“E’ l’economia che conta, bellezza!”. Questa frase ha permesso a Bill Clinton di vincere nel ’92 le elezioni presidenziali contro Bush, il cui bilancio era disastroso. Sotto Clinton, la disoccupazione non ha cessato di aumentare e la disuguaglianza pure. E oggi? E’ il Presidente che decide? O l’economia? Vale a dire, altri – non eletti – al di sopra del presidente. Nel seguito, in immagini e parole, 10 numeri chiave che riassumono la situazione economica e sociale negli Stati Uniti. Per comprendere l’essenziale. Qualunque sia il presidente. (l’articolo è stato scritto subito prima della rielezione di Obama, ndr).
Salari: -25%
Dal 1990, i salari statunitensi hanno subito una forte contrazione: fino al 25% per i lavoratori non qualificati. Con l’Amministrazione Obama: -8%. Anche cumulando 3 o 4 lavori, si resta working poor (lavoratori poveri).
La riduzione dei salari, ha favorito l’occupazione, come ci avevano promesso?
Disoccupazione: 20%
Camuffata dalle statistiche ufficiali, la disoccupazione – piena o parziale – si attesta in realtà al 20%. Il doppio, tra i non bianchi. Tutti quanti stringono la cinghia?
Guadagni delle imprese: 2.000 miliardi di dollari
L’imposta sulle società ha raggiunto il punto più basso degli ultimi 40 anni. Nel 2012 è atteso un record senza precedenti.
Chi ha tratto beneficio dall’aumento dei profitti?
1% di super-ricchi
Nel 1970 un amministratore delegato guadagnava 40 volte lo stipendio di un operaio. Oggi 1.000 volte tanto! Nel paese dell’ineguaglianza estrema, l’1% di super-ricchi incassa il 25% dei redditi e possiede il 35% delle ricchezze.
Chi paga questa crescita della ricchezza dei super-ricchi?
100 milioni di poveri
1 cittadino su 3 è povero: 97 milioni sotto la soglia di povertà, 46 milioni in povertà estrema. Di cui 22 milioni di bambini. In aumento costante dal 1980.
Qual è l’origine dell’avanzamento della povertà?
Licenziamenti: 8 milioni
Nel 2008-2009, 8 milioni di lavoratori hanno perso il loro lavoro. Quando una multinazionale annuncia un piano di licenziamenti, fa rialzare Wall Street. Questo è essere “un buon capitalista”. Questa macelleria sociale salva l’economia?
Debito: 350% del PIL
Gli USA sono in default. Se si somma il debito dello stato, quello delle imprese e quello delle famiglie, si raggiunge il 350% del PIL. Una bomba a scoppio ritardato. Come escono le multinazionali da questi problemi?
4 milioni di persone hanno perduto la loro casa
A seguito della speculazione immobiliare delle banche avide, 4 milioni di persone sono state cacciate dalle loro case. Ce ne saranno altre 900.000 nel 2013. A cosa serve tutto questo denaro perso dagli uni e intascato dagli altri?
La guerra in Irak: 3.000 miliardi di dollari
Sfamare tutti gli esseri umani costerebbe 35 miliardi all’anno. E’ quello che l’esercito USA spende in due settimane. I cittadini possono davvero dire la loro?
La campagna elettorale: 5,8 miliardi di dollari
Di cui il 77% proviene direttamente dal “Grande business”: banche, petrolio, armamenti, tecnologie… Le multinazionali scelgono e finanziano due candidati docili, perché nulla cambi. Cosa facciamo?
Risposta:
Cosa facciamo? Il problema è tanto più grave perché l’Unione europea vuole imporre a tutti i costi un copia – incolla di questa politica antisociale USA!
Il problema non è “Quale presidente”. Si dice spesso che il “male minore” ci scampa da quello peggiore. Ma non è vero, perché il “male minore” in realtà è più capace di confezionare e vendere la stessa merce.
Il problema è: “Come si può resistere alla politica imperiale degli Stati Uniti?” E’ per questo che abbiamo bisogno di analizzare l’economia: per comprendere il legame tra politica antisociale e militarismo, per decodificare i meccanismi di saccheggio delle risorse e il controllo del pianeta, per individuare i processi di guerra globale nelle sue varie forme e svelarci i processi di disinformazione che ci nascondono tutti questi problemi. Così, saremo in grado di unire e rafforzare le diverse resistenze che si sviluppano in tutto il mondo. La rabbia insorge ovunque, dobbiamo presentare una vera alternativa…
da www.resistenze.org
fonte www.michelcollon.info
Traduzione dal francese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare