Risoluzione del Campo Antimperialista sul colpo di Stato in Honduras

 

Il 28 giugno le forze armate dell’Honduras hanno inscenato un colpo di Stato contro il presidente eletto Manuel Zelaya e lo hanno costretto ad un esilio forzato in Costa Rica. I golpisti, appoggiati dall’oligarchia del paese e dai rappresentanti dei tradizionali partiti borghesi, hanno proclamato presidente Roberto Micheletti, membro dello stesso Partito Liberale che nel 2006 portò alla presidenza Zelaya.

 

Il popolo dell’Honduras si è subito sollevato in mobilitazioni di massa e ogni giorno si scontra con i golpisti nelle grandi città del paese. I militari hanno chiuso tutti i media indipendenti e ogni giorno induriscono la repressione contro i manifestanti, con il risultato di tre morti e centinaia di arrestati, fra cui personalità politiche importanti del governo Zelaya.

 

Il Campo antimperialista dichiara il suo più netto rifiuto di questo golpe reazionario contro il governo progressista di Manuel Zelaya e la sua piena solidarietà con la resistenza militante delle organizzazioni popolari onduregne che si scontrano con i “gorilla”.

 

Il colpo di Stato dell’Honduras pone sul tavolo due questioni importanti per il movimento antimperialista internazionale e per la resistenza onduregna. In primo luogo: quale è il ruolo dell’imperialismo nordamericano guidato da Barak Obama negli eventi dell’Honduras? Secondo: l’azione golpista dell’oligarchia onduregna è un autogol?

 

Riteniamo che l’iniziativa del golpe ha avuto origine nelle stessa oligarchia onduregna, sostenuta da ciò che resta dell’area Bush nei servizi di intelligence e nel comando militare regionale americani. La linea geopolitica del nuovo presidente Obama non consiste nella polarizzazione forzata per provocare un’escalation dei conflitti incipienti, ma nel contenimento delle contraddizioni e nella neutralizzazione delle forze del cambiamento. Soprattutto negli scenari secondari del conflitto internazionale, così come in quelli dove le classi dirigenti degli Stati, i governi o i movimenti dissidenti non sono rivoluzionari e/o antimperialisti intransigenti, che per principio ideologico rifiutano la normalizzazione con l’imperialismo (come possono essere i casi di Ahmedinejad in Iran o di Chavez in Venezuela), ma persone moderate per le riforme sociali e umaniste a favore delle maggioranze povere (non parliamo di quelli trasformati in politici di potere, a capo di sub potenze regionali, come il Brasile, che partecipano al gioco imperialista secondo le regole antipopolari), la nuova politica nordamericana del dialogo può essere molto più efficace per assicurare la supremazia e l’egemonia imperialista di quella dei neoconservatori radicali.

 

Ciò che riteniamo è che il fatto del colpo di Stato può essere utile per dar fondamento alla nuova politica imperialista di Obama. Tutte le istituzioni imperialiste, con l’Organizzazione degli Stati Americani – OSA in prima linea, adesso si pongono alla testa di un “fronte unico democratico” per ristabilire pacificamente l’ordine costituzionale in Honduras sulla base della riconciliazione e del compromesso. Compromesso che va a svuotare tutto il contenuto di cambiamento sociale e istituzionale che Zelaya rappresentava per il popolo povero (non dimentichiamo che il motivo immediato del golpe era il progetto di Assemblea Costituente), che va a spezzare i legami che hanno unito Zelaya con il movimento popolare (che si sono rafforzati solo di recente, dalla rottura di Zelaya con l’establishment politico tradizionale del paese per la questione dell’ALBA), che va a portarlo di nuovo nell’ambito dei compromessi e dei negoziati segreti e a ristabilire così la base delle screditate istituzioni bipartisan del paese. Come effetto collaterale di questa manovra, l’imperialismo nordamericano potrà dare ossigeno all’OSA come suo strumento tradizionale in America Latina e rimuovere il protagonismo della coalizione ALBA guidata dal Venezuela.

 

Questa politica darà risultati? Come ogni aziona audace in politica, anche il colpo di Stato in Honduras comporta dei rischi per i suoi autori. L’obiettivo dell’oligarchia di questo paese, tradizionalmente conservatore e antirivoluzionario, era farla finita in modo preventivo con un movimento popolare incipiente. Ora questo può trasformarsi in un autogol e portare ad una radicalizzazione accelerata che rompa definitivamente il quadro istituzionale dello Stato. La questione ancora pendente in Honduras è: chi sarà il protagonista nel reinsediamento del presidente Zelaya? Sarà o la comunità internazionale imperialista o il popolo per le strade. Se i movimenti onduregni riusciranno a concludere il golpe con un “13 aprile” – come il popolo venezuelano quando nel 2002 sconfisse il golpe contro il presidente Chavez, portò il suo presidente nuovamente al potere e con ciò cambiò i rapporti di forza decisamente a suo favore – l’establishment oligarchico dell’Honduras e anche l’imperialismo democratico di Obama avranno subito una sconfitta. Tale risultato sarebbe un rinforzo senza precedenti per l’organizzazione popolare in Honduras e farebbe del popolo il protagonista di un’Assemblea Costituente che potrà cambiare strutturalmente il paese. Se invece l’OSA e la comunità internazionale impongono il loro “ristabilimento negoziato dell’ordine costituzionale”, con Zelaya ridotto a conferma della nuova faccia democratica dell’impero, questo potrebbe aprire a un periodo di rollback per i movimenti e i governi antimperialisti latinoamericani, con un divide et impera che finisce con il reintegro dei pragmatici e l’isolamento degli intransigenti.

 

Per questo invitiamo la solidarietà internazionale a mobilitarsi a sostegno della resistenza popolare onduregna e a rifiutare tutti i tentativi di compromesso negoziato.

Per un “13 aprile” honduregno!
Sconfiggere il colpo di stato per cambiare il paese!

 

Campo Antimperialista, luglio 2009