Dopo le azioni spettacolari del 2006-07 poco si parla in Occidente della guerriglia nella zona petrolifera del delta del Niger. Un gruppo in particolare, tra i diversi operativi, balzò all’onore delle cronache, il MEND (Movimento per l’Emancipazione del Delta del Niger). Lotta chiaramente politica e antimperialista quella del MEND, con un evidente sostegno popolare tra le tribù dell’etnia maggioritaria della zona, quella degli Ijaw. Un popolo, quello degli Ijaw, sopravvivente in condizioni di miseria estrema, il cui tessuto sociale, assieme all’ambiente, è stato devastato dal saccheggio forsennato delle risorse petrolifere operato dalle compagnie occidentali. Una ricchezza enorme, da cui la gente del delta non ricava nemmeno le briciole, visto che il tutto finisce nelle casse delle multinazionali petrolifere, tra cui l’italiana ENI in prima fila (quanti lutti e drammi pesano sulla sua coscienza, signor Scaroni?) o nei conti in banca dei notabili e dei lacchè politici nigeriani.
La lotta di resistenza nel delta del Niger nell’anniversario dell’impiccagione di Ken Saro-Wiwa e dei “Nove Ogoni”
di Josè Maria Sison*
Poiché il petrolio è stato scoperto nel delta del Niger verso la fine dei ‘50, negli ultimi tempi del dominio coloniale britannico, le terre del popolo Ogoni e di altri gruppi etnici indigeni sono stati devastate dall’abnorme crescita dei campi petroliferi della Royal Dutch Shell, della Chevron, della Exxon-Mobil, della Julius Berger, dell’ENI e di altre compagnie petrolifere. Da allora la Nigeria è diventata sempre più dipendente dall’estrazione del petrolio, mentre la tradizionale produzione agricola dei prodotti alimentari è andata in pezzi. Dai livelli elevati nel 1960, la Nigeria ha diminuito la produzione di cacao di quasi la metà e la produzione di gomma di un terzo nei primi anni 2000.
L’esplorazione e l’estrazione di petrolio, e l’accaparramento delle terre da parte degli stranieri, ha causato la distorsione della economia nazionale della Nigeria, generato la corruzione locale, prodotto diseredati e sfollati, spappolato le comunità locali ed etniche, distrutto l’ambiente, e contribuito al riscaldamento globale. Per quasi cinque decenni, la Shell anzitutto, è stata responsabile di circa 2.900 sversamenti inquinanti, compresi gas tossici, provocando disturbi respiratori e alla pelle, bambini deformi e la morte della flora e della fauna. Più di 1,5 milioni di tonnellate di petrolio sono stati riversati nell’ambiente a causa della scarsa manutenzione e dell’esplosione delle condutture, danneggiando le comunità in questa zona densamente popolata.
Quasi la metà di questo petrolio viene esportato negli Stati Uniti. Da quando ha iniziato la produzione di petrolio la Shell ha guadagnato più di 700 miliardi di dollari. Oltre l’80% di questo va all’1% della popolazione. La maggior parte dei nigeriani restano infatti poverissimi. Con oltre 30 milioni di persone concentrate nella zona, la regione del Delta del Niger è uno dei luoghi con la più alta densità di popolazione nel mondo. È l’area geografica con una delle più basse aspettative di vita, i più alti tassi di corruzione e i più alti tassi di mortalità infantile del mondo. L’accesso all’acqua potabile è insufficiente. Mentre circa un terzo della popolazione è analfabeta, il governo nigeriano è tuttora dominato da una minuscola cricca di corrotti.
Shell, Chevron, ENI e altre compagnie petrolifere hanno demandato ai militari il seminare terrore tra le comunità locali che rivendicano una quota maggiore dei proventi del petrolio così come si oppongono alla distruzione ambientale operata da queste stesse aziende. Queste hanno costruito a loro volta organismi di sicurezza e gruppi para-militari per proteggere i loro interessi.
Per decenni le comunità locali hanno resistito alla rapina di petrolio.
Nel maggio 1994, nove attivisti del “Movimento per la sopravvivenza del popolo Ogoni” (Mosop), i “Nove Ogoni”, tra cui Ken Saro-Wiwa, sono stati arrestati e accusati di incitamento all’omicidio di quattro anziani Ogoni. Più tardi, il 10 novembre 1995, furono impiccati dal governo militare nigeriano provocando la condanna internazionale. Oltre 15 anni dopo l’incidente, il 9 giugno 2009, la Shell è stata costretta al risarcimento grazie alle cause che sono state intentate nei suoi confronti da parte dei parenti dei “Nove Ogoni”.
Nel maggio 1998, il popolo Ijaw dello stato di Bayelsa ha chiesto che le operazioni della compagnia petrolifera cessassero a causa della distruzione delle loro fonti di acqua potabile. Gruppi di giovani Ijaw hanno spento la fiaccole di gas e bloccato ogni operazione petrolifera in più di 20 impianti di proprietà di Shell e Chevron. Un massacro nella capitale Bayelsa il 30 dicembre 1998 ha causato la morte di decine di manifestanti. Soldati a cavallo e un elicottero Chevron hanno ucciso gli abitanti dei villaggi nel gennaio successivo. Il tutto è culminato, il 20 novembre 1999, nel massacro di più di 100 persone e nella distruzione di quasi tutti gli edifici della città di Odi, da parte dei soldati.
Nel 2006, il Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger (Mend), è emerso come un gruppo armato principale: ha fatto irruzione contro le piattaforme petrolifere, bombardato gli oleodotti e assaltato i militari. Gli attacchi guerriglieri del Mend e di altri gruppi armati sono riusciti a ridurre la produzione di Chevron e Shell di quasi il 20%, causando loro qualcosa come 4 miliardi di dollari l’anno in mancate entrate.
Mentre un cessate il fuoco formale e l’amnistia concessa dal governo sono state recentemente accolte da parte di alcuni dirigenti importanti della resistenza armata, le cause della resistenza del popolo restano. Non passerà molto tempo prima che le varie forme di resistenza anti-imperialista e democratica da parte della comunità oppresse nel Delta del Niger divampino di nuovo. Nel frattempo le operazioni preventive e repressive del governo e dei militari continuano in altre zone, come contro le comunità Warri del Sud Ovest, con la deportazione di più di 25mila persone e l’uccisione dei qualche centinaio di loro.
In Nigeria e nel resto del continente africano, una rinnovata e più feroce campagna di saccheggio imperialista va avanti. L’Africa subisce la distruzione delle foreste tre volte di più del tasso medio mondiale, equivalente a più di 4 milioni di ettari di foreste distrutte all’anno. Il petrolio continua ad essere uno dei principali prodotti di esportazione della regione. Il commercio degli Stati Uniti con l’Africa subsahariana è aumentato del 28 per cento nel 2008, e circa l’83% è costituito da prodotti petroliferi. Significativa è anche l’esportazione di metalli preziosi e gemme.
I popoli dell’Africa e di altri paesi del Terzo Mondo continuano a soffrire a causa delle condizioni imposte dal neocolonialismo. Questi paesi sono sprofondati nella depressione più profonda a causa della sovrapproduzione mondiale di materie prime avutasi dalla fine dei ‘70. Il saccheggio continua e l’inquinamento del loro ambiente ha mietuto innumerevoli vittime, anzitutto tra i poveri. L’Africa rimane fortemente indebitata visto che il suo reddito dipende dalle sue esportazioni i cui prezzi continuano in larga parte e cadere e dunque non compensano le spese per le importazioni e per il servizio del debito.
Colpi di stato militari e guerre civili, dipinti dai media occidentali come “conflitti etnici”, continuano a divampare nella regione. Ogni volta che questi minacciano il controllo imperialista delle risorse petrolifere e di altri interessi strategici, gli Stati Uniti e gli altri paesi intervengono, mentre chiudono gli occhi davanti ai massacri senza senso, visto che questi ultimi non minacciano i loro interessi. Nel 2007, l’Africa ha superato il Medio Oriente come fonte primaria delle importazioni di petrolio da parte degli Stati Uniti. Entro il 2025, gli Stati Uniti prevedono di importare circa un quinto del petrolio dall’Africa occidentale. Questo rende la regione strategicamente decisiva per gli Stati Uniti.
Nel mese di ottobre 2008, per la pirma volta dopo un quarto di secolo, gli Stati Uniti hanno costituito il loro primo nuovo comando militare all’estero, il Comando Africa (AFRICOM). Questa mossa segna una crescita del livello di concorrenza inter-imperialista per il controllo delle risorse nel continente africano e la determinazione degli Stati Uniti a stabilire l’egemonia militare, politica ed economica nel Sud del mondo, soprattutto a fronte della crescente presenza della Cina nella regione come partner commerciale e investitore straniero. L’area di responsabilità dell’AFRICOM comprende 53 nazioni ricche di petrolio e gas naturale, nonché di risorse minerarie.
Gli Stati Uniti hanno inoltre messo in piedi, insieme a Nigeria e Regno Unito, il “Golfo di Guinea Energy Security Strategy” (GGESS), teso ad elaborare e attuare strategie per la fornitura di aiuti e tecnologia militare allo scopo di proteggere i propri interessi nella regione. Essi intendono in tal modo unire le forze per garantire uno stabile approvvigionamento petrolifero dalla regione e difendere lo status quo nel Golfo di Guinea, per farne la zona più sicura del mondo, a favore delle compagnie petrolifere straniere. Il piano riguarda le regioni petrolifere costiere come Angola, Sao Tomé, Camerun e Nigeria, così da garantire militarmente l’estrazione senza ostacoli del petrolio.
Il saccheggio imperialista delle foreste, dei minerali e delle risorse energetiche, lascia sulla sua scia gravi contraccolpi ambientali e l’approfondimento della povertà. Per questo assistiamo all’intensificazione della resistenza e delle lotte popolari per difendere il nostro ambiente e avanzare verso un futuro che spazzi via alla radice il sistema socialmente distruttivo del capitalismo monopolistico.
Facciamo appello al popolo del Delta del Niger a portare avanti la causa alta e nobile per cui Ken Saro-Wiwa e i “Nove Ogoni” sono stati martirizzati. Sollecitiamo i popoli del Delta del Niger e la totalità dell’Africa ad intensificare ulteriormente la loro lotta per la liberazione nazionale e sociale contro le potenze imperialiste guidate dagli Stati Uniti e dalle locali classi reazionarie.
* Josè Maria Sison, portavoce dell’ILPS (Lega Internazionale di Lotta dei Popoli)
(traduzione a cura della redazione)