretesto è ben chiaro. Da Sindaco, Questore, Prefetto, Capo della Digos il messaggio è eloquente: questa è l’occasione da prendere al volo per dichiarare finito il modello Firenze, dove doveva prevalere la finta facciata della polizia buona. Ma quale modello Firenze! Poco meno di due anni fa gli studenti medi erano stati caricati in via della Colonna con numerosi feriti e occasioni successive sinceramente quasi non ce ne sono state. Pochi mesi fa succedeva all’università di Novoli con la Santanchè, ma i compagni non sono indietreggiati e la cosa è stata evitata.

Nei giorni successivi al 21 maggio esponenti del PDL fiorentino come il coordinatore regionale Massimo Parisi, il suo vice vicario Riccardo Migliori, il coordinatore cittadino Gabriele Toccafondi, e i deputati Alessio Bonciani e Guglielmo Picchi incontrano prefetto e questore dove vengono rassicurati che si procederà celermente a consegnare alla “giustizia” i responsabili del “clima di odio” in città.

E così scatta l’operazione del 13 Giugno. Sale il livello dell’azione repressiva. Un compagno incarcerato a San Vittore, 6 agli arresti domiciliari, di cui tre già sotto misure restrittive. Dopo i proclami da parte del capo della Digos Buselli arrivano i fatti e meglio si delinea l’ulteriore passaggio nella costruzione del disegno repressivo e dell’impianto accusatorio. Non più soltanto studenti, non più semplicemente atti di “lieve entità” ma un piano preordinato, studiato a tavolino; un salto di qualità che tende a colpire personale della polizia, che determina un livello superiore nell’organizzazione delle “azioni” condiviso dalla totalità del movimento fiorentino. Un livello, come riportato dall’ordinanza firmata dal gip Giacomo Rocchi, che dà un “quadro già visto in passato che ha poi generato situazione di ben altra gravità”. Un castello che si regge unicamente su una ricostruzione fantasiosa, fino, non si sa come, ad indurre testimoni a riconoscere soggetti che nel momento di alcuni dei fatti contestati erano a  centinaia di chilometri di distanza.

I media locali collaborano nel supportare la strategia repressiva con la pubblicazione continua delle veline della questura. Ma dove non c’è stata complicità attiva, le ambiguità o i mezzi silenzi di alcuni media fiorentini, come Controradio, ha assunto, davanti ai nostri occhi, un valore non inferiore.

Abbiamo voluto ricostruire quanto successo cercando di non isolare i fatti ma rimetterli all’interno di un filo logico che rende più chiaro quanto sta succedendo, ben al di là dei fatti contestati. E nello stesso tempo non possiamo esimerci da dover mettere bene in evidenza quali sono da considerarsi i diretti esecutori di questa strategia repressiva, le loro responsabilità e il loro ruolo; chiarire la responsabilità del potere politico in città, sindaco in testa come componente centrale del Comitato per l’Ordine Pubblico, come istigatore dell’utilizzo di squadre di polizia municipale per gli sgomberi, e come quanto alcuni media abbiano collaborato più di altri, quanto alcune realtà dell’informazione un tempo definita “libera” siano oramai appiattiti, facciano parte di quel mondo che si gira dall’altra parte “perché tanto riguarda altri”, fino a quando, come diceva qualcuno, andranno a prendere anche loro ma non ci sarà rimasto nessuno a difenderli.

Ognuno di noi, che ritiene necessario rendersi protagonista, essere soggetto attivo nelle lotte, sa che la scure della repressione, delle montature, se non il carcere, sono prezzi che deve “pagare”. Così come abbiamo potuto costatare con la mattanza di Genova, la morte di Carlo, l’attacco mediatico repressivo successivo a quelle giornate, l’appiattimento se non l’asservimento alle montature poliziesche delle forze politiche opportuniste.

Ma nonostante tutto questo sappiamo bene che la nostra forza è far si che il loro attacco trovi una nostra reazione tale da far pagar loro il prezzo politico più alto, smascherandoli, isolandoli, agendo proprio sulle contraddizioni che giorno per giorno manifestano.

“……. Verremo ancora alle vostre porte e grideremo ancora più forte, per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti”

CENTRO POPOLARE AUTOGESTITO FIRENZE SUD