Ancora un intervento nel dibattito su scienza/tecnologia e marxismo

Caro Giulio, ti ringraziamo innanzitutto per aver aperto il dibattito su scienza/tecnologia e marxismo, oltre che per il tuo apprezzamento su larga parte della nostra prefazione al futuro libro “Microsoft o Linux?”.

Ma ancora più stimolanti ci sembrano le tue osservazioni rispetto alla questione della limitatezza delle risorse naturali esistenti sul nostro pianeta e della loro scarsità, con le conseguenze a cascata sul futuro della nostra specie.

Tale tesi risulta parzialmente veritiera, ma allo stesso tempo non completa (ed il “vero è l’intero”, rilevava giustamente Hegel nella sua Fenomenologia dello Spirito): le risorse naturali, a partire da quelle energetiche, si rivelano attualmente limitate, ma allo stesso tempo in crescita costante proprio grazie ed attraverso il processo costante di sviluppo del “lavoro universale” e delle conoscenze scientifiche e tecnologiche, creatosi specialmente dopo il 1770 e l’inizio della Rivoluzione Industriale.

Partiamo dalla premessa teorica, che tu sicuramente condividi, che il livello qualitativo di sviluppo del lavoro universale sia in costante progresso negli ultimi due secoli e soprattutto negli ultimi quattro decenni, come dimostra un banale ma incontestabile processo di comparazione storica.
Infatti nel 1770, poco più di due secoli fa, erano forse stati costruiti i computer? Esistevano forse la biogenetica e le nanotecnologie? I satelliti spaziali? L’elenco può essere ovviamente allungato a dismisura…

Inoltre va sottolineato che le conoscenze scientifico-tecnologiche non si logorano assolutamente attraverso il loro uso (a partire dal processo di apprendimento dei diversi segmenti in cui si divide il “lavoro universale”), ma viceversa esse si migliorano e si sviluppano proprio mediante il loro utilizzo creativo da parte della praxis sociale, a partire da quella dei ricercatori scientifici e dei produttori diretti: cognizioni ed informazioni che stavano dietro la macchina a vapore di J. Watt sono state più volte estese ed approfondite, mentre in seguito ad essa si è affiancato il motore elettrico, per limitarsi a due semplici esempi.

Il lavoro universale non possiede pertanto solo la “magia” di svilupparsi e di accumularsi via via nel tempo, ma anche quella di non deteriorarsi (anzi, il contrario) durante il suo processo sociale di utilizzo, mentale e pratico-produttivo.

In terzo luogo, il processo di sviluppo delle conoscenze umane si sta rivelando “a balzi” e di carattere esponenziale nel corso degli ultimi due secoli, anche se non sempre ed in ogni settore: fenomeno particolarmente evidente nell’informatica e nella produzione di computer-supercomputer, ma non certo limitato ad esso.

Siamo pertanto in presenza di una “magia” in crescita, non logorata dall’uso e con un processo di sviluppo a spirale contraddistinto da continui salti di qualità e dall’apparire di sempre nuovi “continenti” e settori, quali ad esempio robotica, nanotecnologie, fusione nucleare, settore spaziale, ecc.

Il vero “Eldorado” si rivela proprio il cervello umano, legato alla pratica produttiva e scientifico-tecnologico: un “tesoro” in continuo aumento, non deteriorabile e capace di autoalimentarsi con un processo di riproduzione allargata e costante.

Certo, la “magia” del lavoro universale si  trasforma a sua volta in “magia rossa” (tesa a fini cooperativi e collettivistici) o “magia nera” rivolta a stimolare il processo di accumulazione capitalistica; viene applicata per fini pacifici o bellici (= Hiroshima e dintorni, per capirci); viene usata anche come per privatizzare il genoma umano, “bene comune” per eccellenza, ma qui entriamo in un altro campo d’analisi, diverso dalla questione della limitatezza delle risorse naturali del nostro pianeta.

Il punto centrale, Giulio, è che l’Eldorado costituito dal lavoro universale ha già allargato enormemente i “limiti” ed i “confini”, l’estensione quantitativa delle risorse a nostra disposizione come specie, a partire dal decisivo campo energetico. Già con l’attuale sviluppo della tecnologia, infatti, l’utilizzo (reale, e soprattutto potenziale ma già ora attuabile, certo) delle fonti energetiche rinnovabili risulta incrementato in maniera esponenziale.

L’energia solare, la costante, inesauribile e gigantesca massa di energia che proviene dalla nostra stella è diventata già ora utilizzabile su scala gigantesca, a costi decrescenti e con rendimenti energetici crescenti, da parte della nostra specie proprio attraverso il “lavoro universale” e le sue applicazioni pratiche, a partire dagli (apparentemente banali) pannelli solari, entrati ormai in parte nell’uso quotidiano.

Anche se può sfuggire ad una prima osservazione, siamo di fronte ad un evento epocale: la principale fonte energetica, la luce solare, è diventata negli ultimi decenni una risorsa naturale utilizzabile concretamente dal genere umano per soddisfare i suoi bisogni collettivi, ampliando enormemente i limiti e le barriere esistenti in precedenza nel campo delle fonti di energia.

Anche se gli investimenti in questo campo su scala planetaria risultano ancora estremamente insufficienti rispetto alle necessità ed alle potenzialità insite in questa gigantesca sorgente di energia, pulita e rinnovabile, è stato distrutto per sempre un “muro” apparentemente invalicabile al progresso materiale umano ed un limite si è trasformato in un “limite superato” per sempre dalla nostra pratica collettiva di specie.

Considerazioni analoghe possono essere effettuate (sempre tenendo conto dell’assurda sproporzione esistente tra potenzialità ed investimenti concreti nei settori in oggetto) riguardano anche il campo dell’energia delle maree e di quella eolica: rispetto a quest’ultima fonte di energia, conosciuta ed utilizzata dal genere umano a partire dal settimo secolo dopo cristo, il progresso avvenuto nel “lavoro universale” ha permesso già ora un salto qualitativo gigantesco nell’utilizzo della risorsa-vento, spostando in avanti i “limiti naturali” (o presunti tali…) alla crescita della massa d’energia (rinnovabile e pulita) a disposizione della praxis umana, sia a livello concreto/attuale che potenziale (ma rinnovabile, con adeguati investimenti, senza eccessivi problemi tecnici).

Ma non solo.
Sempre rimanendo vicini al tema dell’energia solare, già ora il genere umano è capace di innescare e controllare per brevi istanti il processo di fusione nucleare, lo stesso che si sviluppa costantemente all’interno di tutte le stelle: a partire dal geniale Tokamak sovietico degli anni Sessanta dello scorso secolo, sono stati fatti progressi significativi in questo strategico settore, a dispetto dei quasi ridicoli investimenti effettuati nel campo della sintesi termonucleare.

Si tratta di una fonte energetica utilizzabile su scala gigantesca, quando raggiungerà la sua piena maturità tecnologica; una fonte quasi inesauribile, visto che i materiali necessari per la fusione (trizio e deuterio) possono essere procurati per molti milioni di anni, oltre che strutturalmente incapace di produrre catastrofi nucleari e relativamente pulita. Già ora la nostra specie ha prodotto per scopi pacifici la fusione termonucleare, anche se vi sono ancora grandi ostacoli da superare nel prolungare i tempi della sintesi atomica e soprattutto nell’ottenere una massa di energia superiore a quella impiegata per innestare la fusione: ma si stanno compiendo continui passi in avanti in questa grande impresa, anche di recente.

Ad esempio sulla rivista Nature, agli inizi del 2012, si riportava di “prove tecniche di Sole allo SLAC National Accelerator Laboratory di Stanford, negli Usa. Non certo per prepararsi alla tintarella della prossima estate, ma per ricreare in laboratorio i processi di fusione nucleare che alimentano le stelle. Con la speranza di arrivare, un giorno non troppo lontano, a poter contenere e sfruttare l’immane energia liberata da queste reazioni per produrre elettricità. Un nuovo importante passo verso questo epocale traguardo è stato raggiunto grazie al Linac Coherent Light Source (LCLS), il più potente generatore di fasci laser nei raggi X al mondo.

Bombardando una sottile lamina di alluminio con impulsi rapidissimi di raggi X di altissima energia prodotti dall’LCLS, gli scienziati guidati da Sam Vinko, ricercatore presso la Oxford University sono riusciti a portare, seppure per un tempo brevissimo (circa un milionesimo di miliardesimo di secondo) una piccola frazione della materia di cui era composta a una temperatura di 2 milioni di kelvin.

“L’esperimento rappresenta un significativo passo avanti verso la comprensione dei processi fisici alla base sia della produzione e del comportamento di materia ad altissima densità (10?23 elettroni per centimetro cubo) e temperatura (2 milioni di kelvin) che delle sue interazioni  con radiazione ad alta energia” commenta Mauro Messerotti, dell’osservatorio Astronomico di Trieste dell’INAF ed esperto di fisica solare.  È stato infatti dimostrato come sia possibile generare materia ad altissima densità di energia, come quella che si trova nel nocciolo delle stelle ove avvengono i processi che mantengono l’astro in equilibrio termodinamico e meccanico grazie alla produzione di energia per fusione nucleare”.1

Sempre all’inizio del 2012 la rivista “Le Scienze” annunciava che “le prestazioni dei plasmi ottenuti con il sistema Tokamak sono progressivamente migliorate, tanto che ci si aspetta che ITER, la macchina di nuova generazione attualmente in costruzione a Cadarache, in Francia, sia in grado di generare una quantità da energia da fusione nucleare fino a dieci volte superiore a quella necessaria ad accendere e mantenere in funzione la macchina.

Queste prestazioni dipendono dalla possibilità di ottimizzare diverse operazioni, fra cui il confinamento del plasma e il controllo delle instabilità magnetofluidodinamiche (MHD).
In particolare, il mancato tempestivo controllo di queste perturbazioni può determinare lo sviluppo di turbolenze più grandi che, se si verificassero ai bordi del flusso di plasma, possono portare al danneggiamento delle pareti del vano di contenimento del plasma.

Quando però le turbolenze si verificano nella parte centrale del plasma, possono innescare i cosiddetti neoclassical tearing modes (NTM), ossia instabilità resistive che rompono le linee di campo magnetico per poi riconnetterle in modo anomalo, portando alla formazione di “isole” di campo magnetico, che incidono fortemente sulla possibilità di generazione di energia. Queste turbolenze sono innestate da ioni molto energetici, tra cui le particelle alfa (nuclei di elio-4) che si creano in seguito ai processi di fusione.

I metodi consolidati per il controllo di queste turbolenze magnetofluidodinamiche consentono un buon controllo dei tempi e dell’ampiezza delle oscillazioni delle MHD, ma sono fortemente “energivori” e riducono altrettanto significativamente l’efficienza del reattore.

Ora un gruppo di ricercatori dell’Ècole Polytechnique Fèdèrale di Losanna (EPFL) è riuscito a sviluppare un metodo alternativo di controllo delle MHD, descritto in un articolo pubblicato su “Nature Communications” che permette di poter migliorare significativamente la situazione”.2

Pertanto si stanno creando tutte le premesse tecniche, Giulio, perché nei prossimi decenni il progresso del “lavoro universale” faccia cadere un’altra barriera, un altro mito, un altro limite alla disponibilità di risorse naturali-energetiche da parte della nostra specie, attraverso il pieno controllo del processo di fusione termonucleare e creando un “sole in miniatura” sul nostro pianeta.

L’“Eldorado” costituito dal nostro cervello sociale di specie, dalle nostre (in sviluppo continuo) conoscenze tecnologiche e scientifiche si sta trasformando in un vero e proprio “Eldorado” di risorse naturali-energetico, con enormi conseguenze socioproduttive e politico-sociali.

Un enorme “tesoro” che ovviamente può e potrà essere utilizzato dal “modello Linux” (appropriazione collettiva ed egualitaria dei risultati del lavoro universale), ma anche dell’alternativo “modello Microsoft” (appropriazione classista dei risultati ottenuti via via dal lavoro universale), sempre che – come noti giustamente – catastrofi di varia natura provocati dal modo di produzione capitalistico sciaguratamente non spazzino via la nostra specie (e molte altre) dalla faccia della Terra, in assenza di una rivoluzione socialista vittoriosa.

Come sempre, almeno dal 9000 a.C. e dalla Gerico “rossa” del neolitico, tutto dipenderà dai rapporti di forza politico-sociali che si creeranno su scala planetaria, ed in ultima  analisi dalla coscienza/volontà di lotta collettiva (o… assenza di coscienza/volontà di lotta) delle masse popolari e dei produttori diretti.

Un caldo abbraccio, e a risentirci presto caro Giulio, anche per affrontare la discussione sul comunismo sviluppato del “a ciascuno secondo i suoi bisogni”. (Marx,  Critica al programma di Gotha)

Roberto Sidoli, Massimo Leoni, Daniele Burgio
9 maggio 2012

 

 

Note
1 “Due milioni di gradi in un lampo”, Marco Galliani, 27/01/2010, in www.media.inaf.it
2 “Un nuovo modo per stabilizzare il plasma nei reattori a fusione”, 11 gennaio 2012, in www.lescienze.it