Lettera al Campo di un dirigente delle Corti Islamiche

 

Cari fratelli del Campo Antimperialista,

 

Abbiamo avuto modo di leggere l’articolo da voi pubblicato sul vostro sito il 4 giugno scorso.
Volevamo dirvi che non condividiamo affatto il giudizio liquidatorio del Presidente Sharif Sheikh Ahmed, definito nell’articolo un “fantoccio degli occidentali”. Pur mettendo giustamente in guardia i vostri lettori sull’islamismo fondamentalista delle milizie al-Shabaab, pur segnalando la loro adesione alle concezioni wahabbite, voi sembrate schierarvi dalla loro parte, definendole la forza principale della Resistenza somala.

 

La vostra interpretazione non corrisponde alla verità. Sharif non è affatto un fantoccio degli imperialisti, che noi abbiamo sempre combattuto e alla fine cacciato dalla Somalia assieme ai loro alleati etiopici, non senza immensi sacrifici. Fu soltanto dopo la cacciata delle truppe d’occupazione etiopiche avvenuta nel gennaio scorso che Sharif divenne presidente, e non lo divenne grazie al sostegno degli americani o dei francesi, ma a quello della grande maggioranza del popolo somalo, in nome del quale, come Corti combattemmo e combattiamo tutt’ora.
La battaglia cruenta che si svolge in queste settimane per le vie di Mogadiscio, quella che divide le truppe leali al Presidente e alle Corti Islamiche, non è leggibile con lo schema per cui noi saremmo diventati pro-imperialisti mentre al-Shabaab rappresenterebbe la autentica Resistenza antimperialista.

 

Capiamo che la situazione somala possa apparire alquanto confusa e fluida agli occhi degli stessi fratelli occidentali, appunto per questo dovreste essere più prudenti. Per quanto possa essere duro da ammettere, quella in corso è una battaglia interna alla stessa Resistenza, tra le forze che difendono il Presidente Sharif, che si fanno interpreti di una politica più realista e di un Islam non fanatico, e quelle di al-Shabaab, contraddistinte da una visione settaria e fondamentalista dell’Islam. Voi accennate alla loro adesione al wahabbismo. C’è di più, i loro dirigenti, col sostegno del governo eritreo, sono portatori di un takfirismo estremista e integrale, della concezione “Walla & Albara”, chi non è con noi è contro di noi. E tutti quelli che sono contro di loro sono considerati Kafir, impuri, nemici da combattere.

 

Non appena cacciati gli invasori etiopici noi abbiamo cercato in ogni modo di tenere unito il composito fronte della Resistenza. Senza successo. I dirigenti di al-Shabaab hanno rifiutato ogni compromesso, volendo imporre la loro visione sociale religiosa integralista. Non sarebbero andati lontano senza il sostegno politico e logistico dell’Eritrea, che ha tutto l’interesse a mantenere la Somalia nel caos, allo scopo di alleggerire alle sue frontiere la pressione etiopica e di deviare l’attenzione di questo paese verso la Somalia. La dialettica politica, del resto, è qui complicata, come giustamente affermate nel vostro articolo, dalla grande importanza delle appartenenze tribali, da una parte, ma dall’altra non dovete sottovalutare la disperata situazione sociale, la miseria generale dopo decenni di guerra, che spingono tanti giovani semianalfabeti ad arruolarsi per una manciata di dollari col primo che li arruoli.

 

Che noi si cerchi una definitiva via d’uscita alla guerra che dilania il nostro paese, il fatto che cerchiamo una soluzione pacifica del complicato contenzioso, non solo frontaliero con l’Etiopia, non significa che noi ci siamo venduti alle potenze straniere o agli imperialisti. E’ piuttosto il fanatismo di al-Shabaab a condannare il nostro paese a restare impigliato ad eterno nella guerra fratricida.

 

Non è vero infine che il Sudan stia sostenendo al-Shabaab come invece sta facendo l’Eritrea. E’ vero il contrario. Il Sudan del Presidente al-Bashir e’ dalla parte del legittimo presidente Sharif.

 

Abdullah M.H

 

Pubblichiamo di buon grado la lettera dei fratelli somali. E accettiamo le critiche rivolteci. Non possiamo non credere alla versione che ci viene proposta, non fosse perché viene da chi vive in Somalia e conosce quindi molto meglio di noi i fatti e gli antefatti. Se le cose stanno in questo modo è certo che il giudizio negativo da me fornito dell’opera del presidente Sharif, considerato di fatto un ostaggio delle potenze imperialistiche, USA in testa, è sbagliato.

Tuttavia le cose non sono nemmeno così semplici come le descrive chi ci ha scritto. Che specialisti, agenti segreti e mercenari etiopici, di Gibuti, francesi e americani, stiano compiendo ogni sforzo per aiutare Sharif (accerchiato nella sua villa presidenziale e con un esercito allo sbando) è un fatto acclarato. Sharif non sarà il Kharzai somalo, ma non c’è dubbio che l’alleanza imperialista lo consideri il male minore o stia facendo del tutto per portarlo dalla sua parte. E’ notizia di ieri, mercoledì 15 luglio, quella del sequestro a Mogadiscio, proprio nell’albergo vicino alla presidenza, di due 007 francesi, che non erano lì in vacanza, ma appunto a fare da tramite tra gli occidentali e il traballante governo somalo, a fornire assistenza logistica e a preparare l’eventuale fuga dei governanti in caso di disfatta. Staremo a vedere.

Per il resto, per quanto attiene al giudizio negativo degli orientamenti politici di al-Shabaab, non possiamo che essere d’accordo con le precisazioni fatte nella lettera. Quello che ci auguriamo a questo punto, se quanto ci viene detto è vero, è la fine della guerra fratricida e il raggiungimento di un accordo tra le parti che ponga fine ad un conflitto autodistruttivo che sul lungo periodo può solo avvantaggiare chi non vuole una Somalia sovrana e antimperialista.

Moreno Pasquinelli