Bolivia: la Rifondazione continua

Il 25 gennaio si sono svolti in Bolivia due importanti referendum.

Il primo ha chiesto alla popolazione di esprimersi sull’approvazione della nuova Costituzione, dove per la prima volta nella storia del Paese vengono riconosciuti i diritti degli Indios e viene data a queste comunità molta più autonomia economico-politica. Il nuovo testo costituzionale prevede ampi spazi alle comunità ‘aymara’, ‘quechua’ e alle altre etnie del Paese e permetterà, come ha più volte sostenuto Morales, la “rifondazione” della Nazione. Allo stesso tempo, la Costituzione è orientata alla costruzione di uno Stato unitario sociale di diritto plurinazionale, libero, indipendente, che dia ascolto alle richieste di tutti i movimenti sociali sull’educazione, la salute e la casa.

 

La costituzione è stata approvata con il 61.79% dei voti.
Il dato non è tuttavia omogeneo in tutto il Paese. Nei cinque Dipartimenti (Regioni) più popolosi il “SI” ha stravinto, arrivando a sfiorare anche l’80%.. Nelle altre quattro ha invece prevalso il “NO”. Queste quattro Regioni costituiscono la cosiddetta “zona della mezza luna” (Santa Cruz, Beni, Tarija, Pando), regioni anti-Morales, popolate dall’oligarchia latifondista e dall’alta borghesia.

 

Il secondo quesito, non meno importante, riguardava la riforma agraria. Ovvero definire il numero di ettari oltre il quale la terra viene considerata latifondo. Le due opzioni erano 5.000 o 10.000 ettari (inutile dire che la seconda opzione era quella appoggiata dall’opposizione latifondista).
Questo quesito ha visto una vittoria ancora più ampia del fronte che si riconosce in Morales che si attesta oltre l’80%. 

 

L’opposizione sconfitta ha provato a denunciare dei brogli ma senza troppa convinzione. Le elezioni infatti si sono svolte alla presenza di osservatori dell’Unione Europea, degli Stati Americani e altre organizzazioni e tutti sono stati concordi nel dichiarare le operazioni trasparenti e tranquille.

 

Quali indicazioni si possono trarre da questi risultati?

 

La prova elettorale era particolarmente difficile per Morales in quanto era atteso al varco dai paesi nemici (USA e alleati) che speravano in una flessione (sia nelle percentuali di votanti che nel consenso) per poter attaccare la politica del governo.

 

Bisogna infatti ricordare che dall’insediamento di Morales (gennaio 2006) il Governo, mantenendo le promesse dalla campagna elettorale, nazionalizzò prima le riserve di gas, poi la fonderia di Vinto, nell’altipiano boliviano, in mano alla multinazionale Svizzera Glencore e le riserve petrolifere.
Per l’opposizione e per molti analisti americani ed europei, la nazionalizzazione degli idrocarburi non ha dato i risultati attesi.
I fatti però, dicono che da quando gli idrocarburi sono stati nazionalizzati (1° maggio 2006) lo Stato ha i soldi sufficienti per portare avanti le proposte fatte agli elettori nella campagna elettorale e non si ritrova pieno di debiti, cosa che succedeva puntualmente negli anni in cui la Bolivia seguiva i dettami del F.M.I.
Inoltre, dato non economico ma indicativo dell’indipendenza del governo dai poteri forti mondiali, durante il recente genocidio dei palestinesi a Gaza, la Bolivia ha rotto le relazioni con Israele, cacciandone l’ambasciatore.
Ci sono quindi tutte le condizioni per poter dichiarare la Bolivia “nemica dell’occidente” e fare di tutto per abbattere il governo di Morales per sostituirlo con i soliti e ben conosciuti lacchè filoamericani.

 

Il referendum è stato quindi vissuto anche come una sorta di bilancio di questi primi tre anni di gestione del nuovo Governo. E il risultato ha dimostrato senza ombra di dubbio che la Bolivia è con Morales.   
Indubbiamente Morales esce rafforzato da questo voto e porta a casa due risultati alla vigilia non scontati (sia nel risultato, che, soprattutto, nelle dimensioni dello stesso).

 

Prima di tutto la risposta della popolazione al suo appello è stata ottima; basti pensare che l’affluenza ha superato il 90%. E questo dato smentisce chi descriveva in calo il consenso e la credibilità di Morales presso la popolazione.

 

Inoltre Morales si dimostra ancora una volta Presidente amato dalla parte più debole e meno ricca del Paese. I voti contrari sono raggruppati in quelle zone abitate dai latifondisti filoimperialisti e  i loro accoliti. E’ certo che la battaglia di Morales è tutt’altro che vinta in quanto l’opposizione, pur essendo minoranza, resta forte (soprattutto nella ricca zona di Santa Cruz), ha dalla sua mezzi economici importanti e soprattutto vanta l’appoggio degli USA e dei loro alleati (Bush o Obama poco cambia al momento).
Ma questi referendum pongono le condizioni per poter proseguire ancora più in profondità nel processo di riforme che Morales sta attuando.
E finché la popolazione indigena continuerà ad appoggiare Morales con questo entusiasmo si può stare ragionevolmente sicuri che questo processo non potrà essere interrotto tanto facilmente dalle forze filoimperialiste.