A proposito di come vengono presentate le statistiche economiche
Un divertente intervento di Alberto Bagnai sui dati sul potere d’acquisto diffusi ieri

Ieri diverse persone ci hanno chiesto lumi sui dati dell’Istat sul miglioramento del potere d’acquisto. I giornalai del regime mai si stancano di vender bufale (Boldrini, dove sei??????). Ma tranquilli, che ormai non ci crede più nessuno. In ogni caso (leggi sotto) Bagnai mette le cose a posto.

Il potere d’acquisto e la grappa Bocchino
di Alberto Bagnai

Ve lo ricordate?
(CLICCA QUI per vedere il video)

Che tenerezza!

Perché mi viene in mente? Perché ho appena rilasciato all’ottimo Americo Mancini di Radio Rai un’intervista sull’ultima release dei conti settoriali trimestrali ISTAT. Un prestigioso quotidiano italiano riassume così il messaggio:

(nel dubbio, metto uno screenshot). Ora, non è che questo modo di presentare la situazione sia falso: ma certamente è tendenzioso. In effetti, come mostrano i dati:

(questa è la Tav. 5 che trovate nel file di serie storiche scaricabile dal comunicato stampa sul sito dell’ISTAT), nel 2016 si è avuto il tasso di crescita più alto del potere d’acquisto (rectius: reddito disponibile in termini reali) delle famiglie dal 2001. Nel 2001 fu 2.3, poi si ebbero solo tassi di crescita inferiori. Solo che il lettore, oltre a non essere necessariamente consapevole della differenza fra dinamica e livello di un fenomeno, istintivamente, per motivi di impaginazione, vede “potere d’acquisto delle famiglie al top dal 2001”, e si rassicura: se non arrivo alla fine del mese, pensa, sarà colpa mia…

Non è esattamente così. I dati mostrano che dalla crisi (cioè dal 2008) al 2015 il potere d’acquisto delle famiglie è diminuito del 9.9%, e quindi il rimbalzo (del gatto morto) avvenuto nel 2016 si limita a correggere questa débâcle, portando il tonfo al solo (!) 8.3%. Di questo non trovo traccia nell’articolo, ma l’ho letto in modo molto affrettato, quindi potrebbe essermi sfuggito. D’altra parte, ci sarebbe anche da chiedersi perché commentare il dato annuale, visto che quelli che sono usciti sono conti trimestrali. Anche in questo caso, la risposta non è difficile da trovare. Lo 1.6% annuale è il risultato di una certa crescita nei primi trimestri, seguita da un calo dello 0.9% nell’ultimo trimestre. Se fate il disegnino lo vedete molto bene:

Notate la frenata storica del reddito disponibile nominale (piatto dal 2008), e notate il dente al ribasso nel reddito nominale e reale (potere d’acquisto). Quest’ultimo elemento vi fa anche capire cosa pensare dell’ennesima leggenda metropolitana prodotta dalla fabbrica del falso, vale a dire che il potere d’acquisto in autunno sarebbe calato perché c’è stata una grande moria delle vacche (la neve) che ha fatto alzare i prezzi (delle zucchine). La verità è che buona parte della discesa del potere d’acquisto (pari, come ho detto, allo 0.9%) è spiegata dalla discesa dei redditi nominali (pari allo 0.6%). Sì, siamo in media più poveri, e solo un terzo di questo impoverimento è spiegato dai (maggiori) prezzi: due terzi sono spiegati dai (minori) salari.

Ma naturalmente per Repubblica il reddito delle famiglie è al top: sempre più in alto, avrebbe detto il compianto Mike.

E la sintesi qual è?

Ma è chiaro: aridatece Mike Bongiorno, un giornalista che i fatti li “caricava” solo negli spot pubblicitari…

da Goofynomics